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Femmina
Nessuno Terre Esterne

Delphine

Forza
12
Esperienza
2320
Mente
19
Monete
8154
Resistenza
11
Schiavi
0
Spirito
19
Cibo
906
Agilità
10
Legna
920
Costituzione
18
Minerali
864
Carisma
18
Casato
-
Procura Cibo
26
Stato Civile
Nubile/Celibe
Raccolta Legna
8
Etnia
Pujong
Raccolta Minerali
10
Navigazione
8
Costruzione Edifici
8
Lavorazione Materiali
19

Iscritto dal 14-02-2010 18:57
Nacqui un estate di venti anni fa, su un isola lontana. La mia famiglia era di un ceto medio borghese, l’ultima di 5 figli. Mio padre era un alchimista, mentre mia madre un medico. Si erano conosciuti a causa di un esperimento andato storto lei lo aveva curato e da quel giorno restarono sempre insieme, si sposarono poco dopo ed ebbero i miei quattro fratelli più me.
Tutto bellissimo.
Tutto magnifico.
Ma nulla è eterno…
<< Correte portate dell’acqua presto !!!>>
<<Sta crollando il tetto !!>>
<< Li ci sta qualcuno correte ! >>
Visi sfocati, tanto caldo, aria pesante.
In un attimo persi i miei genitori.
Ho ancora negli occhi il viso di mio padre che eccitato faceva un nuovo esperimento, stavo sempre con lui durante gli esperimenti. Amavo l’alchimia, amavo tutto ciò che circondava quel mondo. Avevo letto molti libri di mio padre di alchimia e magia orami ero abbastanza brava da essere la sua assistente nei suoi esperimenti, questo mi rendeva orgogliosa di me. Quel viso che tanto adoravo e ammiravo però, si piegò in una smorfia di dolore prima che un onda d’urto che non era prevista ne dai miei ne dai suoi calcoli, ci colpisse distruggendo completamente quel corpo a cui tanto ero legata e mi scaravento oltre la finestra fuori al giardino, mentre le fiamme iniziarono a divorare la casa dove vivevo. Le urla di mia madre mi rimbombano ancora adesso nelle orecchie: chiamava aiuto, strillava il nome di mio padre, ma nessuno sarebbe riuscito a salvarla era troppo all’interno della casa e certamente mio padre non poteva aiutarla dato che ormai era diventato una macchia rosso scuro sul pavimento del laboratorio.
Da quel giorno sul mio viso scomparve la vera felicità che mi contraddistingueva.
. . . .
Come un automa mi alzai dal letto dove ero stesa da non so quanto.
<< ti sei svegliata >> dissero allegri i mie fratelli
<< dove sono ?>> domandai confusa guardandomi in torno
<< a casa di zia, hai dormito per tre giorni sorellina>> mi dissero con una strana espressione in viso
<< mamma! Papà! >> strillai improvvisamente ricordandomi quello che era successo e pregando con tutta me stessa che era solo un brutto sogno e che eravamo dagli zii solo per passare una giornata diversa dalle solite. Ma l’unica cosa che mi venne risposta fu un assordante silenzio, accompagnato dagli sguardi tristi dei miei fratelli.
Silenzio.
Solo silenzio .
Il dolore mi consumò per giorni interi, non riuscivo a parlare e non volevo parlare con nessuno. Così alla fine decisi di patire, scappare, lontano dai ricordi, lontano da quello che restava della mia famiglia .
Scappai una notte di luna piena, sgattaiolai dalla finestra di casa dei mie zii attenta a non svegliare i miei fratelli, con me presi solo poche provviste che avevo portato dalla cucina durante la cena. Corsi per i campi vicini attraversandoli il più velocemente possibile, non sarei tornata in dietro e davanti a me ora non ci stava nulla come non ci stava nulla alle mie spalle, ma per il passato non potevo rimediare, mentre per il mio futuro potevo scriverlo e lo avrei fatto.
Riuscii a salire su una nave come cameriera. Avevo appena compiuto 18 anni, viaggiai per molte terre fino a sbarcare su questa che ora mi accoglie .

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