Mr. Beaver - la recensione del film di Jodie Foster

Jodie Foster regista arriva fuori concorso a Cannes con il suo nuovo film

Considerati gli standard della Hollywood dei nostri giorni, la storia di Mr. Beaver - quella di un uomo gravemente depresso che trova la forza per riprendersi e riscattarsi in famiglia e sul lavoro tramite la marionetta di un castoro che funge da filtro per trovare il coraggio di affrontare nuovamente il mondo - poteva diventare quella di una commedia più o meno demente o demenziale.

Ma, a ricordarci di quanto i registi contino ancora qualcosa, Jodie Foster ha fatto della sua opera terza da regista un film sfumato e intelligente, Incentrato su un impianto narrativo e formale classico, dove i momenti di leggerezza e divertimento (presenti ed efficaci) sfumano sempre nell'amarezza dolorosa che sottende ad una storia che parla di malattia in senso stretto, delle difficoltà di affontare il mondo, la vita e sé stessi dall'altro.

Affidandosi ad un Mel Gibson che non delude in nulla le aspettative e le responsabilità recitative che gli vengono affidate, e che anzi colpisce per intensità, la Foster si ritaglia una parte di contorno e si concentra su un dramma che da personale diventa collettivo. E del castoro che impugna il suo protagonista fa il simbolo di una cura e un supporto solo palliativi, sinonimo di fuga e negazione, pronti a diventare nuova catena: cancrena da amputare se non presa in tempo.

Le difficoltà ad accettare e accettarsi vissute dal Walter Black di Gibson sono le stesse del figlio adolescente interpretato da Anton Yelchin e della ragazza di cui è innamorato (la Jennifer Lawrence di Un gelido inverno), sottotrama parallela che la Foster gestisce con cura e che è destinata a confluire nel filone centrale quando arriva il momento di tirare i nodi al pettine. Perché Mr. Beaver è anche un film di padri e di figli, e di come gli errori dei primi ricadano sui secondi.

Ma quello della Foster è soprattutto un film su come, lungo il cammino impervio della vita, le soluzioni autarchiche siano spesso fallimentari, assurde in senso assoluto come la scelta di una marionetta lo è, drammaticamente, in senso relativo. L’autarchia esistenziale, racconta Mr. Beaver, porta ai margini della follia alla mutilazione di una parte di sé: meglio accettare il bisogno di affetti - familiari, amicali, sentimentali - prima che sia troppo tardi.
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Fonte: Mr. Beaver - Il giorno del castoro - Film - Recensioni