La terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 44902/2012 del 16/11/2012 , ha confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata (sezione distaccata di Sorrento), con la quale si condannava una donna alla pena di Euro 1.000,00 di ammenda per aver commesso il reato di cui all’art. 727 c.p.(maltrattamento di animali) avendo lasciato il proprio cane rinchiuso in auto.Gli ermellini hanno, infatti, osservato che giudice del merito ha esposto in maniera assolutamente coerente il proprio percorso argomentativo a sostegno della condanna dell’imputata per maltrattamento di animali visto che sia il vigile urbano che il veterinario,intervenuti nell’ immediatezza del fatto, avevano confermato la circostanza dell’abbandono dell’animale in auto con i finestrini chiusi, in una giornata soleggiata e con una temperatura particolarmente elevata, e che il veterinario aveva , inoltre,precisato che un tale comportamento è assolutamente incompatibile con la natura dell’animale potendo provocargli paura e sofferenza, tant’è che gli escrementi rinvenuti nell’auto potevano essere stati provocati dallo stato di ansia e paura.

Vi allego il testo integrale della sentenza.

Svolgimento del processo
1. Deducendo illogicità e apparenza della motivazione, G. M.T. ricorre per la cassazione della sentenza 12.4.2011 con cui il Tribunale di Torre Annunziata – sez. Distaccata di Sorrento l’aveva condannata alla pena di Euro 1.000,00 di ammenda ritenendola responsabile del reato di cui all’art. 727 c.p. per avere lasciato il proprio cane rinchiuso in auto.
Rileva la ricorrente che il giudice non aveva valutato le risultanze processuali e gli elementi su cui si fondava la richiesta assolutoria, attesa l’insussistenza di qualsiasi fatto penalmente rilevante.
Motivi della decisione
2. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato costantemente che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene pur sempre alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; cass. 6.6.06 n. 23528).
Si è altresì affermato che nell’Ipotesi di ricorso per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, il sindacato in sede di legittimità è limitato alla sola verifica della sussistenza dell’esposizione dei fatti probatori e dei criteri adottati al fine di apprezzarne la rilevanza giuridica nonchè della congruità logica del ragionamento sviluppato nel testo del provvedimento impugnato rispetto alle decisioni conclusive. Ne consegue che resta esclusa la possibilità di sindacare le scelte compiute dal giudice in ordine alla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le stesse non siano il frutto di affermazioni apodittiche o illogiche (cfr. cass. sez. terza 12.10.2007 n. 40542).
Nel caso in esame, il giudice di merito ha esposto in maniera assolutamente coerente il proprio percorso argomentativo a sostegno della decisione di condanna dell’imputata per il reato di maltrattamento di animali laddove ha richiamato la deposizione del Vigile Urbano e del Veterinario intervenuti nell’immediatezza del fatto, i quali hanno confermato la circostanza dell’abbandono dell’animale in auto con i finestrini chiusi, in una giornata soleggiata e con temperatura particolarmente elevata, con la precisazione – fatta dal veterinario – che un tale comportamento è assolutamente incompatibile con la natura dell’animale potendo provocargli paura e sofferenza e che gli escrementi rinvenuti nell’auto potevano essere stati provocati dallo stato di ansia e paura.
Le critiche dell’imputata, a parte l’estrema genericità della formulazione (assolutamente priva di specifici riferimenti ai punti della motivazione oggetto di censura), denotano in realtà l’intento di ottenere una diversa valutazione delle circostanze di fatto e dei materiale probatorio, cioè un inammissibile sindacato nel merito.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria al sensi dell’art. 616 c.p.p. nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.