Google
 
News
Giornale Giuridico
Istituzioni
Stradale e Multe
Fisco & Tributi
Leggi e Normativa
Penale e Procedura
Sentenze & Corti
Condominio & Locazioni
Edilizia e Urbanistica
Imprese & Società
Professioni & Associazioni
Europa & Internazionale
Scuola & Università
Consumatori & Privacy
Ambiente & Sicurezza
Lavoro & Previdenza
Articoli & Riviste
Informatica & Comunicazione
Amministrativo & Costituzionale
Biblioteca
Convegni & Iniziative
Proposte ed opinioni
Archivio
Ricerca leggi del Parlamento
Immagine trasparenteImmagine trasparente

Ici: se esiste il vincolo di inedificabilità l'area edificabile non va tassata come tale

Cassazione , sez. tributaria, sentenza 16.11.2004 n° 21644

Ici: se esiste il vincolo di inedificabilità l'area edificabile non va tassata come tale
Cassazione , sez. tributaria, sentenza 16.11.2004 n° 21644
Stampa

La Suprema Corte, dopo aver sancito che ai fini ICI fosse sufficiente il semplice inserimento del terreno nel P.R.G. come area edificabile perché questo fosse tassato come tale (Cass. 24/08/2004, n. 16751), ha mutato orientamento e con una chiarificante e condivisibile sentenza (n. 21644 del 16 novembre 2004) ha stabilito che il terreno pur inserito nel P.R.G. come area edificabile, ma di fatto soggetto a vincolo d’inedificabilità, in quanto l’effettiva edificabilità viene è subordinata all’emanazione di un piano attuativo o soggetta a ”misure in salvaguardia”, deve essere considerato e dunque tassato ai fini ICI, come terreno agricolo, in quanto tale terreno di fatto non è utilizzabile a scopo edificatorio.

Del resto, come previsto dalla definizione contenuta nel DLgs n.504/92, è edificabile “l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti generali e attuativi … ”. Pertanto, come sottolineato dalla Suprema Corte, risulta logico dedurre che se l’edificazione è vietata fino all’approvazione dei piani attuativi (piani particolareggiati o di lottizzazione) o fino a quando la norma di salvaguardia non è stata revocata o dichiarata decaduta, con la conseguente impossibilità di fatto di ottenere valida concessione edilizia per edificare, non è sostenibile che quell’area è utilizzabile a scopo edificatorio. La utilizzabilità presuppone la possibilità attuale e non potenziale di edificare.

Di conseguenza illegittima appare la prassi fino ad ora seguita dai Comuni, i quali anche allo scopo di reperire maggiori entrate fiscali, hanno sempre considerato sufficiente il semplice inserimento del terreno nel P.R.G. come area fabbricabile per considerarlo tale anche ai fini ICI.

Al riguardo appare opportuno sottolineare che l’ICI è un’imposta periodica con cadenza annuale che, differenza dell’imposta di registro, non deve colpire la plusvalenza (aumento di valore) che ha ottenuto il terreno con il suo inserimento nel P.R.G. come terreno edificabile, ma “tassa” il possesso dell’immobile nel corso dei vari anni d’imposta. Ne consegue che fintantoché un terreno è soggetto a vincolo d’inedificabilità, risulta illegittimo, ai fini ICI, considerarlo “area edificabile”.

La sentenza in commento si segnala per ragionevolezza e portata argomentativa. Senza dubbio genererà un considerevole contenzioso con i Comuni, i quali continueranno, per note ragioni di cassa, a perpetuare la loro prassi impositiva.

(Altalex, 20 maggio 2005. Nota a cura di Daniele Monari, avvocato tributarista in Mirandola)

Sentenza Cassazione civile

Sez. Tributaria

Sentenza 16-11-2004 n. 21644

(Pres. Riggio - Rel. Marigliano)

Fatto

F. L. è comproprietario pro indiviso con il fratello M. di un terreno sito nel comune di Caldogno e individuato in catasto al foglio xxx, mapp nn. xxx, xxx e xxx, compreso nel PRG dello stesso comune come zona territoriale omogenea C2/3 - residenziale di nuova espansione - la cui edificabilità, ai sensi dell'art 23 NTA, è subordinata all'emissione di uno strumento attuativo.

Inoltre, in data 21.4.1992 il PRG veniva interessato da una variante per cui l'area in questione veniva inclusa nella classificazione delle sottozone agricole, variante approvata dalla Giunta regionale veneta il 23.5.1995, con delibera n. 2943, esecutiva dal 7.6.1995.

I fratelli F. avevano fin dal 1990 inoltrato istanza per l'approvazione di un piano di lottizzazione onde poter costruire sul terreno de quo, approvazione sempre negata dal Comune e, da ultimo, dichiarata sospesa per la presenza delle modifiche apportate con la variante ai sensi dell'art. 71 l. r. Veneto n. 61/85 (Misure di salvaguardia).

A seguito dell'approvazione regionale del 1995 il Consiglio comunale approvava il piano di lottizzazione F. in data 29.9.1997.

Nel corso degli anni dal 1993 al 1995 i germani F. avevano pagato l'ICI nella misura prevista per terreni non edificabili, versando per il 1993 Lire 831.000 e per il 1994 e 1995 Lire 773.000. Il 22.12.2000 venivano loro notificati avvisi di accertamento ICI per infedele dichiarazione con i quali venivano richieste Lire 9.425.000 per il 1993, Lire 9.154.000 per il 1994 e Lire 8.850.000 per il 1995.

F. L. impugnava detti atti innanzi alla C.T.P. di Vicenza, contestando la pretesa del Comune e sostenendo che ai fini ICI l'edificabilità del suolo deve essere effettiva e non meramente teorica come nel caso di terreno che pur compreso nel PRG sia soggetto a misure di salvaguardia; in subordine, deduceva l'eccessività della valutazione, tenuto conto del vincolo d'inedificabilità temporanea e la mancata applicazione da parte del Comune delle riduzioni delle tariffe previste. Chiedeva inoltre la sospensione dell'esecutività dei provvedimenti impugnati.

Il Comune si costituiva in giudizio chiedendo rinvio per essere in corso un tentativo di conciliazione; l'udienza veniva pertanto rinviata al 25.5.2001.

Il 4.5.2001, non essendo andato a buon fine il tentativo di conciliazione, il Comune presentava delle controdeduzioni, sostenendo che il terreno de quo era da considerarsi edificabile ai sensi dell'art. 2, comma primo, lett. b), d.lgs. n. 504/1992 in quanto inserito come area fabbricabile nel PRG, che la valutazione era stata effettuata in base ai prezzi delle aste pubbliche per la vendita, di lotti di terreno ubicati in territorio comunale e che le riduzioni erano state previste in sede di autoregolamentazione e non per fissare il valore commerciale.

All'udienza del 25.5 la C.T.P. accoglieva il ricorso del contribuente. Detta pronuncia veniva impugnata dal Comune in via pregiudiziale per avere il giudice deciso il merito della causa mentre si sarebbe dovuto discutere solo l'istanza di sospensiva; quanto al merito ribadiva quanto sostenuto in primo grado. Il contribuente non si costituiva.

La C.T.R. del Veneto respingeva l'istanza di rimessione della causa in primo grado ma accoglieva l'impugnativa nel merito, ritenendo che ai fini ICI basta che l'edificabilità di un terreno sussista giuridicamente, cioè sia inserito in uno strumento urbanistico perfezionato, nulla rilevando l'inedificabilità effettiva per altre ragioni contingenti o temporanee. La stessa Commissione compensava le spese.

Avverso detta decisione propone ricorso per cassazione F. L. sulla base di cinque motivi. Non risulta costituito il comune di Caldogno.

Diritto

Con il primo motivo F. L. lamenta l'errata e falsa applicazione degli artt. 48 e 71 l. r. Veneto n. 61/1985 e succ. mod. in materia di misure di salvaguardia, l'errata e falsa applicazione ed interpretazione dell'art. 2 d.lgs. n. 504/1992, nonché il difetto di presupposto d'imposta, carenza di motivazione negli atti di accertamento impugnati ed infine, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza.

Sostiene il contribuente che presupposto dell'imposta, come indicato dall'art. 1 d.lgs. n. 504/1992 è il possesso di aree fabbricabili e tali sono ai sensi del successivo art. 2 quelle utilizzabili a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici, pertanto, il semplice inserimento di un'area del PRG non è sufficiente se per qualunque contingente ragione l'area stessa non sia effettivamente suscettibile di edificazione per mancanza di piani particolareggiati o, come nella specie, per l'esistenza di misure di salvaguardia che ne impediscano l'utilizzabilità effettiva, misure previste sia dalla l. n. 1902/1952 (modificata ed integrata dalle leggi n. 1357/1955, n. 517/1966 e dall'art. 4 l. n. 291/1971), nonché dall'art 48 l. reg. Veneto n. 61/1985. Pertanto, per l'area edificabile colpita dalle misure di salvaguardia non può essere rilasciata alcuna concessione edilizia, malgrado l'inclusione nello strumento urbanistico e non potendo aver corso la concessione edilizia a favore del richiedente si deve concludere che i terreni interessati da dette misure non possono essere considerati né in fatto né in diritto edificabili per espressa volontà della legge.

Tale fenomeno d'inedificabilità temporanea è stato anche tenuto presente dal legislatore che con l'art. 59, comma primo, lett. 9, d.lgs. n. 446/1997 ha conferito ai Comuni la facoltà di prevedere un rimborso, in caso d'imposta pagata per aree che siano successivamente divenute in edificabili per effetto di varianti apportate allo strumento urbanistico.

Lamenta, inoltre, il contribuente la carenza di motivazione dei provvedimenti impugnati nonché l'errore contenuto nella parte motiva della sentenza nella quale viene indicata come rilevante l'edificabilità giuridica e non quella effettiva, senza rendersi conto che le misure di salvaguardia come l'assenza di uno strumento edilizio attuativo, se previsto come presupposto, incidono non solo sull'attitudine materiale di un terreno ad essere edificato, quanto sulla sua possibilità giuridica, privandolo della capacità edificatoria dovuta all'Avvenuta adozione di un altro strumento urbanistico o ad una sua variante o alla mancata necessaria adozione di piano attuativo.

Con la seconda censura, dedotta in via subordinata in caso di omessa costituzione del Comune, si lamenta l'errata e falsa applicazione dell'art. 59 d.lgs n. 546/1992, difetto di motivazione e la violazione del contraddittorio per avere la C.T.R. ritenuto che non sussistesse violazione del contraddittorio quando la C.T.P. era passata direttamente alla decisione del merito nell'udienza fissata per decidere l'istanza di sospensione, punto questo oggetto d'impugnazione del Comune in sede di appello, in quanto la mancata espressa previsione del divieto di passare alla decisione del merito in udienza destinata alla discussione della sospensiva non può essere ritenuto equivalente alla concessione di detto potere.

Con il terzo motivo F. L. denuncia la violazione dell'art. 5 d.lgs. n. 504/1992 e l'errata interpretazione della risoluzione ministeriale del 17.10.1997 in ordine all'applicazione dei criteri di calcolo e di identificazione del valore venale del terreno in questione dato che il valore di questo nella situazione di fatto in cui trovasi per l'impossibilità di poter procedere ad edificazione non può essere considerato pari a quello di terreni edificabili effettivamente quale quello risultante dalle aste pubbliche di vendita di lotti, tenuto anche conto che la risoluzione ministeriale succitata ha chiarito che l'imposizione su un area edificabile deve essere correlata all'inclusione in uno strumento urbanistico attuativo.

Con la quarta doglianza si lamenta l'errata e falsa applicazione della stessa disciplina comunale in materia di accertamento ICI per non avere il Comune tenuto in considerazione i limiti che si era posto con proprie delibere al potere di accertamento stabilendo che il valore venale dei terreni ai fini ICI doveva essere quello accertato il primo gennaio di ciascun anno d'imposizione, mentre nella specie si era fatta applicazione dei valori stabiliti per l'anno 2000 senza applicare la riduzione del 50% prevista per le aree C/2 del PRG non convenzionate e non urbanizzate come l'area F.

Con l'ultimo motivo ci si duole della compensazione delle spese giudiziali del processo di appello, grado nel quale F. L. non si era costituito e, quindi, non aveva svolto alcuna attività difensiva.

In via preliminare occorre esaminare il secondo motivo di natura processuale, lamenta infatti il ricorrente che la C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto che non sussistesse violazione del contraddittorio quando la C.T.P aveva deciso in unica udienza sia l'istanza di sospensiva che il merito.

La doglianza non ha fondamento, non sussistendo alcuna lesione del contraddittorio, in quanto dagli esami degli atti, permesso nella specie a questa Corte, trattandosi di denuncia di vizio in procedendo, si evince che a quella udienza di discussione erano presenti ambedue i contendenti, sia il contribuente che il Comune, e che nessuno di essi si era opposto al fatto che si procedesse alla decisione del merito con la richiesta di rinvio ad altra udienza.

Peraltro, non sussiste nemmeno la violazione dell'art. 59 d.lgs. n. 546/1992 in quanto detta fattispecie non è contemplata tra i casi di rimessione del processo alla Commissione provinciale, né detta norma lascia spazio ad un'interpretazione estensiva od analogica, data la specificità dell'elencazione. Né, infine, sulla base delle precedenti considerazioni, può condividersi l'opinione del ricorrente che la mancata espressa previsione del divieto di passare alla decisione del merito in udienza destinata alla discussione della sospensiva non può essere ritenuta equivalente alla concessione di detto potere.

Il primo motivo è, invece, fondato.

Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, istitutivo dell'ICI, stabilisce, all'art. 1, comma 2, che presupposto di tale imposta è "il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli siti nel territorio dello Stato...". La distinzione tra terreni agricoli ed aree fabbricabili ha la sua ragione d'essere nella diversa previsione del calcolo della base imponibile determinata ai sensi del successivo art. 5.

L'art. 2 di tale disposizione legislativa, alla lettera b), precisa che: "Per area fabbricabile si intende l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali (PRG) o attuativi (piani particolareggiati o di lottizzazione n.d.r.) ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità di espropriazione". I criteri richiamati in materia di espropriazione sono contenuti nella L. 359/92 che all'art. 5 bis, comma 3°, definisce aree fabbricabili quelle che hanno "possibilità legali ed effettive di edificazione".

La distinzione prevista dalla legge, in modo così preciso e minuzioso, tra strumenti urbanistici generali o attuativi, con l'aggiunta della "possibilità effettiva di edificazione" è stata necessaria perché non tutti i terreni compresi nel PRG sono immediatamente utilizzabili a scopo edificatorio per i motivi appresso indicati. Per intendere tale necessità bisogna fare riferimento alla legge urbanistica ed in particolare al D.M. 2 aprile 1968 dei LL.PP., da applicare ai PRG, ai piani particolareggiati, ai regolamenti edilizi, alle revisioni degli strumenti urbanistici ecc., e che suddivide e classifica il territorio in zone omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765.

Da tale ripartizione in zone omogenee discende, poi, in sede di previsione delle norme tecniche di attuazione (NTA) del PRG, la possibilità di utilizzare immediatamente a scopo edificatorio quei terreni riportati nello strumento urbanistico generale nelle zone A) (centri storici), o zone B) (zone di completamento), per i quali il rilascio della concessione edilizia non deve attendere l'approvazione degli strumenti urbanistici attuativi (previsti dagli artt. 13 - piani particolareggiati - e 28 - piani di lottizzazione - l. 1150/42 e succ. modifiche), perché trattasi di zone già urbanizzate (Cons. Stato, sez. 4 n. 3253 dell'11.6.2002, n. 5721/2001), mentre per le zone C) - (inedificate, destinate a nuovi complessi), con necessità di opere di urbanizzazione, e per le altre zone non urbanizzate, per potere ottenere la concessione edilizia, e, quindi, per potere effettivamente edificare, è necessario attendere l'approvazione dei piani attuativi (piani particolareggiati o di lottizzazione) - adozione da parte del Comune ed approvazione da parte della Regione - atto complesso - per cui, fino a quando tali strumenti urbanistici non saranno perfetti, quei terreni non possono essere "utilizzabili a scopo edificatorio".

Solo con l'approvazione definitiva di quegli strumenti urbanistici e la costruzione, almeno, delle opere di urbanizzazione primaria (strade, acqua, fognature, illuminazione) è possibile individuare le aree effettivamente destinate ad insediamenti residenziali, utilizzabili a scopo edificatorio, dove, quindi, si potrà legalmente costruire, e laddove la edificabilità è vietata, perché, per esempio, una parte di quella zona, compresa nel PRG, è stata destinata a verde pubblico, a strade, parcheggi, attività collettive, spazi pubblici ecc., con vincolo di inedificabilità. Scorrendo le disposizioni del D.M. sopra citato, artt. 3 e 4, è facile, infatti, rendersi conto che almeno il 30% dei terreni site in zone C) (di espansione) o, in genere, nelle zone non urbanizzate, devono essere destinate alle opere sopra elencate con vincolo di inedificabilità. Di conseguenza solo dopo l'approvazione dei piani attuativi si saprà quale parte di quelle aree è destinata effettivamente all'edificazione residenziale e quale è vincolata per usi pubblici.

Si comprende così perché la legge istitutiva dell'ICI distingue tra utilizzabilità a scopo edificatorio prevista negli strumenti urbanistici generali o quelli attuativi, aggiungendo il requisito della possibilità effettiva di edificazione con riferimento alla legge 359/92.

E' evidente che il Legislatore ha voluto sottoporre ad imposta, con base imponibile diversa, quelle aree immediatamente utilizzabili a scopo edificatorio, con possibilità legale ed effettiva di rilascio di concessione edilizia al momento dell'imposizione fiscale, distinguendo tra zone urbanizzate, per le quali, è consentito il rilascio di concessione edilizia in base al P.R.G., ancora prima dell'approvazione dei piani attuativi, e quelle che, non trovandosi in tale situazione anche se comprese nei P.R.G., devono attendere i piani particolareggiati o i piani di lottizzazione per potere ottenere tale concessione.

E' chiaro che il Legislatore ha inteso riservare un diverso trattamento fiscale, con la previsione di una base imponibile sul valore reale, per quelle aree la cui utilizzazione a scopo edificatorio è attuale e non rinviata alla adozione e successiva approvazione regionale degli strumenti urbanistici attuativi e, quindi, per quei terreni per i quali il rilascio della concessione edilizia è previsto da provvedimenti definitivi e non in fieri. Se non avesse inteso dire quanto sopra esposto, il Legislatore avrebbe potuto limitarsi a definire l'area fabbricabile quella "compresa nel PRG" oppure quella "destinata all'edificazione", senza riferimento agli strumenti urbanistici "attuativi" o alle "possibilità effettive di edificare" richiamando, inoltre, i criteri contenuti nella legge 359/92 (possibilità legali ed effettive di edificazione).

Lo stesso deve dirsi quando, come nel caso in esame, in seguito a variante in itinere dello strumento urbanistico, la concessione edilizia venga sospesa in applicazione delle norme di salvaguardia previste dalla l. 1902/52 (come modificata ed integrata dalla l. 1357/55, dalla l. 517/66 e dall'art. 4 l. 291/71) che prevede: "A decorrere dalla data della deliberazione comunale di adozione del PRG ... e fino alla data del decreto di approvazione, il Sindaco, deve (V art. 3 l. 765/67) sospendere ogni determinazione sulle domande di licenza edilizia à quando riconosca che tali domande siano in contrasto con il piano adottato".

Si tratta di misure legali cautelative in grado di impedire l'edificazione (Cfr Cons. Stato, sez. V 394/94, nonché sez. IV, 356/89; Cons. Stato, sez. IV 3243/2000, nonché sez. IV 108/97, Cons. Stato, sez. V 1079/2002 e sez. V, n. 1682/2002).

D'altra parte, se l'edificazione è vietata fino all'approvazione dei piani attuativi piani particolareggiati o di lottizzazione) o fino a quando la norma di salvaguardia non è stata revocata o dichiarata decaduta, con la impossibilità di ottenere valida concessione edilizia, non è seriamente sostenibile che quell'area è utilizzabile a scopo edificatorio. La utilizzabilità presuppone la possibilità attuale e non potenziale di edificare. E se non si può costruire e, quindi, il proprietario nessun vantaggio aggiuntivo rispetto a prima può avere, non vi è motivo di prevedere per quel terreno una base imponibile diversa rispetto al terreno agricolo, tenuto conto che la ratio della suddivisione dei terreni in agricoli ed edificatori si basa sulla volontà di colpire la plusvalenza che il proprietario ottiene al momento in cui il suo terreno, con la concreta possibilità di rilascio della concessione edilizia e, quindi, con la possibilità effettiva di costruire, acquista un maggior valore (Vedi Cass. 3 dic. 1994, n. 10406; Cass. 28.3.96, n. 2856; 17 luglio 1996, n. 6573; 11.12.96, n. 11037, 5.6.97 n. 5111; 8.1.98, n. 97; Cass., sez. trib. 22 nov. 2000, n. 15090).

Ove si dovesse intendere che l'imposta debba colpire anche quel terreno che, pur compreso nel PRG, non è edificabile perché mancano i piani attuativi, ci troveremmo di fronte ad una imposta patrimoniale, e non ad una imposta sul reddito prodotto dalla plusvalenza determinata dal passaggio di quel terreno da agricolo ad edificabile. Una tale previsione potrebbe essere impugnata per contrasto con l'art. 53 della Costituzione, ove è chiaramente detto che "tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva".

Ma vi è di più: la eventuale trasgressione del divieto di edificare in attesa dell'approvazione dei piani attuativi o perché imposto dalle norme di salvaguardia, importa, tra l'altro, la denunzia penale da parte del Sindaco e l'applicazione delle relative sanzioni di cui agli artt. 32, comma 3 e 4, e 41, L. 1150/42, come sostituiti dal capo I° della L. 47/85, in materia di abusivismo edilizio, con il sequestro e la confisca del manufatto, per cui, in assenza di piani particolareggiati o di lottizzazione approvati o in costanza di norme di salvaguardia adottate dal Comune, quest'ultimo, da una parte chiede al cittadino i soldi per l'ICI perché, a suo parere, il terreno è compreso in un P.R.G. e, quindi, utilizzabile a scopo edificatorio e, dall'altra, lo denunzia penalmente per lottizzazione o costruzione abusiva perché il terreno non è edificabile fino all'approvazione dei piani attuativi o della variante che ha determinato l'adozione delle norme di salvaguardia. L'incongruenza sarebbe tale da non potere essere consentita in uno Stato di diritto.


E' per questo che la legge prevede che la utilizzabilità a scopo edificatorio deve essere legale ed effettiva al momento dell'imposizione fiscale (possibilità, cioè, di costruire legalmente, con concessione edilizia), e, quindi, con previsione legale di applicabilità dell'imposta, e non, oggi applicazione dell'imposta con possibilità di edificare rinviata a chissà quando, in attesa che i piani attuativi vengano approvati o le norme di salvaguardia siano revocate o decadute, e con la probabilità che quei piani o quelle varianti apportino modifiche peggiorative delle previsioni urbanistiche rispetto alla primitiva indicazione di massima di cui al PRG, mediante imposizione di vincoli di inedificabilità e, quindi, con pagamento, per anni, dell'ICI per un terreno dove, prima, non si è potuto costruire perché mancavano i piani attuativi e, poi, perché, con l'approvazione di tali piani, il terreno è stato vincolato a verde pubblico, parcheggi, strade, piazze, attività collettive, o opere di urbanizzazione ecc. ecc.

Il Legislatore, quindi, con una disposizione di cui, in parte qua, è stata ritenuta compatibile con i principi costituzionali, ha espressamente previsto di suddividere le aree site nel territorio dello Stato in due sole categorie, aree edificabili da una parte e agricole tutte le rimanenti, senza possibilità di un tertium genus, come ribadito anche dalla Corte Costituzionale (V. sent. n. 261 del 23.7.97), che possa influenzare la quantificazione della base imponibile sul presupposto che essendo comprese in un piano regolatore generale prima o poi, forse, potranno essere utilizzate a scopo edificatorio, senza considerare che, se così fosse, qualsiasi terreno oggi agricolo, potrebbe, in un domani più o meno prossimo, essere utilizzato a scopo edificatorio a seguito dell'approvazione di una qualche variante, per cui la disfunzione sarebbe superflua.

Del resto lo stesso Ministero delle Finanze, con la risoluzione min. 17 ott. 1997, n. 209/E della Dir. centr. fiscalità locale, serv. I, div., II, ha riconosciuto, in materia di ICI, che, fino alla approvazione dei piani particolareggiati o attuativi "non possono essere considerate fabbricabili quelle aree che risultano assoggettate dagli strumenti urbanistici a vincolo di inedificabilità", quali sono le aree soggette ad edificazione solo dopo l'approvazione dei piani attuativi o delle varianti che hanno imposto le misure di salvaguardia, con divieto di rilascio o con sospensione della concessione edilizia fino alla approvazione di tali strumenti e, quindi, con la impossibilità di costruire legalmente, pena, come sopra detto, denunzia penale, sequestro e confisca del manufatto.

Quanto sopra esposto, peraltro, trova conforto anche nei principi sanciti dallo Statuto del contribuente (l. n. 212/2000) che all'art. 10 richiama espressamente i principi della "collaborazione", della "buona fede" e dell'"affidamento" nei rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, immediatamente deducibili, rispettivamente, da quelli di "buon andamento" e di "imparzialità" dell'amministrazione, di "capacità contributiva" e di "eguaglianza" (sub specie del rispetto anche del canone di "ragionevolezza"), garantiti dagli artt. 97, primo comma, 53, primo comma, e 3, primo comma, Cost. e che devono essere annoverati tra quelli immanenti nel diritto e nell'ordinamento tributario già prima dell'entrata in vigore dello Statuto del contribuente (prima cioè del 1° agosto 2000; cfr. art. 1 l. n. 212/2000).

Siffatto carattere immanente di detti principi si desume chiaramente, oltre che dalle pronunce di questa Corte in tema di Statuto del contribuente (v., ex multis, sent. n. 17576 del 2002), anche dagli orientamenti giurisprudenziali elaborati dal Giudice delle leggi, dal Giudice comunitario e dal Giudice amministrativo.

Conclusivamente, la Corte accoglie il primo motivo, rigettando il secondo e dichiarando assorbite tutte le altre censure, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c. accoglie il ricorso introduttivo del contribuente.

Sussistendo giusti motivi, compensa le spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dell'intero giudizio.

La redazione di megghy.com

Immagine trasparenteImmagine trasparente

 

 
 
Privacy ©-2004-2015 megghy.com-Tutti i diritti sono riservati