ORDINANZA N. 89
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernanda CONTRI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art.
99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione
del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza
dei dipendenti civili e militari dello Stato), promossi dalla
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia,
con ordinanze del 1°, del 4 e del 5 agosto 2003, dalla
Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna,
con ordinanza del 21 luglio 2003, dalla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per la Regione Sicilia, con ordinanze del
28, del 29 luglio e del 23 settembre 2003, dalla Corte dei
conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, con
ordinanze del 21 luglio 2003 (n. 2 ordinanze), dalla Corte
dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia,
con ordinanza del 6 ottobre 2003, dalla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per la Sardegna, con ordinanza del 14 luglio
2003, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
Regione Puglia, con ordinanza del 1° marzo 2004, rispettivamente
iscritte ai numeri da 845 a 848, da 1018 a 1020, 1045, 1046,
1114 e 1124 del registro ordinanze 2003, ed al numero 589
del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica, numeri 43, 48 e 49, prima serie speciale,
dell’anno 2003 e numeri 1, 2 e 26, prima serie speciale,
dell’anno 2004.
Visti gli atti di costituzione di D.S. M., di B. B. e C.
G. ed altri nonché gli atti di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25 gennaio 2005 e nella
camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il Giudice relatore
Francesco Amirante;
uditi l’avvocato Paolo Guerra per B. B. e per C. G.
ed altri e l’avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che nel corso del giudizio in materia pensionistica
promosso da D.S. M. (r.o. n. 845 del 2003) – avverso
il provvedimento col quale era stata respinta la sua richiesta
di erogazione dell’indennità integrativa speciale
sulla pensione di reversibilità, godendo la ricorrente
della medesima indennità sulla pensione diretta –
la Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello
per la Regione siciliana, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dell’art.
99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione
del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza
dei dipendenti civili e militari dello Stato);
che il giudice a quo premette che, a seguito del ricorso
avverso il provvedimento di diniego, il giudice di primo grado
ha riconosciuto il diritto alla percezione dell’indennità
integrativa speciale su entrambi i trattamenti di pensione
e che detta sentenza è stata appellata dall’INPDAP
con riferimento alla sentenza di questa Corte n. 494 del 1993;
che, pertanto, è necessario affrontare il problema
della duplicazione dell’indennità integrativa
speciale su due trattamenti pensionistici, già oggetto
della sentenza n. 494 del 1993 nella quale la Corte costituzionale,
nel fare salvo il diritto del pensionato alla percezione dell’integrazione
al minimo INPS sul secondo trattamento pensionistico, ha peraltro
mantenuto fermo il generico divieto di percepire per due volte
l’indennità integrativa speciale;
che nella successiva sentenza n. 516 del 2000 questa Corte
ha chiarito che l’illegittimità costituzionale
non deriva dal divieto di cumulo in sé, bensì
dalla mancata fissazione di un limite di trattamento complessivo
al di sotto del quale il divieto di percezione di una doppia
indennità non deve operare, ed ha contestualmente stabilito
che spetta al legislatore la scelta tra diverse soluzioni,
ferma restando la necessità di stabilire quel limite;
che nel dispositivo della sentenza n. 516 del 2000 la Corte
remittente ravvisa una diversità rispetto alla precedente
sentenza n. 376 del 1994, dettata in materia sostanzialmente
identica, perché mentre in quest’ultima è
stata dichiarata l’illegittimità costituzionale
di una legge regionale siciliana nella parte in cui non prevedeva,
in caso di duplicazione dell’indennità in questione
su più pensioni o assegni vitalizi, la salvezza dell’importo
del trattamento minimo previsto dall’INPS, la più
recente sentenza n. 516 del 2000 ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di un’altra legge regionale siciliana
(di contenuto pressoché identico) «nella parte
in cui non determina la misura del trattamento complessivo
oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni
ed assegni vitalizi, il divieto di cumulo della indennità
di contingenza ed indennità similari»;
che in base alla sentenza del 2000, dunque, al giudice a
quo pare che la decurtazione dell’indennità integrativa
speciale in presenza di più trattamenti pensionistici
goduti da dipendenti pubblici sia da ritenere illegittima
«anche quando sia salvaguardata l’integrazione
al minimo INPS», con evidente violazione degli artt.
3 e 38 Cost.; e pertanto il remittente chiede che la norma
impugnata venga dichiarata costituzionalmente illegittima
«nella parte in cui non determina la misura del trattamento
complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari
di pensioni, il divieto di cumulo della indennità integrativa
speciale»;
che la sezione remittente osserva, quanto alla rilevanza,
che l’appello può essere accolto solo se permanga
nell’ordinamento la disposizione oggetto della presente
questione;
che nel corso di altri sei giudizi pensionistici la medesima
Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello per
la Regione siciliana, ha sollevato un’identica questione
di legittimità costituzionale, in riferimento ai medesimi
parametri (r.o. numeri 846, 847, 1018, 1019, 1020 e 1114 del
2003);
che le ordinanze di remissione, identiche nella motivazione,
si differenziano solo in punto di fatto, essendo diverse le
vicende dei vari giudizi a quibus;
che nei giudizi ora indicati si sono costituiti davanti a
questa Corte le parti private D.S. M. e B. B., con distinte
memorie;
che D.S. M. rammenta, innanzitutto, che la questione sollevata
dalla Corte dei conti siciliana è identica a quella
dichiarata manifestamente inammissibile da questa Corte con
l’ordinanza n. 179 del 2003, precisando che, a suo parere,
il giudice a quo avrebbe dovuto confermare nel merito la sentenza
di primo grado senza riproporre l’odierna questione,
in quanto deve ritenersi dominante l’orientamento giurisprudenziale
che afferma la totale eliminazione del divieto di doppia percezione
dell’indennità integrativa speciale, anche in
relazione al caso di doppia pensione;
che, qualora questa Corte non concordi su detta impostazione,
la parte sollecita l’accoglimento della questione, perché
sarebbe del tutto irragionevole ammettere il cumulo delle
indennità in argomento per il pensionato che presti
opera retribuita e negarlo per chi gode di due pensioni;
che la parte privata B. B. fa presente, innanzitutto, che
la questione relativa alla possibilità di una doppia
percezione dell’indennità in oggetto anche per
chi sia titolare di due o più pensioni deve essere
ripensata dopo che le sezioni riunite della Corte dei conti,
con la sentenza n. 14/2003/QM, hanno diversificato il caso
del pensionato che percepisca un’altra pensione da quello
del pensionato che presti opera retribuita, andando in tal
modo di contrario avviso rispetto alla precedente giurisprudenza
contabile largamente maggioritaria, nonché alla sentenza
n. 516 del 2000 ed alle ordinanze n. 438 del 1998 e n. 517
del 2000 di questa Corte;
che il principio di massima di cui alla sentenza n. 14/2003/QM,
peraltro, è stato prontamente smentito da numerose
pronunce dei giudici contabili le quali riconoscono, diversamente
dal giudice a quo, che le sentenze costituzionali che hanno
inciso nella materia hanno natura ablatoria, sicché
il divieto in questione dovrebbe ritenersi venuto meno;
che, pertanto, l’ulteriore questione oggi riproposta
dalla Corte dei conti siciliana dovrebbe essere inammissibile,
essendo ormai il diritto vivente nel senso di ammettere la
doppia percezione;
che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione
Puglia – nel corso del giudizio pensionistico promosso
da un gruppo di dipendenti della pubblica amministrazione
(o di privati) per vedersi riconosciuto il diritto alla percezione
dell’indennità integrativa speciale sia sulla
pensione privilegiata che su quella ordinaria – ha anch’essa
sollevato questione di legittimità costituzionale,
in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dell’art. 99,
secondo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, negli stessi termini
di cui alle ordinanze della Corte dei conti siciliana (r.o.
n. 589 del 2004);
che il remittente, pur evidenziando come, in caso di pluralità
di opzioni interpretative, sussista il potere di seguire un’interpretazione
diversa da quella ritenuta incostituzionale, tuttavia è
del parere di dover ugualmente denunciare la presunta illegittimità
della norma impugnata, perché la decurtazione dell’indennità
in oggetto in presenza di più trattamenti di pensione
è, a suo dire, «priva di qualsiasi ragionevole
giustificazione, con violazione degli artt. 3 e 38 Cost.,
in quanto non stabilisce un ragionevole limite minimo di trattamento
economico complessivo, al di sotto del quale il divieto debba
essere necessariamente escluso»;
che nel giudizio promosso dalla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per la Regione Puglia, si sono costituite
tutte le parti private ricorrenti, col patrocinio del medesimo
difensore;
che l’ampia memoria difensiva, nel ripercorrere le
tappe della complessa vicenda, conclude affermando che la
questione di legittimità costituzionale dovrebbe essere
dichiarata inammissibile alla luce del chiaro contenuto delle
più recenti citate pronunce di questa Corte, poiché
la norma impugnata è stata cancellata dall’ordinamento
in conseguenza del mancato esercizio, da parte del legislatore,
del potere di indicare il tetto pensionistico al di sopra
o al di sotto del quale possa ritenersi ammissibile il divieto
stesso; con la conseguenza che il giudice a quo avrebbe potuto
seguire un indirizzo diverso da quello delle Sezioni riunite,
senza sollevare alcuna questione di legittimità costituzionale;
che solo in relazione all’ipotesi in cui la Corte ritenga
di poter entrare nel merito della questione le parti chiedono
un’ulteriore sentenza di accoglimento, che dichiari
l’illegittimità costituzionale della norma impugnata
nella parte in cui non stabilisce il tetto complessivo del
trattamento pensionistico concorrente;
che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione
Sardegna – nel corso di quattro distinti giudizi pensionistici
promossi contro l’INPDAP per ottenere il riconoscimento
del diritto alla percezione dell’indennità integrativa
speciale su due diversi trattamenti pensionistici (r.o. numeri
848, 1045, 1046 e 1124 del 2003) – ha anch’essa
sollevato questione di legittimità costituzionale,
in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dell’art. 99,
secondo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, negli stessi termini
di cui alle ordinanze sopra menzionate;
che le argomentazioni della Corte dei conti della Sardegna
ricalcano quelle delle altre sezioni giurisdizionali remittenti;
che in tutti i giudizi davanti a questa Corte è intervenuto
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo
con distinte memorie di identico contenuto che la questione
venga dichiarata non fondata;
che l’Avvocatura dello Stato osserva che i giudici
a quibus hanno in realtà assimilato due ipotesi che
sono fra loro diverse, regolate rispettivamente dal secondo
e dal quinto comma dell’art. 99 del d.P.R. n. 1092 del
1973;
che nel caso del pensionato che presti opera retribuita –
oggetto della fondamentale sentenza di questa Corte n. 566
del 1989 – ci si trova, infatti, in presenza di un emolumento
esattamente determinato, cioè la pensione, cui si affianca
un secondo emolumento variabile, come la retribuzione, sicché
la declaratoria di illegittimità costituzionale consegue
alla mancata individuazione di un limite minimo dell’ulteriore
attività retribuita al di sotto del quale il divieto
non deve operare, mentre nel caso di doppia pensione i due
emolumenti sono entrambi sicuramente determinati, sicché
l’erogazione di una sola indennità integrativa
speciale è coerente rispetto al fine dell’indennità
medesima, che è quello di garantire il mantenimento
del valore pensionistico.
Considerato che questa Corte è chiamata a scrutinare,
in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., la legittimità
costituzionale dell’art. 99, secondo comma, del d.P.R.
29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle
norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili
e militari dello Stato);
che le questioni proposte dalle numerose ordinanze di remissione,
avendo ad oggetto la medesima norma e caratterizzandosi, nel
complesso, per una sostanziale identità di contenuti,
possono essere riunite e decise con una sola pronuncia;
che la norma censurata stabiliva nel suo testo originario
che nel caso di pluralità di pensioni l’indennità
integrativa speciale fosse dovuta ad un solo titolo;
che sulla legittimità costituzionale di tale disposizione
la Corte costituzionale si pronunciò con la sentenza
n. 494 del 1993 con la quale ne dichiarò l’illegittimità
nella parte in cui non prevedeva che nei confronti del titolare
di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennità
integrative speciali, dovesse comunque farsi salvo l’importo
corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto
per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti;
che secondo tutti i remittenti la norma censurata, anche
nel testo risultante dal suindicato intervento additivo di
questa Corte, si pone in contrasto con l’art. 38 Cost.
perché può comportare una riduzione al di sotto
del minimo idoneo ad assicurare ai pensionati i mezzi adeguati
alle loro esigenze di vita e perché del tutto irragionevolmente
riserva un trattamento deteriore al pluripensionato, rispetto
a quello riconosciuto al pensionato che sia anche percettore
di retribuzione, dopo che alcune pronunce di questa Corte
hanno escluso il divieto di cumulo tra indennità integrativa
sulla pensione e sulla retribuzione in quanto le norme applicabili
non precisavano la misura della retribuzione oltre la quale
diventava operante l’esclusione e il congelamento dell’indennità
integrativa speciale (cfr. sentenze n. 566 del 1989, n. 204
del 1992);
che i remittenti, pur non ignorando l’esistenza nella
giurisprudenza contabile successiva agli ultimi interventi
di questa Corte in materia di indennità integrativa
speciale (cfr. ordinanza n. 438 del 1998, sentenza n. 516
del 2000, ordinanza n. 517 del 2000) di diversi orientamenti
non tutti affermativi della persistenza del divieto di cumulo
delle indennità integrative speciali in caso di titolarità
di più pensioni, non spiegano le ragioni per le quali
ritengono di non adottare l’opzione interpretativa che
siffatta persistenza esclude;
che, secondo un principio non discusso e più volte
espressamente affermato da questa Corte, una normativa non
è illegittima perché suscettibile di una interpretazione
che ne comporta il contrasto con precetti costituzionali,
ma soltanto perché non può essere interpretata
in modo da essere in armonia con la Costituzione;
che i remittenti non hanno espressamente affermato che nessuna
altra interpretazione della norma censurata è possibile
se non quella che genera i dubbi di costituzionalità
da loro manifestati, e tantomeno hanno esposto le ragioni
di tale esclusione;
che alla Corte viene così richiesto di dirimere un
contrasto sulla interpretazione della legge ordinaria;
che pertanto la questione è manifestamente inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità della questione
di legittimità costituzionale dell’art. 99, secondo
comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione
del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza
dei dipendenti civili e militari dello Stato), sollevata,
in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dalla Corte dei conti,
sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana,
dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione
Puglia, nonché dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale
per la Regione Sardegna, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2005.
Fernanda CONTRI, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria l'8 marzo 2005.
La redazione di megghy.com
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