Agenzia delle Entrate
RISOLUZIONE N. 52 del 02.05.2005
Oggetto: Credito d'imposta per incrementi occupazionali.
Problematiche connesse alla quantificazione del bonus per
i lavoratori a domicilio ed alla trasformazione dei contratti
di lavoro a tempo determinato
Quesito
Con riguardo al credito d'imposta per incrementi occupazionali
di cui all'articolo 7 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,
è stato sottoposto all'esame di questa Direzione un
duplice ordine di quesiti.
1. Con il primo quesito si chiede di conoscere se i lavoratori
a domicilio possono essere considerati lavoratori agevolabili,
o se gli stessi non debbano invece essere considerati lavoratori
a tempo determinato, alla luce di alcune interpretazioni dell'articolo
1, comma 3, della legge 18 dicembre 1973, n. 877 ("non
è lavoratore a domicilio e deve a tutti gli effetti
considerarsi dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato
chiunque esegue, nelle condizioni di cui ai commi precedenti,
lavori in locali di pertinenza dello stesso imprenditore..."),
che qualificherebbero il lavoro a domicilio come lavoro a
tempo determinato.
2. Qualora tale tipologia di contratto sia considerata a tempo
indeterminato, si chiedono chiarimenti su come calcolare l'agevolazione
spettante, dal momento che vi sono tesi interpretative discordanti
circa le modalità di quantificazione del bonus per
i lavoratori a domicilio.
3. Alcuni interpreti, infatti, ritengono che tali soggetti
siano da considerare assunti a tempo parziale, prendendo in
considerazione, nella determinazione dell'agevolazione, le
giornate di lavoro "normalizzate" ai fini previdenziali
e risultanti dal CUD; altri, invece, si orientano nel senso
di considerare i lavoratori a domicilio come potenzialmente
in grado di generare il bonus in misura piena.
4. Il secondo quesito proposto è relativo al caso in
cui un contratto a tempo determinato sia trasformato in uno
a tempo indeterminato, con particolare riguardo alla verifica
dei requisiti previsti dal comma 5 dell'articolo 7 della legge
n. 388 del 2000. In particolare, non è chiaro se il
requisito di cui alla lettera a) del comma 5 ("i nuovi
assunti siano di età non inferiore a 25 anni")
debba sussistere alla data di trasformazione del contratto
a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, ovvero
sin dalla data di stipula del contratto a tempo determinato.
Parere dell'Agenzia
1. Per quanto concerne il primo quesito esposto, si ritiene
che i lavoratori a domicilio (al verificarsi di tutti gli
altri requisiti richiesti dalla norma) possano essere considerati
nel novero dei lavoratori agevolabili ai sensi dell'articolo
7 della legge n. 388 del 2000, in quanto gli stessi possono
essere considerati dipendenti a tempo indeterminato. La natura
di "contratto di lavoro a tempo indeterminato" del
contratto di lavoro a domicilio si desume, oltre che dalla
lettera dell'articolo 1 della legge 18 dicembre 1973, n. 877
(recante "Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio),
anche dalla copiosa giurisprudenza della Corte di Cassazione
(la sentenza Cass. civ., 12/03/2001, n. 106, sez. un., ad
esempio, afferma che "anche i lavoratori a domicilio
... hanno diritto all'indennità di mobilità...,
ove possano far valere... una dipendenza di almeno dodici
mesi dalla medesima azienda (di cui almeno sei di lavoro effettivamente
prestato, ivi compresi i periodi di sospensione per ferie,
festività e infortuni), con un rapporto di lavoro a
carattere continuativo o comunque non a termine". In
tal senso si esprime anche la Cass. civ., 23/03/2002, n. 4192,
sez. lav.).
Il contratto di lavoro a domicilio costituisce un contratto
di lavoro a tempo determinato esclusivamente nel caso in cui
la durata limitata sia espressamente prevista dal contratto
individuale, alle condizioni fissate dalla disciplina del
contratto a termine.
Una volta verificato il requisito richiesto dal comma 1 dell'articolo
7 della legge n. 388 del 2000, si può affermare che,
ai fini della quantificazione del credito spettante, ciascun
lavoratore a domicilio assunto a tempo indeterminato, nella
misura in cui rappresenti un incremento rilevante della base
occupazionale, è potenzialmente in grado di generare
il credito d'imposta nelle misure previste prima dall'articolo
7 della legge n. 388 del 2000, e successivamente dall'articolo
63 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Per quantificare il bonus effettivamente spettante per ciascun
lavoratore a domicilio, è necessario, però,
considerare i meccanismi di funzionamento di tale particolare
tipologia di lavoro.
Come risulta dall'articolo 8 della legge 18 dicembre 1973,
n. 877, "i lavoratori che eseguono lavoro a domicilio
debbono essere retribuiti sulla base di tariffe di cottimo
pieno risultanti dai contratti collettivi di categoria".
La retribuzione dei lavoratori a domicilio è calcolata
con il metodo del "cottimo pieno", e cioè
determinata esclusivamente in base alla quantità di
lavoro prestato. Come risulta dall'analisi dei contratti collettivi
nazionali di categoria, i parametri di riferimento per la
determinazione della tariffa oraria e delle varie indennità
aggiuntive sono costituiti:
- dal trattamento economico salariale (quantificato su base
oraria) degli operai interni all'azienda;
- dalla misurazione tecnica del tempo normalmente necessario
ad un lavoratore di normale capacità per eseguire l'operazione
o il gruppo di operazioni ad esso richieste.
Tali parametri debbono essere utilizzati per la retribuzione
del lavoratore che presta la propria opera nel proprio domicilio,
riportando sul libretto di controllo in possesso di ciascun
lavoratore i dati relativi alla data di consegna dei diversi
materiali, la retribuzione per ciascuna unità prodotta
ed il numero complessivo di pezzi finiti consegnati al datore
di lavoro.
Considerata la stretta connessione tra valutazione del lavoro
a domicilio ed il lavoro interno all'azienda, si ritiene che
il credito d'imposta per incrementi occupazionali generato
da lavoratori a domicilio debba essere attribuito, per ciascun
mese di calcolo, sulla base del raffronto tra le ore di lavoro
prestate nel corso del mese stesso dal lavoratore a domicilio
e le ore di lavoro mensilmente previste dal contratto collettivo
nazionale per i lavoratori interni all'azienda.
In sostanza, è necessario che il lavoro retribuito
sulla base delle commesse sia convertito da "ore impiegate
per la realizzazione della commessa" in "ore mensilmente
previste per i lavoratori interni".
Il primo dato può essere estrapolato dal CUD (o, in
mancanza di tale prospetto, dal libretto di controllo), che
riporta il numero delle ore (ovvero delle giornate) lavorate
nel corso di un mese (A) da ciascun lavoratore a domicilio.
A tal fine, tuttavia, non è opportuno che siano utilizzati,
al fine del calcolo dell'agevolazione, i medesimi dati che
sono calcolati ai fini della copertura previdenziale (e ciò
in considerazione delle diverse finalità sottostanti
al dato previdenziale).
Raffrontando questo dato con il numero delle ore (ovvero delle
giornate) di lavoro mensilmente previste dal contratto collettivo
nazionale (B), ci si troverà di fronte ad una di queste
due possibili situazioni:
Vedi
tabella in formato .pdf
Si propone, ad esemplificazione, il seguente caso:
Nella stessa misura in cui "genera" mensilmente
il bonus, il prestatore di lavoro a domicilio concorrerà
alla formazione della media storica del datore di lavoro,
con la conseguenza che non rileverà sia per quanto
concerne la formazione della media, sia per quanto concerne
l'attribuzione del credito d'imposta nei mesi in cui, non
avendo lavorato, non abbia percepito alcuna retribuzione.
2. Per quanto riguarda il secondo quesito, si rammenta che
già la circolare 26 gennaio 2001, n. 5, ha riconosciuto
la spettanza dell'agevolazione nell'ipotesi di trasformazione
del contratto di lavoro da tempo determinato in contratto
a tempo indeterminato.
Ciò premesso, si ritiene che i requisiti di cui al
comma 5 dell'articolo 7 citato (ad es., il requisito di cui
alla lettera a), età non inferiore ai 25 anni) debbano
sussistere al momento della trasformazione del contratto da
tempo determinato a contratto a tempo indeterminato. Ciò
è necessario per evitare che siano ingiustamente penalizzati
i datori di lavoro che intendono convertire il contratto dei
propri apprendisti o lavoratori a tempo determinato, rispetto
a quelli che assumono ex novo a tempo indeterminato lavoratori
che, nei 24 mesi precedenti, abbiano intrattenuto rapporti
di lavoro a tempo determinato o di apprendistato con altri
datori di lavoro
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