Cassazione Civile
Sentenza n. 943 del 18 gennaio 2005
Svolgimento del processo
Antonmaria A. proponeva opposizione dinanzi al giudice di
pace di Padova avverso il verbale di contestazione della polizia
stradale di violazione dell'art. 142 comma 9 del codice della
strada, accertata l'11 novembre 2000 mediante apparecchiatura
telelaser LTI 20-20, deducendo che lo strumento rilevatore
non forniva sufficienti garanzie di affidabilità e
che mancava la prova della avvenuta violazione.
Costituitosi il contraddittorio, con sentenza del 12 febbraio
- 8 marzo 2001 il giudice di pace rigettava l'opposizione,
osservando in motivazione che l'omologazione - nella specie
risultante dal verbale di contestazione - costituisce l'unica
condizione richiesta ai fini dell'impiego dell'apparecchio
misuratore della velocità, che il verbale di accertamento
dell'infrazione fa piena prova, fino aquerela di falso, dei
fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua
presenza, che grava sull'opponente l'onere di dimostrare gli
eventuali difetti di costruzione, installazione e funzionamento
dello strumento utilizzato e che nessuna prova era stata fornita
dall'A. al riguardo, che la fotografia del veicolo era da
considerare elemento non indispensabile ai fini dell'accertamento
della violazione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione
l'A. deducendo un unico motivo. Resiste con controricorso
il Prefetto di Padova.
Motivi della decisione
Con l'unico motivo di ricorso, denunciando violazione o falsa
applicazione di norme di diritto, si deduce che lo strumento
telelaser impiegato non è conforme alle prescrizioni
del codice della strada, non consentendo esso alcun riscontro
di natura oggettiva circa la correttezza del rilevamento effettuato
dai verbalizzanti, e quindi circa la commissione della violazione,
in quanto la sua efficienza dipende soltanto dall'abilità
manuale dell'operatore. Si deduce altresì che una corretta
procedura di accertamento dell'infrazione richiede la presenza
di due agenti, uno impegnato nell'uso dell'apparecchio, l'altro
nella annotazione della targa e del tipo di veicolo, mentre
nella specie l'unico agente intento ad utilizzare lo strumento
non poteva avere chiara percezione di tali elementi. Si osserva
inoltre che l'omessa costituzione del Prefetto nel giudizio
di opposizione avrebbe dovuto essere valutata dal giudice
di pace come rinuncia a fornire una ricostruzione dei fatti
diversa da quella prospettata dall'opponente. Si deduce ancora
che il giudice di pace ha errato nel ritenere non necessaria
la riproduzione fotografica del veicolo coinvolto, richiedendo
l'art. 345 del regolamento al codice della strada che le apparecchiature
siano idonee a fissare la velocità in modo chiaro ed
accertatile, e che pertanto avrebbe dovuto ritenere illegittimo
e disapplicare il decreto di omologazione.
Si sostiene infine che il mancato assolvimento dell'onere
della prova addebitato all'A. ha trovato ragione nell'immotivato
rigetto delle istanze istruttorie formulate. La complessa
censura è infondata.
Questa Suprema Corte ha già avuto occasione di affermare
in recenti decisioni (v., tra le altre, Cass. n. 21408, n.
21360, n. 21241, n. 5873 del 2004, tutte relative a violazioni
intervenute, come quella di specie, precedentemente all'entrata
in vigore della legge n. 168 del 2002, di conversione del
decreto legge n. 121 del 2002) che ai fini dell'applicazione
di sanzioni amministrative per eccesso di velocità
deve ritenersi legittima la misurazione effettuata mediante
apparecchio telelaser omologato, secondo il disposto dell'art.
142 comma 6 del codice della strada.
Come si è rilevato nelle richiamate pronunce, la norma
primaria fissa il principio che le risultanze di apparecchiature
debitamente omologate costituiscono fonti di prova per la
determinazione dell'osservanza dei limiti di velocità,
mentre la disposizione regolamentare di cui all'art. 345,
cui la prima fa rinvio (conformemente alla norma generale
di rinvio di cui all'art. 45 n. 6), richiede che le apparecchiature
elettroniche di controllo della velocità, per poter
essere omologate, siano tali da fissare la velocità
del veicolo in un determinato momento in modo chiaro ed accertatile,
siano inoltre gestite direttamente dagli organi di polizia
stradale di cui all'art. 12 del codice della strada e sianonella
disponibilità di detti organi. Nè l'una nè
l'altra di tali disposizioni richiede pertanto che esse siano
munite di dispositivi che forniscano una documentazione fotografica
dell'accertamento dell'infrazione, così da identificare
in via automatica e senza l'intervento dell'uomo il veicolo
cui l'accertamento stesso si riferisce.
Il tenore della norma regolamentare, che rapporta l'esigenza
di modalità chiare ed accettabili unicamente al dato
della velocità, rende invece evidente che i requisiti
necessari per l'omologazione dell'apparecchiatura attengono
alla sua capacità di rilevazione, in termini di certezza
e verificabilità, della velocità del veicolo
sottoposto a controllo, restando affidato alla diretta percezione
degli agenti, così come generalmente avviene nell'accertamento
delle violazioni del codice della strada, il compito di riferire
la velocità apparsa sul display e successivamente riprodotta
nell'apposito tagliando ad un determinato mezzo.
Nè potrebbe in contrario ritenersi che detto art.
345, nel prescrivere che l'accertamento avvenga tutelando
la riservatezza dell'utente, postuli l'indispensabilità
della documentazione fotografica: ed invero dalla prescrizione
posta a garanzia della privacy, certamente riferibile alle
situazioni in cui la violazione abbia un riscontro fotografico,
non appare consentito desumere, nel quadro normativo di riferimento
sopra delineato, che l'unica modalità di rilevazione
consentita sia quella fornita dalla documentazione visiva
dell'infrazione. E' infine appena il caso di ricordare che
nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione il verbale
di accertamento fa piena prova, fino a querela di falso, dei
fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua
presenza, descritti senza margini di apprezzamento, o da lui
compiuti, nonchè della provenienza del verbale stesso
dal pubblico ufficiale, in forzadell'efficacia probatoria
privilegiata dell'atto pubblico, ai sensi dell'art. 2700 c.c.,
mentre sono prive di efficacia probatoria le valutazioni soggettive
del verbalizzante. Ne consegue che l'accertamento della violazione
delle norme relative alla velocità deve ritenersi provato
sulla base della verbalizzazione dei rilievi delle apparecchiature
omologate, facendo peraltro prova il verbale sino a querela
di falso dell'effettuazione dei rilievi stessi, mentre le
risultanze di essi costituiscono fonti di prova suscettibile
di prova contraria, che può essere fornita dall'opponente
con la dimostrazione del difetto di funzionamento del dispositivo,
sulla base di concrete circostanze di fatto (v. sul punto
Cass. 1999 n. 12324; 1998 n. 8469; 1997 n. 7667).
A tali principi si è attenuta la sentenza impugnata,
che pertanto si sottrae alle censure prospettate nel ricorso.
Va infine rilevata l'inammissibilità del profilo di
censura diretto a denunciare il rigetto da parte del giudice
di pace di istanze istruttorie, stante la sua evidente genericità.
Il ricorrente va conseguentemente condannato al pagamento
delle spese di questo giudizio di Cassazione, nella misura
liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
liquidate in E. 400,00, oltre le spese prenotate a debito,
nonchè le spese generali e gli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Prima Civile, il 29 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2005.
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