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Danno erariale se Sindaco assume in Staff senza il rispetto delle qualifiche

Corte dei Conti Sez. Toscana 21.09.2004 n° 622
CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA TOSCANA

Sentenza n.622 del 21.09.2004

Pres. GRECO - Est. BAX - PM BONTEMPO

* * * * *

FATTO

Con atto di citazione depositato presso la segreteria della Sezione giurisdizionale in data 10 novembre 2003, e ritualmente notificato, il Sostituto Procuratore Generale conveniva in giudizio davanti a questa Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti i sigg.ri dott. S.B. ed E.M., all’ epoca rispettivamente segretario comunale del Comune di S. (B.) e sindaco (il M.), in quanto ritenuti responsabili di un danno all’ Erario pari a € 49.342,85, in quote uguali , “o in quella diversa, maggiore o minore, di giustizia, oltre agli interessi legali, rivalutazione monetaria e spese di giudizio”.

La questione oggetto della controversia deriva da un incarico assegnato per le funzioni inerenti l’ ufficio di staff degli organi di governo del suddetto Comune, al sig. P.F., dapprima per un anno (1 ottobre 2001 – 30 settembre 2002), visto il decreto del sindaco n. 23297 in data 1 ottobre 2001, incarico in seguito rinnovato ai sensi del decreto sindacale del 28 settembre 2002 con decorrenza 1 ottobre 2002 e per la durata del mandato amministrativo del sindaco: l’ incarico, peraltro, cessò a seguito delle dimissioni del sig. Pucci con decorrenza 1 giugno 2003 (nota del 16 aprile 2003).

Il suddetto incarico trova i presupposti fattuali e giuridici dapprima in una deliberazione n. 146 del 19 settembre 2001 con cui la Giunta Comunale di S. modificava il Regolamento Generale sull’ Ordinamento degli uffici e servizi (approvato con delib. G.C. n. 56 del 23 marzo 2001) prevedendo, in attuazione dell’ art. 90 TUEL, un ufficio in posizione di staff per coadiuvare gli organi di governo nell’ esercizio delle funzioni di indirizzo e controllo di competenza, e disegnando i requisiti per l’ accesso all’ ufficio, i criteri di scelta, i presupposti per l’ attivazione dell’ ufficio, la durata ed il trattamento economico del preposto all’ ufficio stesso.

Con successiva deliberazione n. 150 del 26 settembre 2001 la Giunta Municipale deliberava di approvare l’ istituzione e la composizione dell’ ufficio di staff, dando atto che il sindaco avrebbe provveduto con proprio atto alla nomina dell’ incaricato, cui sarebbero state assegnate le seguenti funzioni: a) funzioni di indirizzo e controllo dell’ attività amministrativa dell’ ente; b) supporto per le relazioni di collegamento con cittadini ed organi di informazione e con organi di rappresentanza politica, sociale ed economica.

La Procura contabile eccepiva la “invalidità e comunque inefficacia della citata deliberazione”, atteso che la funzione di preposto all’ ufficio di staff del sindaco, alla cui istituzione gli enti locali sono autorizzati dall’ art. 90 del T.U.E.L., non rientra nell’ambito degli incarichi extradotazionali previsti dall’ art. 110, comma 2, D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, ma costituisce un normale posto di pianta organica che, ai sensi dell’ art. 90 TUEL è disposizione in rapporto di specie a genere con l’ art. 110, comma 1, TUEL, e che può essere coperto sia con personale interno che con personale assunto con contratto a tempo determinato, ma la cui previsione dovrebbe, al pari di qualunque previsione organica, recare la specificazione della categoria e del profilo professionale.

L’ erroneità di ritenere quello di preposto all’ Ufficio di staff un posto extradotazionale è confermato, secondo la parte attorea, dal fatto che i contratti “al di fuori della dotazione organica”, ai sensi dell’art. 110, comma 2, TUEL, sono previsti in presenza del presupposto della “assenza all’ interno dell’ ente di professionalità analoghe”’, dato insussistente nella fattispecie, essendo il soggetto incaricato un laureando in geologia.

L’ incarico al sig. P., afferma la parte attorea, assegnato in assenza di qualsiasi attività selettiva o valutativa con trattamento economico pari alla categoria D3 (ex VIII qualifica funzionale), è illegittimo poiché l’ incaricato difettava del requisito della laurea, occorrente per l’ accesso (dall’ esterno dell’ ente) alla categoria D, ai sensi del CCNL di comparto 31 marzo 1999 e dell’ art. 2, comma 6, d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, la cui applicabilità era stata confermata dal richiamo di cui all’ art. 70, comma 13, D.Lgs. 165/2001.

D’ altro canto il Regolamento Generale sull’ Ordinamento degli Uffici e Servizi , in attuazione dell’ art. 35 , comma 7, del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, dispone che, per la categoria D), è necessario il diploma di laurea, e tale requisito è previsto sia dall’ art. 110 TUEL, comma 1, sia dall’ articolo 90, costituente una species del genus degli incarichi a contratto previsti in via generale dal suddetto art. 110, comma 1, TUEL.

Peraltro, afferma la Procura, ove anche si ritenesse il posto extradotazionale ex art. 110, comma 2, siccome ritenuto dall’Amministrazione comunale, rimarrebbe requisito di accesso il diploma di laurea, siccome previsto dal dettato normativo.

Concludeva, il Pubblico Ministero contabile, per la illegittimità della fattispecie sia nell’ ipotesi di incarico extradotazionale (ai sensi dell’ art. 110 comma 2, T.U.E.L.), in cui il requisito della laurea è espressamente previsto, sia nell’ ipotesi di cui all’ art. 110, 1° comma (copertura di posti di responsabili di uffici e servizi mediante contratti a tempo determinato), come più correttamente si doveva ritenere, per il quale il requisito della laurea derivava dal fatto che quello di preposto all’ Ufficio di staff doveva ritenersi essere una di quelle posizioni organizzative, ai sensi dell’ art. 8. e ss. CCNL 31 marzo 1999 e dall’ art. 22 del Regolamento sull’ Ordinamento degli Uffici e Servizi, le quali, a mente dell’ art. 8, comma 2, del citato accordo collettivo, possono essere assegnate esclusivamente a dipendenti classificati nella categoria D).

Ne derivava che la spesa sostenuta dall’ Amministrazione costituiva pregiudizio erariale per l’ Erario comunale, atteso che nell’ambito del disegno organizzatorio pubblico, ai sensi dell’ art. 97 della Costituzione, ogni attribuzione economica conferita in violazione di specifiche disposizioni normative, deve ritenersi disutile per l’ ente, visti anche gli orientamenti giurisprudenziali di questa Sezione, i quali hanno statuito che “in tema di personale la determinazione dei requisiti per lo svolgimento di determinate attività e la determinazione dell’ equilibrio sinallagmatico tra prestazione resa in favore dell’ ente e trattamento economico sono rimesse dalla legge , con disposizioni imperative, a strumenti normativi diversi da quelli afferenti all’ autonomia dell’ ente”.

Il danno patito dall’ Amministrazione Comunale ammontava, nel complesso, ad € 49.342,85, derivante dagli oneri sopportati dal Comune per retribuzione lorda corrisposta al sig. P. dall’ 1 ottobre 2001 al 31 maggio 2003 (€ 35.359,82, di cui € 8.769,17, per ritenute fiscali e previdenziali) e dagli oneri fiscali e previdenziali a carico del Comune (€ 13.983,03), ed andava imputato, in misura paritaria, a carico del sindaco dott. E.M., che aveva nominato il sig. P., e che aveva preso parte alle deliberazioni giuntali nn. 146 e 150/2001, e a carico del segretario comunale dott. S.B., quest’ ultimo deputato alla consulenza giuridica in favore dell’ ente locale, in specie degli organi di governo e tenuto, parimenti, a segnalare il proprio contrario avviso in riferimento all’illegittimità di atti che andavano ad adottarsi.

Peraltro, ribadiva la Procura contabile, il segretario comunale, il quale aveva verbalizzato le suddette deliberazioni giuntali, aveva per le stesse emesso il parere di regolarità tecnica e stipulato il contratto tra il sig. P. e l’ Amministrazione Comunale da lui impersonata (2 ottobre 2001).

La Procura contabile, ravvisando un’ ipotesi di danno erariale, provvedeva alla notifica dell’ invito a dedurre, ai sensi dell’ art. 5, comma 1, del D.L. n. 453 in data 15 novembre 1993, siccome convertito con L.n.19 del 14 gennaio 1994, nei confronti degli odierni convenuti che non deducevano in materia.

Nella specie la parte attorea asseriva la presenza degli elementi costituenti la responsabilità amministrativa; sicché con riferimento all’ indebito esborso del Comune il P.M. contabile citava in giudizio il dott. S.B. ed il dott. E.M., per quivi sentirli condannare al pagamento in favore dell’Erario, nella specie del Comune di S. della somma pari a € 49.342,85, in quote uguali, o in quella diversa ritenuta dal Collegio di giustizia, oltre agli interessi legali , rivalutazione monetaria e spese di giudizio.

Con memoria difensiva del 31 marzo 2004 si costituiva in giudizio il dott. E.M., a mezzo del legale difensore avv. Fausto Falorni.

Deduceva la parte convenuta in giudizio che, sulla scorta dell’ art. 90 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e dello Statuto del Comune di S., legittimamente la Giunta aveva disciplinato gli uffici di staff per gli organi politici integrando il Regolamento generale sull’ordinamento degli Uffici e Servizi, ed il preteso danno erariale si fondava su un’ erronea interpretazione del D.Lgs. 267/2000.

Asseriva, il dott. M., anche sulla scorta di orientamenti dottrinari e di un parere reso dall’ A.N.C.I. (28 novembre 2001), che il collaboratore esterno, incaricato dell’ ufficio di staff del sindaco e della Giunta, è necessariamente soggetto posto al di fuori della dotazione organica senza che sia necessario reperire nella struttura organizzativa dell’ ente la categoria ed il profilo professionale di appartenenza dovendo essere i compiti ed il trattamento economico di tale soggetto determinati nello specifico contratto di lavoro.

Pertanto connotati dell’ ufficio di staff erano: a) il collocamento extradotazionale, al di fuori del disegno organizzativo “primario” dell’ente; b) la dipendenza dall’ apparato politico, e non dal corpo burocratico (dirigenti, direttore generale, segretario comunale): da un’ interpretazione logica e sistematica, affermava il legale difensore del dott. M., si evinceva che ambedue le ipotesi previste dalla legge (art. 90 e 110 TUEL) configuravano posizioni di collocamento extradotazionale.

D’ altro canto, affermava la parte convenuta, in seguito (delib. di Giunta n. 45 del 27 marzo 2002) il Comune, in forza della potestà regolamentare riveniente dalla Costituzione, art. 117, comma 6, aveva espressamente previsto, ed in conformità alla base normativa di specie, che il responsabile dell’ ufficio di staff (il sig. P.) fosse collocato fuori della dotazione organica; né sussisteva contrasto tra istituzione dell’ ufficio di staff quale posto extradotazionale ed istituzione della posizione con “formale delibera giuntale modificativa del regolamento”.

In riferimento all’ assenza, nella scelta del sig. P., di qualsivoglia attività valutativa o selettiva, la parte convenuta, citando dottrina ed alcuni pareri dell’ A.N.C.I. (28 novembre 2001, 11 dicembre 2003, 19 settembre 2002) e di un parere reso da un quotidiano economico, ribadiva la natura essenzialmente fiduciaria dell’ ufficio di staff, in deroga al principio del concorso per l’ accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni; peraltro sussisteva, nel nostro ordinamento analoga esperienza per le Amministrazioni Statali : in tal senso art. 14 del D.Lgs. 29/1993 (poi trasfuso nell’ art. 14 del D.Lgs.165/2001), che prevede gli uffici di supporto per i Ministeri (con relativi regolamenti di organizzazione), in cui i soggetti preposti ai rispettivi uffici sono scelti in forza del rapporto fiduciario senza alcuna procedura concorsuale e/o selettiva.

Sulla necessità di particolare professionalità, assente nella specie secondo la Procura, il sig. M. eccepiva che l’ art. 90 del D.Lgs. 267/2000, a differenza dell’ art. 110 dello stesso T.U., non prevedeva che il conferimento dell’ incarico di responsabilità degli uffici di supporto agli organi politici avvenisse nei confronti di un soggetto titolare di particolari professionalità.

Infondata, affermava il legale difensore del sig. M., era anche la contestazione secondo cui l’ incarico era illegittimo perché il sig. P. era privo del requisito della laurea occorrente per l’accesso (dall’ esterno dell’ Ente) alla categoria D.

Premesso che il sig. P. non era stato inquadrato nella categoria D, il riferimento alla categoria D3 era stato adottato unicamente come parametro per il trattamento economico (con trattamento onnicomprensivo pari al trattamento economico tabellare di una categoria D3), anche al fine della gestione contabile della retribuzione, con forfetizzazione del compenso spettante, ai sensi dell’ art. 90 del D.Lgs. 267/2000: il trattamento effettivo (cioè comprensivo dello straordinario e della produttività) era pari al trattamento tabellare di un C4, oltre ad un importo determinato sulla base dell’ impegno e delle qualità delle prestazioni (sussumibili nelle categorie dello straordinario e della produttività), in sintonia con i parametri economici indicati nella contrattazione collettiva nazionale e dell’ art. 90 del D.Lgs. 267/2000, anche in relazione alle funzioni svolte.

D’altro canto anche nella specie, affermava il legale difensore del sig. M., vi era un’ analogia con quanto previsto per le Amministrazioni Statali in tema di trattamento economico comprensivo per i responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri (es. art. 7 , commi I, II e III del d.P.R. 227/2003).

Le funzioni svolte dal sig. P. erano attestate dalla relazione (doc. n. 12) del responsabile del Settore Economico e Finanziario del Comune di S., dott. Germiniasi (funzioni di coordinamento tra Sindaco, Giunta ed altro organi politici del Comune, funzioni di “segreteria” del Sindaco e degli Assessori, ufficio stampa e relazioni esterne, questioni specifiche relative a problemi di carattere idrogeologico ed ambientale del comune di S.), ed erano ascrivibili, affermava la difesa, sia alle mansioni della categoria C sia , in ipotesi, a quelle della categoria D.

Il trattamento economico, pertanto, appariva congruo anche ove, per ipotesi si fosse dato accesso alla tesi attorea dell’ illegittimo inquadramento del sig. P. nella categoria D3, atteso che in tale ottica il danno erariale era costituito dalla differenza tra il trattamento economico corrisposto al sig. P. (stipendio tabellare di una categoria D3) e quanto il sig. P. avrebbe potuto ottenere nella categoria C (stipendio tabellare della posizione C4, indennità di produttività, lavoro straordinario svolto, indennità delle missioni effettuate (doc. n. 11), con una differenza pari ad appena € 2.000.000.

Ma nella fattispecie non si era verificato alcun danno per l’ Erario, atteso che, ai sensi dell’ art. 1 bis L.20/1994, introdotto dall’ art. 3 l. 639/1996, e dell’ interpretazione resa dalla giurisprudenza contabile, il magistrato contabile deve tener conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’ Amministrazione o dalla comunità interessata: nella specie si sono verificati questi vantaggi, di cui occorre tener conto, né la Procura aveva dato prova, nella specie, di un danno pubblico risarcibile con insussistenza di vantaggi per l’ Amministrazione.

La inesistenza, sotto il profilo dell’ elemento oggettivo, di qualsiasi comportamento che potesse dare luogo a danno erariale, si affiancava all’ assenza dell’ elemento soggettivo della colpa grave, siccome enucleato dalla giurisprudenza contabile: la parte attorea non aveva dato prova e neppure dedotto, secondo gli assunti difensivi, in ordine al comportamento del dott. M.: si trattava, nella specie di applicare per la prima volta una nuova normativa, e ciò era stato fatto in sintonia sia con gli orientamenti della dottrina che dell’ A.N.C.I..

Ove anche fosse errata l’ interpretazione resa dall’Amministrazione e corretta quella operata dalla Procura contabile, affermava la parte convenuta in giudizio, la normativa nuova e complessa configurava un errore scusabile, inidoneo a radicare l’ elemento soggettivo e, quindi, il configurarsi della responsabilità amministrativa.

Per quanto concerne le singole posizioni rivestite dagli odierni convenuti, il dott. M. eccepiva che, ai sensi della normativa di specie, il sindaco svolgeva esclusivamente le funzioni di indirizzo politico dell’ ente, e spettava al personale preposto al livello gestionale (dirigenziale o apicale) assicurare lo svolgimento dell’azione amministrativa in modo conforme alla legge (dott. B. sino al 16 maggio 2002, e dott. C. dal 18 settembre 2002, anche in quanto Direttore Generale ed esercitante le funzioni di responsabile del personale), indicando al sindaco eventuali illegittimità nell’azione amministrativa: il che non è avvenuto, per cui non può configurarsi responsabilità a carico del dott. M. .

Ove anche, in ogni modo, dovesse configurarsi un danno erariale, il dott. M., avendo costituito l’ ufficio di staff del Sindaco e della Giunta con atti assunti anche dagli altri componenti della Giunta, dovrebbe rispondere del danno erariale nella misura di 1/8 (per le altre quote dovrebbero essere responsabili il segretario generale, oltre ai sei componenti della Giunta).

Deduceva, infine, il dott. M. anche in ordine alla richiesta di condanna al pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria sulla somma capitale, ritenendo la richiesta inammissibile e/o infondata, visti gli orientamenti della giurisprudenza contabile in ordine alla non cumulabilità tra la rivalutazione monetaria ed interessi nel giudizio di responsabilità amministrativo contabile, e considerato che la Procura Regionale non specificava il dies a quo da cui far decorrere la relativa condanna, e vista l’ insussistenza del cd. maggior danno per l’ Erario.

Concludeva, il dott. M., per l’ assoluzione dagli addebiti contestati, chiedendo, in via subordinata, l’ applicazione del potere riduttivo e, in via istruttoria, chiedeva l’ ammissione di prova testimoniale sul capitolo di cui al doc. n. 12 (funzioni ed attività svolte dal sig. P. nel periodo in cui lo stesso era stato incaricato dell’ Ufficio di staff del sindaco).

Le argomentazioni del dott. B., con memoria difensiva del 31 marzo 2004, erano del tutto analoghe a quelle dedotte dal dott. M., ad eccezione dell’ individuazione di responsabilità a carico del segretario comunale.

Le deduzioni specifiche del dott. B. erano sostanzialmente due: a) la prima atteneva al fatto che egli aveva agito sulla base di atti amministrativi comunque efficaci, che egli non aveva potuto disattendere; b) che nell’ ipotesi di accertato danno erariale egli doveva rispondere in merito unicamente al periodo dell’ attività svolta dal P. nell’ ambito del primo contratto di lavoro (ottobre 2001 – maggio 2002) essendo, in seguito, subentrato nell’ ufficio di segretario comunale il dott. C. dal 18 settembre 2002, anche in quanto Direttore Generale ed esercitante le funzioni di responsabile del personale.

Nell’ odierna udienza di discussione i legali difensori dei dott.ri S.B. ed E.M. chiedevano l’ assoluzione da ogni addebito per i loro patrocinati, mentre il Pubblico Ministero insisteva sulle pretese attoree; quindi la causa veniva introitata per la decisione.

DIRITTO

Il Collegio, non essendo state poste questioni preliminari, può entrare nel merito ritenendo la domanda attorea fondata nei sensi di cui in motivazione.

La questione oggetto del presente giudizio verte sulla base normativa applicabile alla funzione di preposto all’ ufficio di staff del sindaco e degli organi di governo dell’ ente locale.

La Procura contabile afferma che la funzione di preposto all’ufficio di staff del sindaco, alla cui istituzione gli enti locali sono autorizzati dall’ art. 90 del T.U.E.L., non è da sussumere nell’ ambito degli incarichi extradotazionali previsti dall’ art. 110, comma 2, D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, ma rappresenta un normale posto di pianta organica che, a mente dell’ art. 90 T.U.E.L., si rapporta in specie a genere con l’ art. 110, comma 1, T.U.E.L., e che può essere coperto sia con personale interno che in forza di personale assunto con contratto a tempo determinato, con specificazione della categoria e del profilo professionale, analogamente a qualunque previsione organica.

Rileva, inoltre la Procura che, ove anche si ritenesse configurabile il posto come extradotazionale ex art. 110, comma 2, siccome asserito dall’ Amministrazione comunale, sarebbe necessario il requisito di accesso al diploma di laurea, siccome prescritto dal dettato normativo; analoga sarebbe stata la soluzione nell’ ipotesi di cui all’ art. 110, 1° comma (copertura di posti di responsabili di uffici e servizi mediante contratti a tempo determinato), anche ai sensi della normazione di comparto (art. 8 ccnl 31 marzo 1999) e della autonomia regolamentare assegnata al Comune (art. 22 del Regolamento sull’ ordinamento degli uffici e servizi).

La violazione delle specifiche disposizioni normative costituenti il disegno organizzatorio pubblico, ex art. 97 della Costituzione con consequenziale attribuzione economica assegnata in violazione delle stesse, rappresentava danno erariale per l’ ente siccome quantificato in sede di atto introduttivo del giudizio (€ 49.342,85, oneri sopportati dal Comune di S. per la retribuzione lorda corrisposta al sig. P. dall’ 1 ottobre 2001 al 31 maggio 2003 ed oneri fiscali e previdenziali), attribuibile in misura paritaria a carico del sindaco dott. E.M. (che aveva nominato il sig. P. e che aveva preso parte alle deliberazioni giuntali nn. 146 e 150/2001, rispettivamente modificative del Regolamento Generale sull’ Ordinamento degli uffici e servizi con la previsione dell’ ufficio di staff per gli organi di governo (146/2001), ed istitutiva dell’ ufficio di staff (150/2001), ed il segretario comunale dott. S.B. che, in distonia dai suoi doveri di consulente giuridico dell’ ente locale, non aveva espresso il contrario avviso in ordine alla legittimità dell’ atto, aveva verbalizzato le suddette deliberazioni giuntali ed emesso parere di regolarità tecnica in materia.

Le difese dei convenuti, con argomentazioni analoghe, ad eccezione di alcuni profili relativi derivanti dalla titolarità dell’ ufficio, deducevano la necessaria dotazione extraorganica per il collaboratore esterno incaricato nell’ ufficio di staff del Sindaco e della Giunta, nel mentre la natura essenzialmente fiduciaria dell’ufficio di staff derogava ad ogni attività valutativa o selettiva, in deroga al principio del concorso per l’ accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, analogamente ad altre ipotesi dettate per le Amministrazioni Statali (art. 14 D.Lgs. 29/93, poi trasfuso nell’ art. 14 del D. Lgs. 165/2001).

Osserva, l’ autorità giudicante, che la collocazione del sig. P., nella specie, fosse da sussumere nell’ambito della dotazione organica.

La normativa di riferimento, infatti, prescrive che: “il regolamento sull’ ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco …. della Giunta o degli assessori, per l’ esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell’ ente ……. o da collaboratori assunti con contratti a tempo determinato…” (art. 90 del menzionato t.u. 267/2000), articolo corrispondente all’ art. 51, comma 7, l. 8 giugno 1990 n. 142, ora abrogata.

L’ art. 110 del menzionato testo normativo dispone che :

lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire (comma 1);

il regolamento sull’ ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Negli altri enti (non aventi in dotazione organica la dirigenza) il regolamento sull’ ordinamento degli uffici e servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all’ interno dell’ ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. In ambedue le ipotesi la legge stabilisce limiti quantitativi (comma 2).

Siccome si evince dalla disciplina ora pedissequamente riportata, la disciplina per l’ affidamento di contratti di collaborazione esterna è differente a secondo che si tratti di enti per i quali è prevista la dirigenza ovvero di enti il cui organico non prevede qualifiche dirigenziali.

Per ambedue le categorie il numero massimo dei contratti a tempo determinato è ragguagliato al 5% della dotazione organica, con l’ eccezione degli enti con dotazione organica inferiore alle 20 unità (per i quali non si può superare l’ unità).

Tuttavia mentre per gli enti per cui è prevista la dirigenza, la facoltà è limitata alle qualifiche dirigenziali ed alle alte specializzazioni, per gli enti privi di figure dirigenziali (siccome nel caso di specie) la previsione è estesa anche alle funzioni direttive, ma è subordinata alla assenza nel personale interno di analoghe professionalità.

Le figure designate dall’ art. 90 e dall’ art. 110, appare evidente, a meno che si pervenga ad un’ interpretazione abrogans dell’ art. 90, sono differenziate e attengono, la prima (art. 90) ad un’ ipotesi dotazionale, e la seconda (art. 110) ad un’ ipotesi extradotazionale.

L’ interpretazione letterale e logica della suddetta normativa induce ad affermare che la legge ha inteso limitare espressamente le fattispecie extradotazionali sotto un duplice profilo: a) da un canto individuando la quantità determinando un rapporto in termini di percentuale (al fine di mantenere un voluto equilibrio tra dotazione organica ed extraorganica); b) dall’ altro lato prevedendo un ulteriore requisito (qualifiche dirigenziali ed alte specializzazioni per gli enti con figure dirigenziali, assenza nel personale interno di analoghe professionalità per gli enti privi di figure dirigenziali).

L’ assenza dei menzionati presupposti fattuali e giuridici determina la operatività della ordinaria ipotesi dotazionale, nell’ambito della quale è da sussumere l’ ipotesi dell’ art. 90 t.u. 267/2000 attagliabile al caso di specie.

Il comando normativo dell’ art. 90 non permette, peraltro, come legittimamente afferma la parte attorea, di prescindere dalla valutazione della specificazione della categoria e del profilo professionale che, visti anche gli insegnamenti della Corte costituzionale, 28 luglio 1999 n. 364, la quale ha rimarcato la necessaria comparazione nello scrutinio dei soggetti aspiranti ad essere incardinati nella Pubblica Amministrazione, costituiscono fondamentali elementi di valutazione al fine dell’ inserimento di un soggetto nell’ organizzazione della Pubblica Amministrazione.

La presenza dell’ elemento fiduciario, che pur deve sussistere nell’ ambito di un rapporto di staff, pertanto, non prescinde da una oggettiva valutazione del curriculum vitae del soggetto preso in considerazione, anche al fine di collocare nell’ ambito della “macchina amministrativa” collaboratori in osservanza del fondamentale principio di trasparenza che deve connotare l’ attività dell’ Amministrazione.

Ora il curriculum vitae del sig. P., laureando in geologia al termine di un corso di studi non contingentato, peraltro, nei tempi fisiologici del corso di laurea, non prevedeva la laurea, necessaria ai sensi del CCNL di comparto del 31 marzo 1999 (visti anche gli artt. 8 e ss.) ed ai sensi dell’ art. 2, comma 6, d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, la cui applicabilità era stata confermata dal richiamo di cui all’art.70, comma 13, D.Lgs. 165/2001.

Ora la spesa sostenuta dall’ Amministrazione appare al di fuori dei canoni normativi previsti dalla normativa di riferimento e costituisce senza dubbio un danno erariale, non perché, come giustamente hanno riferito i legali difensori, ogni illegittimità amministrativa possa costituire danno erariale, quanto perché, nella specie, l’ Amministrazione, che pur aveva nell’ organico un altro soggetto incardinato nell’ ufficio di staff, in seguito ha provveduto, in difformità dalle regole dettate dai precetti normativi, ad incardinare presso l’ Amministrazione un soggetto, pur privo dei requisiti previsti dalla normativa di riferimento.

Acclarato l’ elemento oggettivo, e passando ad esaminare l’elemento soggettivo, sussiste l’ ipotesi della colpa grave.

La normativa applicabile al caso di specie non costituisce una disciplina di nuova emanazione, atteso che l’ art. 90, applicabile nel caso di specie, aveva una “vetustà” ormai decennale, in quanto corrisponde all’ art. 51, comma 7, della l. 8 giugno 1990 n. 142, e non può non osservarsi che l’ inserimento nell’ ufficio di staff del sindaco, al di fuori di qualunque attività selettiva ed in assenza del requisito della laurea, costituisce elemento soggettivo che configura, quantomeno, la colpa grave, in quanto adottato in violazione dei minimi criteri di diligenza che devono caratterizzare l’ attività di chi assume un mandato di pubblico amministratore (dott. E.M.) o di chi fa parte del corpo dell’ apparato burocratico (dott. S.B.), in aperta violazione delle comuni regole di prudenza.

Occorre ora, sussistendo l’ illecito erariale, provvedere alla quantificazione di esso.

Ha fondamento la deduzione degli odierni convenuti in giudizio di tener conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’ Amministrazione o dalla comunità interessata.

Nella quantificazione del danno, infatti, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’ Amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici sottoposti al giudizio di responsabilità (art. 1, comma ter l. 20/1994, siccome modif. dalla l. 639/1996).

Appare indubbio che il servizio prestato dal sig. P. abbia determinato una utilità per il Comune di S., e la utilità è conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto causativo dell’addebito contestato, per cui è un vantaggio economicamente valutabile: in termini Corte conti Sezione giurisdizionale Emilia Romagna 19 marzo 2002 n. 874 e 19 gennaio 1998 n. 12 Sez. Centr. III 11 maggio 1998 n. 126, Sezione giurisdizionale Regione Lombardia 24 giugno 1998 n. 1000; analogamente è evidente che le parti convenute in giudizio hanno assolto all’ onere della prova della sussistenza delle utilità dei vantaggi dell’ Amministrazione e della comunità interessata: cfr. la relazione del responsabile del Settore Economico e Finanziario del Comune di S., dott. G. (doc. n. 12).

Il vantaggio di cui si è giovata l’ Amministrazione può in maniera equitativa valutarsi nell’ ordine di circa il 50%, per cui il danno va quantificato nell’ ordine di € 25.000.

In riferimento alle singole posizioni, del sindaco e del segretario comunale, può affermarsi la responsabilità amministrativo–contabile per entrambi.

Priva di fondamento è la deduzione del sindaco, dott. M. il quale eccepisce che il sindaco svolge esclusivamente le funzioni di indirizzo politico dell’ ente, per cui costituisce obbligo del personale preposto al livello gestionale assicurare lo svolgimento dell’ azione amministrativa conformemente alla legge (nella specie i segretari comunali dott. B. sino al 16 maggio 2002 e dott. C. dal 18 settembre 2002).

Infatti la distinzione tra momento di indirizzo (riservato all’apparato politico) e momento di gestione (riservato all’ apparato burocratico), al fine della esenzione da responsabilità, non ha pregio nella specie.

A parere del Collegio al dott. M., in quanto al vertice dell’Amministrazione comunale di un comune di piccole dimensioni e, peraltro, firmatario della nomina del sig. P., è senza dubbio ascrivibile un comportamento causativo del danno, essendo, peraltro, le funzioni del sig. P. di stretta inerenza l’ attività di governo, e non di mera attività burocratica.

Non è invocabile, quindi, il principio di irresponsabilità degli organi politici, non essendo nella fattispecie, applicabile il principio della distinzione tra attività politica e attività degli uffici tecnici e amministrativi, ed avendo la Giunta, ed in primis il sindaco, al di là di meri aspetti formali, il controllo e la vigilanza degli uffici nella specie.

Nella vicenda il ridotto grado di partecipazione, inidoneo a fondare la responsabilità amministrativa degli altri componenti della Giunta, è sufficiente a radicare in capo al dott. M. la responsabilità amministrativa avendo l’ attività svolta (nomina dell’incaricato), una attività meramente amministrativa posta in essere dalla Giunta (con responsabilità per il solo dott. M., non avendo la colpa degli altri componenti superato la soglia di gravità costituente elemento della responsabilità amministrativa), e non avendo avuto l’ attività natura politica o, comunque, di indirizzo generale o programmatorio.

Va, pertanto, esclusa la responsabilità amministrativa per gli altri componenti della Giunta a cui, pur avendo essi deliberato per la nomina negli uffici di staff, non è ascrivibile la colpa grave connotata da una rilevante difformità, valutata ex ante, tra la condotta esigibile ed il comportamento nella fattispecie posto in essere: cfr. Sezione giurisdizionale Regione Piemonte 25 febbraio 1999 n. 354.

Sussiste anche la responsabilità per il segretario comunale, nel cui mandato sono stati realizzati i presupposti fattuali e giuridici fondanti la responsabilità erariale, mentre appare del tutto marginale e residuale il subentro del nuovo segretario comunale, dott. C. avendo avuto, quest’ ultimo, la titolarità delle funzioni mentre era ormai efficace il contratto tra il Comune ed il sig. P. .

Sussiste, pertanto, responsabilità anche per il sig. B., avendo lo stesso, in difformità dai suoi doveri istituzionali, reso attività di consulenza fondante l’ attività dell’ Amministrazione che, in seguito, determinò il danno erariale.

Peraltro tenendo conto sia dell’ astratta responsabilità che dei possibili concorsi di colpa di coloro che hanno partecipato all’ attività amministrativa (altri componenti della Giunta ed il dott. C., segretario comunale sopravvenuto all’ odierno convenuto in giudizio) (corresponsabilità da quantificare nella misura del 10%), cfr. Sez. III Centr. 28 gennaio 2003 n. 24/A secondo cui, attesa la necessità di ripartizione dell’ addebito tra tutti i concorrenti, ai sensi dell’ art. 1, comma 1 quater l. 14 gennaio 1994 n. 20, il giudice contabile deve pronunciare in tal senso, tenendo conto di ogni apporto causativo del danno, anche se riconducibile a concorrenti mai chiamati in giudizio) sia dell’ utilità derivante all’Amministrazione dall’ essersi avvalsa in ogni caso delle prestazioni rese, siccome suddetto, cfr. Sez. III Centr. 1 aprile 2003 n. 141/A, nella misura del pari a circa il 50%, il danno da addebitare a carico dei convenuti in giudizio, in misura paritaria, è quantificabile complessivamente nella misura corrispondente a € 20.000, e singolarmente nella misura di € 10.000.

Il danno erariale, in siffatto modo quantificato, va così ripartito: a) € 10.000 a carico del dott. S.B.; b) € 10.000 a carico del sig. E.M.; oltre alle singole quote di addebito sono dovuti gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale della Regione Toscana - definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dal Sostituto Procuratore Generale nei confronti dei signori dott. S.B. ed E.M., contrariis reiectis, così decide:

accoglie per quanto di ragione la domanda e, per l’ effetto condanna a:

1) € 10.000 il dott. S.B., oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al soddisfo;

2) € 10.000 il dott. E.M., oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al soddisfo.

Condanna, altresì, i due responsabili in egual misura al pagamento delle spese processuali … omissis …

La redazione di megghy.com

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