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Tfr, compromesso all’italiana
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02/12/2005 articolo di ALAN FRIEDMAN
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Un compromesso per non decidere. Dopo
mesi di trattative, incontri con Confindustria e parti sociali,
con tanto accordi annunciati, il Governo ha rinviato di due
anni la riforma del Tfr. Non partirà, quindi, dal 1° gennaio
del 2006, ma dal 2008. Si tratta della riforma che dovrebbe rilanciare la seconda
gamba della previdenza complementare: i fondi pensione. In
pratica si danno sei mesi di tempo ai lavoratori per decidere
se trasferire la propria liquidazione in questi strumenti,
attraverso il meccanismo del silenzio assenso, oppure lasciarla
in azienda.
Secondo i primi calcoli 13 miliardi di euro che a pieno
regime potrebbero movimentare l’asfittico mercato dei
capitali italiani. Ecco perché si tratta di un’occasione
mancata.
Da una parte a risentirne saranno i giovani che dovranno
aspettare 24 mesi in più del previsto prima di avere
un’alternativa per rimpinguare le proprie pensioni.
Per i pensionati di domani si tratta quindi anche di un danno
economico.
Con il passaggio dal sistema di calcolo delle pensioni retributivo
a quello contributivo, infatti, l’assegno pubblico
non sarà superiore al 50% dell’ultima retribuzione.
La previdenza complementare mira a integrare questa percentuale
portandola intorno al 70%.
Ma soprattutto il rinvio rappresenta l’ulteriore occasione
mancata per dare un segnale chiaro. Dire: l’Italia
sta imboccando la strada delle riforme e guarda in avanti
alle forme di capitalismo più sviluppate.
Trasferire la liquidazione dei lavoratori nei fondi pensione
significa immettere nuove liquidità sul mercato. I
fondi, infatti, inizierebbero a investire nelle società quotate
più solide e competitive e incentiverebbero, di conseguenza,
la quotazione delle piccole e medie imprese di cui l’Italia è ricca.
Un toccasana per il Belpaese.
Ma prima di vedere tutto ciò bisognerà aspettare
ancora. Dichiarazioni formali a parte, a intralciare la riforma
sarebbero state le lobby delle assicurazioni che non vedevano
di buon occhio il diverso trattamento tra fondi pensioni
chiusi, quelli di origine sindacale, rispetto ai fondi aperti
e alle polizze assicurative.
E alla fine si è scelto di non decidere. Di rinviare
la riforma di altri due anni dando un'ulteriore dimostrazione
di compromesso all’italiana: dove il peso delle nicchie
spesso e volentieri prevale sugli interessi collettivi.
ALAN FRIEDMAN
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