Lo Stato
Lo Stato della Città del Vaticano è sorto
in base ai presupposti giuridici che furono creati dal
Trattato del Laterano, ovvero la Conciliazione stipulata
un mattino di pioggia del 1929, l'11 febbraio, tra l'Italia
rappresentata dal suo capo del governo Benito Mussolini
e la Santa Sede rappresentata dal cardinale Gasparri che
firmarono l'atto con una penna d'oro benedetta da Papa
Pio XI: dopo 59 anni l'Italia ed il Vaticano riconoscono
reciprocamente di essere due Stati sovrani, e pongono
fine a quella guerra fredda iniziata nel 1870 con l'ingresso
a Roma delle truppe del re Vittorio Emanuele II, quando
il Papa, protetto dalle forze militari pontificie, si
asserragliò dentro le mura Vaticane.
STORIA VATICANO
Il Trattato del Laterano
Il Trattato del Laterano (GAZZETTA UFFICIALE,
5 giugno 1929, n. 130 (Straordinario) ed ACTA APOSTOLICAE
SEDIS Commentarium Officiale, anno XXI, vol. XXI, n. 6,
7 giugno 1929) tra Santa Sede e Italia poneva termine
alle tante ipotesi territoriali che dal 1870 erano state
proposte per risolvere la Questione Romana. Concedere
o meno un territorio alla Santa Sede per il suo compito
spirituale nella realtà temporale fu uno degli
aspetti della Questione Romana che fino ai Patti del 1929
suscitò entusiasmi ed opposizioni. Il possesso
di un territorio non era un tentativo di rinascita dello
Stato Pontificio, bensì assicurare l'indipendenza
al magistero papale messo in pericolo con la conquista
italiana, ossia con la debellatio dello Stato Pontificio.
La legge delle Guarentigie (1871) doveva
dare una prima composizione giuridica alla Questione Romana
e definire i rapporti con lo Stato italiano. La soluzione
della Questione Romana non si prospettava altrimenti da
una trasformazione in stato di diritto della situazione
de facto creatasi dopo la conquista di Roma, ossia alla
concessione della sovranità sulla città
leonina, dal Colle Vaticano fino alle rive del Tevere.
La Legge delle Guarentigie concesse in uso, senza sovranità,
i cosiddetti Palazzi Apostolici per cui da quel momento
iniziò il volontario esilio del Papa.
La Santa Sede desiderava risolvere la questione
con un documento bilaterale, cosa che non era nei desideri
dell'Italia come fu evidenziato anche durante i colloqui
per il Trattato di Versailles ed in ambito della Società
delle Nazioni. Ciò venne avvalorato nel 1925 con
il progetto di una semplice riformulazione della legge
delle Guarentigie nel quale venivano dichiarate proprietà
inalienabili della Santa Sede le residenze non occupate
nel 1870. Comunque, non si configurava una sovranità
assoluta su un territorio.
Nel 1926 Mussolini iniziò delle trattative
segrete con la Santa Sede e la cronaca di queste ha un
validissimo aiuto nel diario di Francesco Pacelli, fratello
di Pio XII, che trattò per conto del Vaticano.
Un simile documento, per quanto se ne sappia, non fu redatto
da Domenico Barone, plenipotenziario italiano.
Pacelli incontrò per la prima volta
Barone nell'agosto 1926 dopo essere stato autorizzato
dal Pontefice a trattare solo se si fosse riconosciuta
la sovranità assoluta su un territorio. Da parte
italiana la condizione per l'inizio delle trattative fu
che il Papa dichiarasse che colla soluzione della Questione
Romana fossero escluse future rivendicazioni territoriali.
Le pregiudiziali furono poste a fondamento delle trattative.
Superati i problemi procedurali, lo status
del futuro territorio divenne la prima questione da risolvere.
Per problemi pratici (dove insediare, ad
esempio, le delegazioni straniere presso la Santa Sede?)
nel settembre 1926 si pensò all'unione di Villa
Doria Pamphilj al Colle Vaticano. Comunque, agli inizi
di ottobre il Segretario di Stato Card. Gasparri informò
Pacelli che molti cardinali ritenevano pratico un territorio
il più piccolo possibile per non avere problemi
nel governarlo.
Nell'ottobre 1926 i plenipotenziari procedettero
ad un'ispezione dei luoghi intorno al Vaticano per delimitarne
il territorio. Barone ritenne attuabile il congiungimento
del Vaticano con Villa Doria Pamphilj ed a tal proposito
propose l'assegnazione di Villa Abamelek e delle aree
non edificate situate a sinistra della Via Aurelia. Mussolini
accettò la proposta di Barone ed a seguito di ciò
si indicarono i primi nomi della nuova entità statale:
Città Papale, Città del Papa, Città
libera del Vaticano, Città del Vaticano o Civitas
seu Status Vaticani.
Nel dicembre 1926 la Santa Sede desiderava
la demarcazione del territorio per cui Barone incaricò
Cozza, Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici,
di redigerne un primo progetto. Alla fine del febbraio
1927 Mons. Borgongini consegnò a Barone la pianta
con il confine desiderato dalla Santa Sede e per fugare
il senso di 'prigionia' nel territorio italiano (enclave),
in aprile venne chiesto, ma non concesso, un porto franco
a Fiumicino e la Torre Clementina.
Nel gennaio 1928, dopo lunghe trattative,
Barone ribattè alle richieste vaticane di allargamenti
al di fuori della zona del Colle Vaticano con la perentoria
limitazione della sovranità al solo Vaticano e
con l'extraterritorialità per Villa Doria Pamphilj.
La soluzione non fu gradita dal Pontefice che minacciò
di bloccare le trattative. Comunque, nell'aprile 1928
Barone consegnò a Pacelli la planimetria della
zona ceduta in sovranità e quella in proprietà
extraterritoriale. La pianta indicava una zona di circa
48 ettari in piena sovranità e la zona nella Villa
Doria Pamphilj che il Governo italiano era disposto a
cedere alla Santa Sede col privilegio della extraterritorialità
come la zona intermedia tra la villa ed il Vaticano. Era
esclusa la sede stradale di Via Aurelia antica pur concedendo
alla Santa Sede di costruirvi dei ponti per assicurare
la comunicazione interna. In risposta il Vaticano richiese
una zona circostante alla Stazione di San Pietro, anch'essa
non concessa.
Dalla metà del 1928 sembra che la
Santa Sede inizi a ridurre le pretese territoriali, specie
quelle con piena sovranità. Infatti, alla fine
di giugno il Pontefice manifesta l'intenzione di limitarsi
alla sovranità solo sul Vaticano. A metà
agosto è pronta la nuova planimetria delle tre
zone: Vaticano, Villa Doria Pamphilj e zona intermedia.
Ma, dopo pochi giorni, la Santa Sede decide di restringersi
definitivamente al solo Vaticano.
Nella bozza di dicembre del trattato si
inizia a chiamare il territorio Città del Vaticano
e si ha la quasi definitiva stesura di quello che sarà
l'articolo 3 che definirà l'ambito territoriale
del nuovo Stato.
Nel gennaio 1929 muore Barone e Mussolini
avoca a sè le trattative incontrando Pacelli. Nella
bozza redatta durante l'incontro l'articolo 3 non subisce
variazioni, mentre nella bozza del 19 gennaio si fa riferimento
solo a catene di metallo senza plutei per delimitare esternamente
Piazza San Pietro.
Il 6 febbraio si svolse una seduta in casa
Mussolini alla quale parteciparono Consiglio, Cozza, Pacelli
e Rocco, e durante la quale si esaminarono le piante disegnate
da Castelli, per conto della Santa Sede, d'accordo con
Cozza. Dal verbale della seduta si legge che Mussolini
permette la rettifica del confine in Piazza del Risorgimento
con l'inclusione dell'edificio di una scuola, concede
una piccola striscia davanti al Palazzo del Sant'Uffizio
e lo sgombro e sistemazione a verde (senza cessione nè
in sovranità nè in proprietà) delle
zone di terreno tra i bastioni delle mura vaticane. Nella
stessa seduta venne concordata una nuova bozza di trattato
nella quale scompaiono i limiti del colonnato con le catene.
Il giorno dopo Pacelli, Mussolini e Cozza
si recarono a visitare i dintorni del Vaticano per un
ultimo sopralluogo.
Probabilmente, la sera stessa Mussolini
comunica al re che davanti al Palazzo del Sant'Uffizio
era stata richiesta una striscia di strada per farvi una
cancellata di protezione. Egli riteneva la questione di
poca importanza e concludeva che la Città del Vaticano
coincide col Vaticano allora concesso, in base alla Legge
delle Guarentigie del 1871.
Quando tutto sembrava definito, il giorno
prima della firma, Pacelli fu convocato dal Papa, il quale
lo informava essere più conveniente lasciare il
Palazzo del Sant'Uffizio, l'Oratorio di San Pietro, il
Museo Petriano e le zone adiacenti fuori dal territorio
della Città del Vaticano, limitandosi a chiederne
il privilegio di extraterritorialità. Ciò
eliminava il fatto non secondario di avere nel territorio
vaticano proprietà private come il Collegio Teutonico
e l'Oratorio di San Pietro. La notizia coglie di sorpresa
la parte italiana e la zona venne subito concessa in extraterritorialità.
Nell'informare il re Mussolini scrisse che la Città
del Vaticano corrisponderà alla situazione creatasi
dopo la proclamazione del Regno d'Italia del 1870.
Il confine sanzionato dal Trattato fu definito
nell'articolo 3:
"L'Italia riconosce alla Santa Sede
la piena proprietà e la esclusiva ed assoluta potestà
e giurisdizione sovrana sul Vaticano, com'è attualmente
costituito [...] creandosi per tal modo la Città
del Vaticano [...] I confini di detta Città sono
indicati nella Pianta che costituisce l'Allegato I°
del presente Trattato, del quale forma parte integrante.
Resta peraltro inteso che la Piazza di San
Pietro, pur facendo parte della Città del Vaticano,
continuerà ad essere normalmente aperta al pubblico
e soggetta ai poteri di polizia delle autorità
italiane; le quali si arresteranno ai piedi della scalinata
della Basilica [...].
Quando la Santa Sede, in vista di particolari
funzioni, credesse di sottrarre temporaneamente la piazza
di San Pietro al libero transito del pubblico, le autorità
italiane, a meno che non fossero invitate dall'autorità
competente a rimanere, si ritireranno al di là
delle linee esterne del colonnato berniniano e del loro
prolungamento".
Nel primo comma non si descrive testualmente il confine
(lungo circa 3.5 km) pur essendo il compito facilitato
dal tessuto urbano di Roma che avrebbe fornito univoci
punti di riferimento. Si consideri, inoltre, l'esigua
estensione del territorio (circa 0.44 km²) per cui
alcune foto aeree avrebbero permesso la produzione di
una cartografia più adeguata di quella allegata.
Subito è da notare che tra le riproduzioni
nei due Stati della pianta generale allegata al Trattato
è presente una discrepanza. Negli ACTA APOSTOLICAE
SEDIS il triangolo mistilineo a nord del Colonnato Berniniano
ed immediatamente a ridosso del Passetto è tratteggiato
a significare territorio vaticano, mentre la stessa zona
non è tratteggiata sulla GAZZETTA UFFICIALE.
Il secondo comma dell'articolo delinea il
particolare status giuridico, se non unico, di Piazza
San Pietro. La piazza è territorio vaticano, ma
la zona fino ai piedi della scalinata del sagrato è
sotto la giurisdizione delle Autorità italiane
che si ferma lungo una linea che lambisce ad est il sagrato,
dal Braccio di Carlo Magno a sud a quello del Bernini
a nord. Sul luogo, in corrispondenza di questi due ultimi
punti, non si nota alcun segno. Ci si aiuta, forse, utilizzando
l'allineamento tra i due plutei all'estremità orientale
della scalinata o i piedistalli delle due statue, di San
Pietro e San Paolo.
Il terzo comma definisce territorio vaticano
la zona all'interno del bordo esterno dei bracci del Colonnato
Berniniano e loro prolungamento. Si parla di linee esterne
non specificando bene cosa siano. L'unico modo per capirne
il significato è quello di conoscere la situazione
del Colonnato a quell'epoca: il livello della strada arrivava,
in base a foto dell'epoca, alla base del plinto delle
colonne. Ciò giustifica la linea continua della
pianta dell'Allegato I.
Correndo la linea di confine lungo il lato
esterno del plinto delle colonne del filare esterno, vengono
a trovarsi in territorio italiano le colonne dei propilei
del Colonnato rivolte verso Via della Conciliazione, il
cornicione e gli scalini esterni.
Tutto questo è giustificato dall'articolo 7 del
Trattato che, secondo il diritto internazionale, vieta
il sorvolo non autorizzato del territorio vaticano. La
prassi dell'epoca e la Convenzione di Parigi del 1919
ci dicono che i confini aerei laterali, ossia quelli che
delimitano esternamente la colonna d'aria sovrastante
il territorio terrestre, erano dei piani verticali con
il piede sulla linea di confine terrestre. Con questo
stato di cose ci troviamo davanti ad un monumento diviso
tra due Stati in maniera non omogenea. Situazione simile
con l'Aula delle Udienze Paolo VI situata a cavallo tra
territorio vaticano e zona extraterritoriale del Sant'Uffizio
ed adiacenze che, comunque, è territorio italiano.