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SENTENZE DANNO ESISTENZIALE
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Tribunale di Venezia, Sez. III Civ., 7 aprile 2003 [Furto di opere d'arte]

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Trib. di Venezia, Sez. III Civ., 7 aprile 2003 [Giud. Simone]

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 20.02.98 Pulvirenti Giuseppe evocava in giudizio dinanzi alla Pretura Circondariale di Venezia, la Co.Di.Ve. s.c.a.r.l. per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del furto di cinque sculture di sua realizzazione e di sua proprieta' oltre che per il danneggiamento di un’ulteriore scultura denominata “Ionica”. Esponeva l’attore che, in seguito ad un’esposizione delle opere avvenuta a Venezia nel febbraio del 1997, la convenuta cooperativa era stata incaricata del trasporto delle sculture dal luogo della mostra al suo domicilio in Roma. Sta di fatto che durante il detto trasporto, delle sei opere consegnate al vettore quattro erano state trafugate, mentre una quinta era rimasta danneggiata.
Tanto esposto l’attore chiedeva che, accertata la responsabilita' della Co.Di.Ve., la stessa fosse condannata al risarcimento di tutti i danni subiti per la riparazione della scultura denominata “Ionica”, per la perdita del valore di mercato correlabile alle opere sottratte, oltre al pregiudizio derivante dall’impossibilita' di documentare il suo percorso artisitico.
Si costituiva la Co.Di.Ve. s.c.a.r.l. e resisteva alla domanda proposta eccependo la propria carenza di legittimazione passiva nei confronti dell’attore in quanto la stessa non aveva mai intrattenuto alcun rapporto col Pulvirenti, destinatario del trasporto, ma unicamente con la Galleria Nuova Icona, in qualita' di mittente. Eccepiva inoltre la convenuta l’estinzione dell’azione nei confronti del vettore per la mancata denuncia del furto-danneggiamento nel termine di cui all’art.1698 c.c.. Contestava in ogni caso la convenuta la quantificazione dei danni prospettata dall’attore, affermando che per il computo degli stessi era necessario fare riferimento alla disciplina delle tariffe a forcella di cui all’art.1 L.450/85 per il trasporto su strada e all’art. 423 cod. nav. per quello via acqua. Notava infine la convenuta di non aver eseguito personalmente il trasporto dei colli, ma di essersi avvalsa dell’opera di Paganuzzi Andrea per il trasporto via acqua e della Collodo Autotrasporti s.p.a. per quello via terra, chiedendo quindi il differimento dell’udienza ex art. 180 c.p.c. al fine di procedere alla chiamata in causa degli stessi, dai quali chiedeva di essere manlevata.
Si costituiva la terza chiamata Collodo s.p.a. e resisteva alla domanda proposta nei suoi confronti, eccependo l’estinzione dell’azione ex art.1698 c.c. sia nei confronti del vettore Co.Di.Ve., sia nei confronti del subvettore Collodo. Affermava inoltre la terza chiamata che la responsabilita' per l’avaria della scultura denominata “Ionica” doveva imputarsi ad un vizio d’imballaggio ad essa estraneo e contestava infine la quantificazione dei danni operata dall’attore, ritenendo che nel caso trovasse applicazione la limitazione al risarcimento di cui all’art.1 L.450/85.
Il Paganuzzi, sebbene ritualmente evocato in giudizio, non si costituiva ed era dichiarato contumace all’esito dell’udienza ex art. 180 c.p.c.
A seguito di istruttoria documentale, disposta consulenza tecnica d’ufficio, la causa, previa riassegnazione al nuovo istruttore, per effetto della soppressione dell’Ufficio del Pretore disposta dall’art. 1 d.lgs. 51/98, sulle conclusioni epigrafate era trattenuta in decisione all’udienza del 05.07.02, concedendosi i termini per il deposito degli atti difensivi ex art. 190 c.p.c.
In comparsa conclusionale 18.10.02 la terza chiamata dichiarava l’intervenuto fallimento della Collodo s.p.a e per l’effetto il Giudice con ordinanza 12.11.02 dichiarava l’interruzione del processo.
A seguito di ricorso per la riassunzione presentato il 05.12.02 dall’attore nessuno si costituiva per il Fallimento Collodo e la causa veniva nuovamente trattenuta in decisione all’udienza del 17.01.03, con rinuncia delle parti costituite al termine per il deposito delle comparse conclusionali.

Motivi della decisione

1) Deve essere dichiarata la contumacia del Fall.to Collodo Autotrasporti s.p.a., ritualmente evocata in giudizio a seguito della riassunzione fatta dall’attore con ricorso notificato il 21-12-2002.
Si deve in via pregiudiziale rilevare l’improcedibilita' ex art. 52 R.D. 267/42 della domanda di manleva proposta dalla convenuta Co.Di.Ve. nei confronti della terza chiamata Collodo Autotrasporti s.p.a., se e in quanto non rinunciata, poiche' intervenuto il fallimento di quest’ultima, i crediti azionati avverso la stessa devono essere accertati nell’ambito della sede concorsuale.
Da cio' deriva che la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria, se proposta prima dell'inizio della procedura concorsuale, diventa improcedibile, e tale improcedibilita' e' rilevabile d'ufficio, discendendo da norme inderogabilmente dettate a tutela del principio della par condicio creditorum (cfr. Cass. 15/05/2001, n.6659; 2/2/2001, n.1511; 11/04/1997, n.3161).
In ogni caso, quand’anche si dovesse opinare per la soluzione opposta a quella sopra indicata, rispetto alle domande in esame, sempre per effetto della dichiarazione di fallimento, sussiste la competenza funzionale del Tribunale fallimentare ai sensi dell’art. 24 R.D. 267/42.
Infatti, per costante giurisprudenza del Supremo Collegio deve essere riconosciuta la competenza funzionale del Tribunale fallimentare, non soltanto in relazione a tutte le domande che traggono origine dal dissesto, ma anche a quelle che comunque investono, o restano influenzate, dal fallimento, poiche' debbono trovare il loro svolgimento nella procedura fallimentare per assicurare l'unita' della esecuzione concorsuale. Fra tali domande si annoverano anche quelle di accertamento in quanto siano dirette a porre in essere il presupposto di una successiva sentenza di condanna (cfr. Cass., 25-7-1997, n. 6976; 28-12-1994, n. 11235; 14-10-1988, n. 5602).
Nel caso di specie deve esser affermata, quindi, la competenza esclusiva del Tribunale Fallimentare di Bolzano (da cui e' stata pronunciata la sentenza dichiarativa del fallimento) per essere la procedura concorsuale la sede di accertamento di ogni credito in conseguenza del concorso dei creditori sul patrimonio del fallito.
Sempre in via pregiudiziale di rito, se ed in quanto non rinunciata, deve essere disattesa l’eccezione d’incompetenza per valore dedotta dalla convenuta. A partire dal 2 giugno 1999, data in cui e' divenuto efficace il d.leg. 51/98 (cfr. gli artt. 1 e 247, come modificato dall’art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188), l’ufficio del Pretore e' stato soppresso. Ai sensi dell’art. 132, comma 1, d.leg. 51/98 i procedimenti pendenti dinanzi al Pretore (al 2 giugno 1999) sono definiti dal Tribunale in base alle disposizioni introdotte dallo stesso decreto legislativo. In tali procedimenti le udienze fissate davanti al Pretore per una data successiva al 2 giugno 1999 si intendono fissate dinanzi al Tribunale per gli stessi incombenti (art. 132, comma 2, d.leg. 51/98).
Rispetto ad un siffatto impianto fanno eccezione i procedimenti, per i quali sia prevista la persistente applicazione delle disposizioni anteriormente vigenti (cfr. l’art. 42 d.leg. 51/98), da identificarsi, in base all’art. 133, comma 1, d.leg. 51/98, con quelli in cui alla data del 2 giugno 1999 siano state precisate le conclusioni, ovvero la causa sia gia' stata trattenuta in decisione. Tali ultimi procedimenti sono definiti dal
Pretore sulla base delle disposizioni precedenti, salvo che la causa sia rimessa in istruttoria. In tale evenienza, in base all’art. 133, comma 2, d.leg. 51/98 la causa e' definita dal Tribunale sulla base delle disposizioni introdotte dal d.leg. 51/98 secondo quanto stabilito dall’art. 132, comma 2, d.leg. 51/98.
In quest’ordine normativo, in virtu' della disposizione speciale contenuta nell’art. 132 d.leg. 51/98, atta a derogare al principio racchiuso nell’art. 5 c.p.c. in tema di perpetuatio iurisidictionis, l’odierno procedimento, in quanto pendente dinanzi al Pretore alla data del 2-6-1999, deve essere definito dal Tribunale in base alle disposizioni del cennato decreto legislativo, con il conseguente venir meno della dedotta incompetenza per valore per effetto dell’abrogazione dell’art. 8 c.p.c. (cfr. l’art. 49 d.leg. 51/98) e della modifica dell’art. 9 c.p.c. (cfr. l’art. 50 d.leg. 51/98), a mente del quale il Tribunale e' competente per tutte le cause che non siano di competenza di altro giudice. A cio' s’aggiunga che se il legislatore avesse inteso rendere inapplicabile lo ius superveniens ai giudizi
in corso in virtu' dell’art. 5 c.p.c. non avrebbe avuto alcun bisogno di prevedere l’eccezione di cui all’art. 132 d.leg. 51/98 (cfr. in senso favorevole all’applicazione dello ius superveniens, ossia del d.leg. 51/98 ai procedimenti pendenti alla data del 2 giugno 1999, Cass. 28 settembre 2000, n. 1044/SU; 7 novembre 2000, n. 14488; 22 gennaio 2001, n. 892; 3 luglio 2001, n. 8992).

2) Nel merito, la domanda proposta dall’attore e' fondata per le ragioni di seguito indicate. Deve ritenersi pacifico sulla base della documentazione prodotta che in data 21.02.97, Andrea Paganuzzi si reco' per conto della Co.Di.Ve. presso la Galleria Nuova Icona di Venezia, al fine di ricevere e trasportare via acqua tre colli contenenti complessivamente sei sculture del Pulvirenti, tutte identificate nella dichiarazione allegata alla lettera di vettura (doc.1 attoreo). Altrettanto pacifico deve ritenersi che il furto delle opere d’arte avvenne mentre i colli erano nella disponibilita' del Paganuzzi, il quale ha riferito in sede di denuncia di aver ormeggiato la barca e di essersi recato a consumare il pranzo in piazzale Roma per poi accorgersi al ritorno della sparizione di un collo (cfr. il doc. del fascicolo di parte convenuta, nonche' il doc. 3 del fascicolo Collodo).
Cio' chiarito in punto di fatto, mette conto evidenziare che l’attore ha agito nei confronti della Co.Di.Ve. in qualita' di destinatario al fine di ottenere il ristoro dei danni connessi alla sottrazione delle quattro sculture ed al danneggiamento di una quinta denominata “Ionica”, affidate in custodia alla convenuta in forza del contratto di trasporto concluso con la stessa dalla Galleria Nuova Icona di Venezia. In quest’ordine d’idee, l’affermazione della convenuta, a cui dire essa sarebbe priva di legittimazione passiva in quanto estranea a qualunque rapporto con il Pulvirenti, non puo' essere condivisa.
Infatti, qualora mittente e destinatario siano, come nel caso de quo, soggetti diversi, il contratto di trasporto concluso dal primo col vettore si configura quale contratto a favore di terzo ex art. 1411 c.c., cui il destinatario aderisce per effetto della richiesta di riconsegna della merce trasportata (ex pluribus, Cass., 04-03-1986, n. 1355, Cass., 11-11-1988, n. 6081). Ai sensi dell’art.1689 c.c., tale richiesta, una volta arrivate le cose a destinazione o scaduto il termine di consegna, segna il momento a partire dal quale il destinatario si sostituisce al mittente nell’esercizio dei diritti e delle azioni nascenti dal contratto (Cass., sez. III, 04-10-1991, n. 10392), compreso quello di agire contro il vettore per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’avaria o della perdita del carico (Cass., sez. I, 18-04-1994, n. 3692).
Nel caso che ci occupa, quindi, non v’e' dubbio che tale legittimazione spetti al Pulvirenti (quale destinatario) nei confronti del vettore-Co.Di.Ve., a far tempo dal 13.03.97, data in cui l’attore chiese ed ottenne dal vettore la riconsegna delle opere trasportate, evidenziando l’assenza di un collo con l’apposizione della propria firma per ricevuta “di solo 2 (due) colli” sulla lettera di vettura (doc.8 attoreo). Anche con riferimento al danneggiamento della scultura denominata “Ionica” l’azione spetta, avvenuta la riconsegna, al destinatario, il quale ne denuncio' puntualmente l’avaria al vettore, come si dira' in seguito.
L’ulteriore eccezione di parte convenuta, secondo cui nessuna responsabilita' potrebbe esserle direttamente imputata non avendo essa eseguito personalmente il contratto di trasporto, deve essere disattesa. Infatti, la corretta qualificazione giuridica della fattispecie contrattuale scaturita dall’istruttoria documentale, evidenzia l’esistenza, nel caso in esame, di un contratto di trasporto e di due contratti di sub-trasporto. In particolare, il primo si concluse tra la Nuova Icona (mittente) e la Co.Di.Ve. (vettore), a favore di Pulvirenti (destinatario); i secondi si conclusero tra Co.Di.Ve. (sub-mittente) e, rispettivamente, Paganuzzi Andrea per una prima tratta e la Collodo Autotrasporti per la successiva (sub-vettori).
In sostanza, il mittente stipulo' il contratto di trasporto con un unico vettore (Co.Di.Ve.), il quale, a sua volta, si avvalse per la totale esecuzione del contratto di altri due vettori con cui concluse altrettanti contratti di sub-trasporto.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 1693 e 1228 c.c., il primo vettore e' pertanto contrattualmente responsabile nei confronti del destinatario (dopo la riconsegna) della perdita ed avaria delle merci, cagionate dal fatto colposo (grave) dei propri ausiliari (sub-vettori). In particolare la Co.Di.Ve. deve rispondere della sottrazione ad opera di ignoti delle quattro opere del Pulvirenti, sottrazione imputabile al fatto colposo del Paganuzzi, il quale, ricevutele in consegna (e quindi in custodia ex art.1693 c.c.) presso la Galleria Nuova Icona, le lasciava successivamente incustodite sul “paiolato” della propria imbarcazione per recarsi a pranzo (cfr. verbale di denuncia, doc. 2 del fascicolo della convenuta).
Ne' vale ad escludere una tale responsabilita' il comportamento tenuto dal mittente, il quale avrebbe, secondo la tesi di parte convenuta, omesso o non correttamente indicato la natura della merce trasportata ovvero il suo valore: nella dichiarazione della Nuova Icona, infatti, le opere d’arte oggetto del trasporto sono identificate come “sculture” e descritte singolarmente (cfr. doc. 1 del fascicolo di parte convenuta). L’omessa indicazione del loro valore, poi, non autorizza il vettore ad usare una diligenza inferiore a quella normale del buon padre di famiglia nell’esecuzione del contratto (Cass. 17-1-1989, n. 359), tanto piu' che nel caso in esame il vettore era comunque ben informato della natura della merce trasportata, il cui valore, sebbene non espressamente indicato, deve ritenersi, per comune esperienza, intrinseco.
Del pari La Co.Di.Ve. deve essere considerata responsabile per il danneggiamento della scultura denominata “Ionica”: la stessa fu infatti presa in consegna senza riserve e senza contestazione in ordine all’imballaggio dal Paganuzzi prima e dalla Collodo successivamente. Ai sensi dell’art. 1693 c.c., spetta al vettore dare la prova che l’avaria e' dipesa dalla natura o dai vizi delle cose trasportate o del loro imballaggio: detta prova non e' peraltro mai stata fornita in giudizio dal vettore Co.Di.Ve., ne' dai sub-vettori, sicche' la responsabilita' per il danneggiamento deve essere posta a carico della convenuta.
Per converso, tanto la perdita quanto l’avaria furono tempestivamente denunciate dal destinatario al vettore ai sensi del secondo periodo dell’art. 1698 c.c.: cio' emerge espressamente dalla raccomandata inviata dal legale del Pulvirenti alla Co.Di.Ve. in data 19.03.97 (doc. c) memoria istrutt. attorea), pertanto entro il termine di otto giorni dalla consegna (avvenuta il 13.03.97, cfr. lettera di vettura) prescritto dalla suddetta norma a pena di estinzione dell’azione.
Accertato l’inadempimento della convenuta mette conto provvedere alla determinazione dell’ambito delle conseguenze pregiudizievoli risarcibili. Si osserva innanzitutto come l’applicazione, nel caso in esame, della limitazione al risarcimento del danno prevista dagli artt. 1, commi 1 e 2 L. 450/85 per il trasporto terrestre sia esclusa dal dettato dell’art.1, comma 3 L.450/85, vertendosi in ipotesi di colpa grave del vettore. Il Paganuzzi, quale ausiliario del debitore, agi' con straordinaria ed inescusabile imprudenza, omettendo di osservare non solo la diligenza media del buon padre di famiglia, ma anche un grado minimo ed elementare di prudenza adottabile da una persona non particolarmente diligente quando lascio' le sculture incustodite sull’imbarcazione (come espressamente affermato dallo stesso nella denuncia di furto) senza adottare alcuna precauzione.
D’altro canto la stessa applicabilita' della invocata limitazione di responsabilita' e' smentita dal fatto che il trasporto in questione, in quanto avente ad oggetto opere d’arte, in base all’art. 59, lett. d), l. 298/74 esula dall’ambito di applicazione della normativa de qua.
Analogamente deve escludersi la limitazione di responsabilita' di cui all’art. 423 c.n., non essendo al cospetto di un trasporto da effettuarsi solo via acqua, ma con una pluralita' di mezzi.
Non trovando applicazione le suddette limitazioni, si deve provvedere alla liquidazione dei danni subiti dall’attore secondo i principi e le regole generali in tema di risarcimento, il quale ha, nel nostro ordinamento, in linea di massima la funzione di porre il danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l’evento lesivo. Tale finalita' viene conseguita in ambito contrattuale attraverso l’attribuzione di un equivalente in denaro, (tutte le volte in cui non sia possibile – come nel caso de quo – una reintegrazione in forma specifica), il quale deve ricomprendere, oltre al pregiudizio immediato e diretto ex art. 1223 c.c., anche il danno mediato, in quanto costituisca l’effetto normale dell’inadempienza secondo il criterio della regolarita' causale (Cass. 6325/87).
Nel caso in esame, dall’inadempimento deriva certamente in via immediata un danno patrimoniale correlato alla perdita delle quattro sculture e al danneggiamento di una quinta (la c.d. “Ionica”). Poiche' il danno consistente nella mancata riconsegna delle opere trasportate e nell’avaria e' costituito, rispettivamente, dal valore delle opere stesse al momento della mancata riconsegna (cfr. Cass. 27-07-1998, n. 7338) e dall’esborso necessario per la riparazione, alla luce delle indicazioni e delle stime compiute dal consulente d’ufficio nel suo elaborato, il cui contenuto deve intendersi in questa sede integralmente richiamato. Tale danno puo' essere equitativamente liquidato in Euro 19.000,00 quale valore delle opere trafugate e in Euro 2.390,00 quale esborso necessario per la riparazione della scultura danneggiata, cosi' da pervenire all’importo di Euro 21.390,00.
Ritiene il giudicante che nell’ipotesi in esame l’attore abbia risentito anche un danno, sempre eziologicamente riconducibile all’inadempimento della convenuta, incidente sulla sua sfera personale, e segnatamente sulla sua immagine artistica, come tale iscrivibile nella sfera di quel tertium genus (tra danno patrimoniale e danno morale) a cui appartengono le costruzioni del danno biologico e, piu' di recente, quello esistenziale. Piu' in chiaro, come gia' detto, una volta stabilito ex art. 1218 c.c. quale sia l’inadempimento imputabile, occorre provvedere a determinare ex art. 1223 c.c. l’ambito delle conseguenze risarcibili sulla base di un criterio di regolarita' causale o, meglio, di ricognizione del rischio coperto dalla prestazione se correttamente eseguita.
Non v’e' dubbio che per effetto della irreversibile sottrazione delle ridette opere, come ben evidenziato dal consulente, d’ufficio, l’attore ha visto irrimediabilmente sottratta una fetta del suo percorso artistico, trattandosi di “un gruppo di sculture assolutamente esemplari dell’intera produzione di un periodo determinato. La mancata possibilita' dell’artista di documentare una fase peraltro significativa della sua ricerca creativa aggrava il dato di per se' della perdita, la quale sottrae in effetti non solo al mercato, ma alla stessa conoscenza storico critica un consistente nucleo di lavori …” In altri termini, cosi' argomentando non si intende dar luogo ad una duplicazioni di poste risarcitorie, posto che il pregiudizio patrimoniale correlato alla impossibilita' di porre nel mercato (coperto dalla somma sopra indicata) e' affatto diverso dall’irreversibile perdita della possibilita' di documentare, non solo in senso cartaceo, una parte del percorso artistico dell’attore. Va da se' che al cospetto di un artista, data l’unicita' delle sue opere, la perdita in questione incide sulla piu' intima sfera personale, finendo per distruggere un tratto della sua esistenza.
Si badi che per questa via non si intende ipotizzare un concorso di responsabilita' contrattuale ed extracontrattuale, ne' tantomeno dare ingresso sul piano contrattuale a valore idiosincratici per definizione estranei al calcolo economico alla base di qualsiasi rapporto contrattuale. La scelta sopra enunciata si mantiene nell’ambito dell’art. 1225 c.c., poiche' sapendo la natura dei beni trasportabili il vettore avrebbe potuto rappresentarsi le conseguenze derivanti dalla sottrazione di beni per definizione infungibili.
Al riguardo, stimasi equa una valutazione di tale voce di danno nella misura di Euro 9.500, pari alla meta' del valore di mercato delle opere in questione.
Il danno complessivamente patito dall’attore, quindi, deve essere liquidato in Euro 30.890. Su tale somma, inoltre, saranno dovuti gli interessi compensativi, da calcolarsi sul capitale rivalutato di anno in anno, dalla domanda al saldo.
Quanto alla domanda di manleva proposta dalla convenuta nei confronti del sub-vettore Paganuzzi, per essere divenuta improcedibile quella azionata contro la Collodo, la stessa deve essere accolta, essendo certamente ascrivibile al comportamento gravemente imprudente e negligente del medesimo il danno patito dall’attore.
Il Paganuzzi, pertanto, dovra' manlevare la convenuta in relazione a quanto la stessa dovra' versare a titolo di risarcimento danni, con esclusione della sola voce relativa alle spese di riparazione della opera denominata “Ionica”, in difetto di prova circa il momento di verificazione del danno, e per spese.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Spese di C.T.U. a definitivo carico di parte convenuta.
Sentenza provvisoriamente esecutiva per legge.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe riportata, respinta ogni altra domanda o eccezione, cosi' provvede:
1) dichiara la contumacia del Fall.to Collodo Autotrasporti s.p.a.;
2) dichiara l’improcedibilita' della domanda svolta dalla Co.Di.Ve. s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., nei confronti della terza chiamata Collodo Autotrasporti s.p.a. per intervenuto fallimento di quest’ultima;
3) in accoglimento della proposta domanda, condanna la Autotrasporti Co.Di.Ve. s.c.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore di Pulvirenti Giuseppe della somma di Euro 30.890, oltre gli interessi compensativi, da calcolarsi sul capitale rivalutato di anno in anno dalla domanda al saldo;
4) condanna Paganuzzi Andrea a manlevare la Co.Di.Ve., in persona del legale rappresentante p.t., in relazione a quanto quest’ultima dovra' versare all’attore per le ridette causali per capitale, con esclusione della sola spesa per la riparazione dell’opera denominata Ionica, interessi e spese;
5) condanna la convenuta, in persona del legale rappresentante p.t., alla rifusione in favore dell’attore delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 2.378,09 di cui Euro 200,45 per spese, Euro 1.213,63 per diritti ed Euro 964,01 per onorari, oltre IVA e CPA se dovuti per legge;
6) condanna Paganuzzi Andrea alla rifusione in favore della convenuta, in persona del legale rappresentante p.t., delle spese di lite, liquidate, d’ufficio in assenza di nota, in complessivi Euro 2.000, di cui Euro 100 per spese, Euro 100 per diritti ed Euro 900 per onorari, oltre IVA e CPA se dovuti per legge;
7) spese di C.T.U. a definitivo carico di parte convenuta;
8) sentenza provvisoriamente esecutiva per legge.

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