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SENTENZE DANNO ESISTENZIALE
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Corte di Appello Milano, Sez. II Civ., 14 febbraio 2003 [Immissioni]
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Corte di Appello Milano, Sez. II Civ., 14 febbraio 2003 [Pres. Roberto Odorisio]

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 25.3.1994 Alfio Ciraldo e Paliasi Caterina convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Milano la societa' Centro Poligrafico di Milano s.r.l. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per l’asserita intollerabile rumorosita' degli impianti di stampa utilizzati dal settembre 1992 all’interno del capannone, sito in Rozzano, attiguo all’abitazione degli attori .
Esponevano gli istanti di avere proposto ricorso ex art. 700 c.p.c. davanti al Pretore di Milano che , previe le opportune indagini tecniche, aveva ordinato alla resistente di tenere chiusi i portoni e le finestre durante le ore lavorative e di far funzionare le macchine ad una velocita' massima di 4.500 copie all’ora per ridurre la rumorosita' a livelli tollerabili.
Chiedevano gli attori la conferma del provvedimento del Pretore e la condanna del Centro Poligrafico di Milano al risarcimento dei danni patiti a seguito delle immissioni rumorose dal 1992, all’epoca attuale.
Si costituiva il Centro Poligrafico di Milano contestando l’esistenza di rumorosita' molesta , asserendo di avere sempre lavorato con porte e finestre chiuse e di aver installato nel capannone anche l’impianto di ventilazione suggerito dal ctu .
Disposta ctu medico-legale, il Tribunale di Milano, con sentenza n. 2305 in data 22.12.1999/28.2.2000 , previo riconoscimento del superamento della soglia della normale tollerabilita' delle immissioni acustiche, condannava il Centro Poligrafico di Milano al pagamento , a titolo di risarcimento del danno, della somma di £ 4.000.000 a favore di ciascuno degli attori, oltre interessi al tasso medio ponderato del 6,8% dal settembre 1992 , oltre al pagamento delle spese processuali e di ctu.
Il Tribunale riconosceva che “costituisce nozione di comune esperienza che rumori che superino la soglia della normale tollerabilita' con carattere continuativo ( e non saltuario o occasionale) determinano stress, nervosismo, irascibilita', ossia una sensazione di malessere ed un’alterazione dell’equilibrio psico-fisico che , pur senza qualificarsi come vero e proprio danno biologico (effettiva menomazione dell’integrita' psico fisica soggetta all’onere della prova) puo' considerarsi comunque una lesione del diritto alla salute ed alla serenita' domestica, suscettibile di risarcimento”.
Avverso tale sentenza proponevano appello , con atto di citazione notificato in data 4.4.2000 il Centro Poligrafico di Milano s.r.l. eccependo l’erronea decisione del primo giudice che aveva accolto la domanda risarcitoria , nonostante il danno fosse stato escluso dalla ctu medico-legale rilevando anche come la durata delle immissioni, comunque contestata, andrebbe circoscritta in ambiti temporali inferiori a quelli stimati in sentenza, chiedendo , in riforma dell’impugnata sentenza , il rigetto della domanda e, in subordine, la rideterminazione in misura inferiore del danno, previa sospensione dell’efficacia della provvisoria esecutivita' della sentenza, con vittoria di spese del doppio grado di giudizio.
Si costituivano i convenuti , contestando i motivi addotti dall’appellante, insistendo per la conferma della sentenza del Tribunale.
Respinta l’istanza di sospensione dell’esecutivita' della sentenza, la causa passava , quindi, in decisione sulle conclusioni delle parti trascritte in epigrafe

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Il Centro Poligrafico di Milano non contesta l’illegittimita' delle immissioni , eccedenti la normale tollerabilita', ma dopo avere censurato la pronuncia del primo giudice per avere liquidato il danno , avendo la ctu medico-legale escluso qualsiasi danno accertabile medicalmente, richiede, nelle conclusioni rassegnate, in parziale riforma della sentenza, la riduzione della somma liquidata dal primo giudice(£ 4.000.000 ,oltre interessi), eventualmente con ricorso al criterio di equita' ex art. 1226 c.c…
Il Tribunale ha riconosciuto , anche in mancanza di accertamento di un danno alla salute accertabile con criterio medico legale, il risarcimento del danno alla serenita' familiare , in considerazione dello “stress, nervosismo, irascibilita', ossia una sensazione di malessere ed un’alterazione dell’equilibrio psico-fisico” dei coniugi appellati.
In relazione ai danni lamentati, deve ritenersi, cosi' come ritenuto dal Tribunale, conformemente alle conclusioni della ctu medico legale, che l’ipoacusia da cui e' risultato affetto il Ciraldo fosse da ascriversi a cause estranee all’attivita' della convenuta.
La progressiva accentuazione della finalita' riparatoria del macrosistema della responsabilita' civile, impone di considerare,a i fini della tutela, tutte le istanze del danneggiato, in relazione sia alle tradizionali fattispecie generatrici di danno, sia in relazione alle nuove forme risarcitorie emergenti.
A seguito di fatti illeciti ad opera di terzi che provochino nelle vittime, una alterazione dei normali ritmi di vita , insofferenza, ansia stress, ecc, , senza alcuna alterazione della salute medicalmente accertabile, e' stata riconosciuta dal Tribunale una lesione suscettibile di riparazione pecuniaria mediante risarcimento del danno.
Negli ultimi anni si e' assistito, soprattutto da parte della giurisprudenza di merito, ad un ampliamento dell’ambito di tutela del “valore uomo” la cui sfera di interessi, qualora si traduca in una violazione di diritti costituzionali,lesi da fatto illecito di terzi, viene garantita e tutelata , indipendentemente dall’accertamento di una lesione, sia fisica che psichica, accertabile medicalmente.
Ci si trova, nella fattispecie, di fronte ad un danno di natura psichica, non percettibile visivamente dal giudicante e, quindi, di difficile valutazione in mancanza di un accertamento medico-legale che ne attesti l’esistenza.
Non puo', tuttavia, disconoscersi la effettivita' del danno, ove provato o accertato, alla sfera psichica del danneggiato, come nella fattispecie, anche se , tuttora, permangono dubbi, da parte della giurisprudenza, sul riconoscimento della risarcibilita' del pregiudizio psichico subito, in mancanza di una lesione medicalmente accertabile.
Rileva la Corte come ai fini della completezza del sistema risarcitorio non debbono rimanere vuoti o spazi scoperti nella tutela di diritti soggettivi ,costituzionalmente garantiti, a seguito di alterazioni, non riconducibili al danno biologico, della personalita' del soggetto leso, avendo, comunque, diritto il danneggiato al ristoro integrale delle conseguenze pregiudizievoli nella sfera dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, conseguenti a fatto illecito di terzi.
La tutela risarcitoria, prevista in termini generali negli artt. 2043 cod. civ. e 2059 cod. civ., costituisce una sorta di convenzione , codificata dalla giurisprudenza, in mancanza di una normativa specifica, che , in sintesi, puo' essere determinata nella tripartizione: danno patrimoniale, danno non patrimoniale (per lungo tempo identificato nel danno morale), danno biologico.
In presenza di alterazioni fisiche o psichiche nel soggetto danneggiato, il danno non patrimoniale, per il combinato disposto degli artt. 2059 cod. cov. e 185 cod. pen. e' stato riconosciuto solamente in presenza di fatto-reato e il danno biologico, , la cui prima definizione legislativa si rinviene nella l. 5 marzo 2001 ,n. 57 (art. 3), sia pure in relazione alla normativa specifica , ma con valenza generale (“…per danno biologico si intende la lesione all’integrita' psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale) e' stato ritenuto risarcibile dalla prevalente giurisprudenza solamente in presenza di una lesione all’integrita' psico-fisica, medicalmente accertabile.
Restava fuori dal sistema risarcitorio il danno non patrimoniale , non risarcibile in mancanza di fatto reato e le alterazioni fisio-psichiche non rilevabili con criterio medico-legale,
Tali limitazioni risarcitorie potrebbero dar luogo a profili di incostituzionalita' sotto il profilo della parita' di trattamento (art. 3 della Cost.) , ove si pensi ad esempio alla non risarcibilita' del danno non patrimoniale in caso, statisticamente non infrequente, di presunzione di responsabilita' ex art. 2054 , comma secondo , cod. civ. che non consente il risarcimento del danno morale al danneggiato.
Il giudice, nell’interpretazione ed applicazione della legge , deve, tuttavia, privilegiare, ove non voglia rimettere la questione alla consulta, l’interpretazione costituzionalmente corretta.
Al riguardo dovra' essere approfondita dalla giurisprudenza, in mancanza di un intervento adeguatore del legislatore, la tematica della risarcibilita' del danno morale e , piu' in generale, del danno non patrimoniale, in caso di violazione di diritti costituzionalmente garantiti e , quindi, della possibilita' di riconoscimento del danno non patrimoniale oltre gli stretti confini del danno morale, anche in mancanza di fatto reato
Occorre, in tale sede, determinare , in presenza di fatti potenzialmente idonei a ledere diritti fondamentali dell’individuo, la soglia della tutela costituzionale.
In mancanza di una norma specifica che riconosca la tutela risarcitoria , nel caso di accertata violazione di diritti fondamentali dell’individuo, occorre che la violazione accertata abbia caratteristiche tali da costituire effettivo pregiudizio ai valori tutelati dalla Carta fondamentale, tali da incidere sulla loro mancata realizzazione. Costituisce attuazione dei principi costituzionali la piena tutela dei diritti della personalita', compressi, in misura apprezzabile, a causa di fatto illecito altrui, anche ove non accompagnata dalla lesione dell’integrita' psico-fisica medicalmente accertabile.
Appare netta, sotto il profilo sistematico, la distinzione tra il danno morale (che considera il dolore e le sofferenze, cd “pretium doloris”, ) , il danno biologico (lesione dell’integra' psico-fisica, suscettibile di accertamento medico-legale erisarcibile indipendentemente dalla capacita' di produzione di reddito del danneggiato ) ed il danno esistenziale (lesione della personalita' del soggetto nel suo modo di essere sia personale che sociale, che si sostanzia nella alterazione apprezzabile della qualita' della vita consistente in “un agire altrimenti” o in un “non poter piu' fare come prima”)
In particolare il danno morale attiene alla sfera esclusivamente personale del danneggiato ed alla sua sensibilita' emotiva , mentre il danno esistenziale fa anche riferimento all’ambiente esterno ed al modo di rapportarsi con esso del soggetto leso, nell’estrinsecazione della propria personalita' che viene impoverita o lesa.
Pertanto , in linea di principio, le tre voci risarcitorie potranno essere tutte individuabili , distintamente e cumulativamente, e potranno dar luogo, ciascuna, ad autonomo risarcimento
Occorre, tuttavia, evitare duplicazioni risarcitorie e sara', quindi, compito del giudicante specificare eventuali accorpamenti di danno sotto la voce del danno non patrimoniale o del danno biologico, che potrebbero anche essere liquidati comprensivi del cd. danno esistenziale.
Nella fattispecie in esame e' ravvisabile , nei confronti dei coniugi appellati, una violazione del diritto alla libera estrinsecazione della personalita' di entrambi, lesa a seguito di alterazione, ad opera di fatto illecito di terzi, delle loro quotidiane attivita', protrattasi per un arco temporale considerevole (circa due anni).
Tale diritto e' garantito dall’art. 2 della Costituzione, che tutela i “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singole che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita'”, e ricomprende anche le attivita' di svago, culturali , di intrattenimento, di riposo, di relax, ecc. che incidono , con modalita' e gradi diversi, conseguenti alla diversa sensibilita' individuale e struttura della personalita' , ove compresse in misura apprezzabile, nella sfera psichica del soggetto leso, alterando in misura non irrilevante l’ambito dei rapporti interpersonali (familiari sociali, culturali, affettivi,etc).
Trattasi di alterazioni non riconducibili direttamente ad una lesione psichica, accertabile medicalmente,ma che, tuttavia, appaiono suscettibili di tutela, provocando una alterazione del modo di essere dell’individuo che, se non assume rilievo sotto il profilo del danno psichico in senso stretto, connesso ad una vera e propria patologia, accertabile medicalmente, tuttavia lede diritti fondamentali dell’individuo , di rango costituzionale, che vanno tutelati dall’ordinamento, indipendentemente da limitazioni risarcitorie previste da singole leggi ordinarie.
Non assume particolare rilievo il”nomen iuris”” del danno, individuato dal Tribunale , in senso positivo, nella tutela della serenita' domestica e che puo' definirsi quale “danno esistenziale da inquinamento ambientale”.
E’, infatti, , la lesione della personalita' del soggetto che e' suscettibile di tutela, indipendentemente dallo specifico interesse leso che puo' anche non essere di diretta rilevanza costituzionale (si pensi ad esempio al danno esistenziale da vacanza rovinata), ma va tutelato ogni qual volta configuri alterazione della manifestazione della personalita', tutelata costituzionalmente ex art. 2 Cost..
Qualunque alterazione, purche' di valenza apprezzabile, di diritti che costituiscono ostacolo alla realizzazione della liberta' individuale va, quindi, tutelata dall’ordinamento.
Non e' soltanto il diritto alla serenita' domestica , nel ristretto ambito della propria abitazione, ad essere violato , ma anche la menomazione delle altre attivita' di svago, sociali e culturali che solitamente si svolgono al di fuori della abitazione familiare e costituiscono corollario alla libera estrinsecazione della personalita' che puo' essere lesa sia nell’ambito familiare e privato , sia esterno, cioe' sociale , culturale, ricreativo, senza che insorga necessariamente una vera e propria malattia psichica.
Il danno esistenziale e', quindi, individuabile , ove sia accertata una modificazioni peggiorative, purche', come gia' evidenziato, apprezzabile per intensita' e qualita', nella sfera personale del soggetto leso, tra cui va fatta rientrare la alterazione del diritto alla “ normale qualita' della vita” e/o “alla libera estrinsecazione della personalita'”.
Occorre anche che sussista il nesso di causalita' tra comportamento lesivo e danno che deve tradursi , oltre che nella consecutivita' temporale tra comportamento lesivo e danno, anche in un giudizio di proporzionalita' o adeguatezza tra il fatto illecito e le conseguenze dannose.

2) Il Tribunale ha anche ritenuto che non vi sia prova certa e dimostrabile con criterio medico legale tra la rumorosita' ambientale e l’episodio di autolesionismo (tentato suicidio) posto in essere dalla Paliasi.
Nella documentazione clinica dell’Ospedale San Paolo, ove l’appellata e' stata ricoverata si legge che “ha sempre goduto di buona salute, da un mese e' in situazione stressante per cui non puo' dormire, sembra che per riuscire a dormire abbia ingoiato 18 capsule di Tavor ed un flacone di Novalgina” (doc. 4), riferendo allo psichiatra dell’Ospedale San Paolo che il Tavor le era stato prescritto dal medico curante nel settembre del 1992 “perche' da quel periodo in poi una fabbrica proprio vicino all’abitazione della paziente inizio' a lavorare giorno e notte impedendo il riposo” (doc. 4).
Deve pertanto ritenersi probabile il nesso eziologico tra tentato suicidio e l’eccessiva rumorosita', anche se agevolato dalle particolari condizioni psichiche del paziente, pur non potendosi ritenere, in base ad una valutazione prognostica fondata sul”id quod plerunque accidit”, quale conseguenza logica e casualmente collegata alle immissioni rumorose il tentativo di suicidio della vittima
Occorre, quindi, accertare se l’evento (tentato suicidio) , ancorche' collegabile, in rapporto di connessione causale con le immissioni rumorose, possa essere posto a carico del danneggiante, a titolo di responsabilita'.
La questione controversa concerne la imputabilita' al danneggiante dei danni psichici agevolati dalla predisposizione della vittima .
Va escluso che lo stato di particolare debolezza emotiva della vittima possa determinare una attenuazione della responsabilita' o una riduzione del risarcimento, ma cio' solamente qualora il fatto sia ritenuto sufficiente a provocare il danno psichico, in base ad un giudizio di valore che si fondi sul senso comune.
Solamente in tal caso , anche se la vittima versi in uno stato di particolare sensibilita' emotiva che dia causa a danni psichici piu' gravi di quelli prevedibili, questi ultimi debbano essere risarciti integralmente e sempre che si provi che le ripercussioni psichiche negative, pur accertate, siano riconducibili causalmente al fatto illecito.
Ove ricorra tale evenienza il risarcimento del danno e' integrale, indipendentemente dalle pregresse condizioni psichiche del soggetto.
Ai fini della imputabilita' al danneggiante occorre , tuttavia, accertare il nesso di causalita' “adeguato” tra fatto illecito ed evento , acclarando se il primo (immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilita' ) sia astrattamente idoneo a provocare l’evento (tentativo di suicidio).
Nel caso di specie non sussistono tali condizioni in quanto deve ritenersi, in base al senso comune, che la percezione sensoriale della l’eccessiva rumorosita', non possa cagionare, in termini generali, un impatto emotivo tale da causare nella vittima una alterazione psichica talmente intensa da spingerla al suicidio
Va, quindi, esclusa l’imputabilita' al danneggiante del tentato suicidio della vittima , ma per motivazioni differenti da quelle del Tribunale che ha negato “tout court” l’esistenza del nesso di causalita' per mancanza di prova del nesso causale semplice.

3) Il Tribunale non ha preso in esame la natura patrimoniale o meno, del danno liquidato, essendosi limitato al riconoscimento “tout court” della risarcibilita' della lesione del diritto alla serenita' familiare.
Tale indagine va , invece, effettuata dalla Corte per individuare la natura giuridica del danno esistenziale o alla serenita' familiare, come definito dal Tribunale, e trarne le necessarie conseguenze in tema di eventuali limitazioni risarcitorie, rilevabili anche d’ufficio.
Nel caso di specie, trattasi di danno non reddituale, quale conseguenza di evento lesivo che non incide direttamente sulla capacita' di guadagno o patrimoniale dei soggetti lesi , ma che ha ripercussione sui rapporti extra –lavorativi e piu' specificamente familiari, di intrattenimento o svago, sociali, e culturali.
Quindi ne va affermata la natura non patrimoniale.
Conseguentemente bisognerebbe accertare , in base al combinato disposto degli art. 185 c.p. e 2059 c.c. la sussistenza di un fatto costituente anche astrattamente reato, al fine di poter liquidare il danno non patrimoniale.
Va, al riguardo rilevato come la categoria del danno non patrimoniale non si esaurisce nel danno morale, in mancanza di un’espressa previsione legislativa in tal senso, ma ricomprende anche altre voci di danno individuate ed elaborate dalla giurisprudenza nel corso degli ultimi anni (danno edonistico, alla serenita' familiare, alla vita sessuale, esistenziale, da vacanza rovinata, ecc)
Estendendo il metodo sistematico interpretativo ricavabile dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 184 del 14.7.1986 in tema di danno biologico che, in estrema sintesi, esclude limitazioni risarcitorie a diritti i costituzionalmente garantiti , nel caso in cui, come nella fattispecie, si accerti la lesione del diritto costituzionale alla libera estrinsecazione della propria personalita' , non sussistono ostacoli alla risarcibilita' del danno esistenziale da inquinamento acustico anche in mancanza di prova di fatto costituente reato.
Si legge, in particolare, in tale pronuncia che “ se e' vero che l’art. 32 Cost. tutela la salute come diritto fondamentale del privato e se e' vero che tale diritto e' primario e pienamente operante anche nei rapporti tra privati , allo stesso modo come non sono configurabili limiti alla risarcibilita' del danno biologico , quali quelli posti dall’art. 2059 c.c.,non e' ipotizzabile limite alla risarcibilita' dello stesso danno, per se' considerato, ex artt. 2043 c.c. Il risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. e' sanzione esecutiva del precetto primario: ed e' la minima (a parte il risarcimento ex art. 2058 c.c.) delle sanzioni che l’ordinamento appresta per la tutela di un interesse.
Quand’anche si sostenesse che il riconoscimento in un determinato ramo dell’ordinamento , d’un diritto subiettivo non esclude che siano posti limiti alla sua tutela risarcitoria ....va energicamente sottolineato che cio', in ogni caso, non puo' accadere per i diritti e gli interessi della Costituzione dichiarati fondamentali. Il legislatore ordinario, rifiutando la tutela risarcitoria (minima) a seguito della violazione del diritto costituzionalmente dichiarato fondamentale, non lo tutelerebbe affatto, almeno nei casi esclusi dalla predetta tutela. La solenne dichiarazione della Costituzione si ridurrebbe ad una lustra, nelle ipotesi escluse dalla tutela risarcitoria: il legislatore ordinario rimarrebbe arbitro dell’effettivita' della predetta dichiarazione costituzionale. Con l’aggravante che , mentre il combinato disposto degli artt. 32 Cost. e 2043 c.c. porrebbe il divieto primario, generale, di ledere la salute, il fatto lesivo della medesima, per il quale non e' previsto dalla legge ordinaria il risarcimento del danno, assurdamente impedirebbe al precetto primario d’applicarsi (il risarcimento del danno rientra, infatti, nelle sanzioni che la dottrina definisce esecutive) o, dovrebbe ritenersi giuridicamente del tutto irrilevante.
Dalla correlazione tra gli artt. 32 Cost. e 2043 c.c. e' posta, dunque, una norma che , per volonta' della Costituzione, non puo' limitare in alcun modo il risarcimento del danno biologico” (Corte Cost., 14.7.1986,n. 184).
Tale importante principio , evidenziato dalla Consulta in relazione agli articoli 32 e Cost. e 2043 cod.civ.. risulta applicabile anche in tutti gli altri casi di lesioni di interessi o valori costituzionalmente garantiti, estendendo la pronuncia della Corte Costituzionale , stante l’ampiezza dei principi enunciati, ad ogni lesione di diritti fondamentali, con una lettura costituzionale dell’art. 2043 cod. civ. , nel senso che tale in tale norma devono trovare integrale tutela i diritti fondamentali della persona violati.
La stessa S.C. ha riconosciuto che “il citato art. 2043 cod. civ., correlato agli artt. 2 e segg. della Costituzione, va cosi' necessariamente esteso fino a ricomprendere il risarcimento dei danni non solo in senso stretto patrimoniali, ma di tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attivita' realizzatrici della persona umana. Per cui, quindi, essendo le norme costituzionali di garanzia dei diritti fondamentali della persona pienamente e direttamente operanti, anche nei rapporti tra privati ( cd “drittwirkung”)- non e' ipotizzabile limite alla risarcibilita' della relativa lesione, per se' considerata (Corte Cost., n. 184/86) , ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.” CASS., 7.6.2000,n.7713
Il precetto costituzionale integra la norma di garanzia di cui all’art. 2043 cod.civ. e consente di fondare un sistema completo di garanzia del principio generale del “neminem laedere” , che comprende anche la tutela del danno esistenziale, inteso quale violazione di un diritto fondamentale dell’individuo , tutelabile, senza limitazioni risarcitorie, ex art 2043 c.c. che , interpretato ed applicato alla luce dell’art. 2 della Costituzione va esteso fino a ricomprendere la risarcibilita' non solamente dei danni patrimoniali, ma anche di tutti gli altri danni connessi alla mancata realizzazione della persona umana, indipendentemente dalla loro qualificazione giuridica (patrimoniale o non patrimoniale).
Ogni lesione, di contenuto apprezzabile, di un diritto costituzionalmente protetto non puo', quindi, soffrire limitazioni risarcitorie da parte del legislatore ordinario.
Cio' vale anche, in particolare, in relazione all’art. 2059 cod.civ. che limita la risarcibilita' del danno non patrimoniale ai soli casi di fatto costituente anche reato.
Il principio ispiratore della Consulta e' individuabile nella tutela integrale di tutti i diritti della personalita' , intesi anche come diritti dell’individuo che, pertanto , vanno risarciti senza limitazione alcuna.
La tutela della persona umana costituisce, peraltro, principio informatore di tutte le Costituzioni europee e di quella Americana , la cui centralita' di tutela e' individuabile anche nella nostra Costituzione negli artt. 2, 3 e 32 .e non puo' subire limitazioni e condizionamenti da parte del legislatore ordinario
Il precetto costituzionale , improntato alla piene tutela della persona, prevale, quindi, su eventuali limitazioni risarcitorie imposte dal legislatore ordinario.

4) Il danno e' rappresentato dalle ripercussioni sulle attivita' non reddituali dei danneggiati,ed, in particolare dalla alterazione delle normali abitudini di vita e non va qualificato, come gia' evidenziato, come danno biologico in senso stretto , in quanto non comporta un’alterazione dello stato di salute o l’insorgere di una malattia , ma consiste in un’alterazione dei normali ritmi di vita che si riflettono sulla personalita' del soggetto danneggiato, incidendo negativamente, come riconosciuto dal Tribunale nella fattispecie, sulle normali attivita' quotidiane e provocando uno stato di malessere diffuso che genera , cumulativamente o alternativamente, ansia , irritazione, difficolta' a far fronte alle normali occupazioni, depressione, pur non cagionando in una vera e propria patologia sotto il profilo medico-legale
La tutela deve , quindi ammettersi , in base al precetto costituzionale violato, indipendentemente dalla prova di perdite patrimoniali, in quanto oggetto del risarcimento e' la diminuzione o privazioni di valori della persona inerenti al bene protetto (per tale principio in materia di danno biologico da morte cfr Corte Costt. 27.10.1994,n. 372)
Trattandosi di danno “evento” , conseguente alla accertata lesione di un diritto fondamentale dell’individuo ne va riconosciuta “la tutela risarcitoria (minima) a seguito della violazione del diritto costituzionalmente dichiarato fondamentale” (cfr in tema di danno biologico, Corte Cost., 14.7.1986,n. 184).
Occorre, peraltro, accertare se e quale tipologia di prove siano sufficienti ai fini risarcitori
Un orientamento, seguito anche dalla S.C. , ritiene che la prova della lesione di un diritto costituzionale e' anche prova del danno, nel senso che la lesione e' “in re ipsa” (CASS., 3.4.2001,n. 4881, CASS, 10.5.2001,n. 6507)
Occorre, tuttavia, accertare se da tale enunciazione o, comunque, in base ai principi generali del nostro ordinamento, ne discende che l’accertata violazione del diritto fondamentale attribuisca il diritto al risarcimento del danno, anche senza necessita' di prova specifica.
A tale quesito deve darsi risposta negativa.
La prova dell’esistenza della lesione non significa che tale prova sia sufficiente ai fini del risarcimento, in quanto deve ritenersi necessaria la prova ulteriore dell’entita' del danno , cosi' come affermato dalla stessa Corte Costituzionale , in relazione al danno biologico da morte (cfr Corte Costt. 27.10.1994,n. 372)
Infatti, sottolinea la Consulta , la “…prova della lesione e' , in re ipsa, prova dell’esistenza del danno , non gia' che questa prova sia sufficiente ai fini del risarcimento” , in quanto “e' sempre necessaria la prova ulteriore dell’entita' del danno, ossia la dimostrazione che la lesione ha prodotto una perdita di tipo analogo a quello indicato dall’art. 1223 cod.civ.,costituito dalla diminuzione o privazione di un valore personale (non patrimoniale), alla quale il risarcimento deve essere (equitativamente) commisurato” (Corte Cost. 27.10.1994,n. 372).
Tale importante enunciazione trova fondamento giuridico ove si consideri che , nel nostro ordinamento, mentre sono previste forme di responsabilita' oggettiva (es: responsabilita' dei genitori per fatti commessi dai figli minori (art. 2047 cod. civ.), dei datori di lavoro (art. 2049 cod. civ.) o presunta (artt. 2050-2054 cod. civ., non e' prevista alcun danno di natura oggettiva, risarcibile indipendentemente dalla sua prova o alcuna presunzione di danno, ne' la tutela accordata alla lesione di valori costituzionali, anche in mancanza di una normativa specifica, puo' legittimare l’esclusione della prova del danno.
La necessita' della prova del danno, anche in caso di violazione di diritti fondamentali della persona non e', inoltre, contrastante con i principi della Carta Costituzionale, vigendo anche in materia di onere della prova del danno la generale enunciazione di cu all’art. 2697 cod. civ., con le eccezioni espressamente previste dalla legge e la norma di chiusura di cui all’art. 2698 cod. civ. relativa alla nullita' dei patti di modifica o inversione dell’onere della prova, nei casi indicati dalla norma.
Peraltro Il risarcimento del danno esistenziale , riconducibile alla lesione di valori costituzionalmente garantiti, quali i diritti fondamentali della persona, non puo' fondarsi su considerazioni che , sia pure basate sulla comune esperienza, si limitino ad un aspetto interiore della persona lesa, occorrendo la prova dell’incidenza, in concreto, della lesione di valori fondamentali dell’individui sulle attivita' realizzatrici del soggetto danneggiato , con conseguente alterazione , di contenuto apprezzabile, della personalita' del soggetto, sia sotto il profilo personale che relazionale, quindi “esterno” ,quale conseguenza del fatto illecito altrui.
Anche se la lesione, in tal caso, e' “in re ipsa” , non ne puo' discendere, quale corollario, che il danno debba essere risarcito senza che incomba sul danneggiato l’onere di fornire la prova della sua esistenza , costituendo la lesione di valori costituzionali un semplice indizio, sia pure di valenza pregnante, dell’esistenza del danno che, tuttavia, dovra' essere provato facendo ricorso ai principi generali in tema di prova.
Si ritiene che la prova, per le considerazioni dianzi espresse, possa essere agevolata o meno rigorosa, anche mediante il ricorso, in base al prudente apprezzamento del giudicante, alle presunzioni, ai “fatti notori”, alle massime di “comune esperienza”, ma senza esonerare il danneggiante dall’onere di allegare i fatti e gli elementi concreti posti a fondamento della richiesta risarcitoria.
Peraltro costituisce principio pacifico, che , anche ove si ricorra alla valutazione equitativa , nel caso in cui il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare (art. 1226), occorra pur sempre fornire la prova del danno stesso.
Non puo' infatti escludersi, in linea di principio, che la lesione di valori costituzionali, non provochi, per ragioni peculiari o contingenti legati alla sfera soggettiva del soggetto leso o alle particolari situazioni ambientali, alcun danno concreto nella sfera del danneggiato, con conseguente esclusione del risarcimento , sia pure in presenza di un fatto illecito, solo potenziamele lesivo di datti valori costituzionali..
Relativamente ai mezzi di prova ammissibili , in mancanza di un accertamento medico-legale , potra' anche farsi riferimento, come gia' evidenziato, ove ne ricorrano i presupposti, alle presunzioni semplici o a situazioni reali , di valenza sintomatica, da cui desumere in termini di certezza o di elevata probabilita' , l’effettivita' del pregiudizio subito.
Tuttavia non e' da escludersi che la stessa consulenza medico-legale, una volta esclusa una lesione apprezzabile sotto il profilo medico-legale, possa estendersi , ove sia formulato apposito quesito, ad accertare la compromissione, sotto l’aspetto esistenziale, delle attivita' realizzatrici del soggetto danneggiato, avendo anche il consulente tecnico medico-legale,a seguito dell’anamnesi del soggetto leso e degli altri elementi in suo possesso, formulare un giudizio attendibile sulle ripercussioni concrete del fatto illecito sulla personalita' della parte lesa, indagine che non necessariamente, salvo casi particolari, deve essere affidata a psicologi o assistenti sociali, con nuova ctu , anche per evitare ulteriori spese non necessarie,
Si ritiene, invece, che occorra cautela qualora si voglia fondare la tutela risarcitoria sui “fatti notori” o sulle nozioni di “comune esperienza”, in mancanza di riscontri concreti, riferibili alla fattispecie in esame, che consentano l’utilizzazione a fini probatori di tali elementi presuntivi, in quanto ogni individuo ha una propria personalita' , unica e diversa da ogni altro soggetto e, quindi, diverse da individuo a individuo saranno le conseguenze psichiche collegate a fatti illeciti di valenza simile, sotto il profilo della loro concreta incidenza sulla personalita' del soggetto leso.
In mancanza di tali elementi la tutela risarcitoria, sulla base di tali mezzi di prova presuntiva, va riconosciuta in quella minima, individuata dal giudice in base a parametri riferibili alla fattispecie, astrattamente considerata.
Nondimeno sara', in linea generale, ammissibile, ai fini della prova del danno, Il ricorso alle cd. presunzioni semplici, che dovranno tenere conto non solamente degli aspetti cd “interni” della lesione esistenziale, ma anche e soprattutto delle ripercussioni nell’ambito cd “esterno” .
Il criterio risarcitorio, non puo', allo stato, che essere equitativo, ex art. 1226 cod.civ., stante le difficolta' intuitive di pervenire, stante la particolare natura del danno, ad una sua precisa quantificazione.
Tuttavia, ai fini della determinazione del “quantum”, occorre individuare , per evitare possibili liquidazioni arbitrarie, parametri di valutazione omogenei che tengano conto di tutti gli elementi della fattispecie;
pertanto, a fini esemplificativi, si dovra' tenere conto : a) della personalita' del soggetto leso, b) dell’interesse violato; c) dell’ attivita' svolte dalla vittima; d) delle ripercussioni del fatto illecito sulla personalita' del soggetto leso, e) delle alterazioni, provocate dal fatto illecito, anche nell’ambito familiare e sociale del danneggiato.
Le conseguenze sugli appellati della intollerabilita' delle immissioni , considerato anche un arco temporale ridotto di 2 mesi , rispetto al piu' ampio arco temporale di 24 mesi circa preso in esame dal Tribunale, (da settembre 1992 ad aprile 1994, epoca di installazione del sistema di ventilazione , oltre che nei mesi estivi del 1994), pur considerata la chiusura feriale settimanale o in occasione di festivita', devono ritenersi particolarmente gravose, sotto il profilo dell’equilibrio psichico, per i danneggiati, rilevato che l’attivita' lavorativa si svolgeva nell’arco temporale delle 24 ore, quindi anche di notte, e certamente , fino alla installazione del sistema di ventilazione , ma anche fino ai mesi estivi del 1994, Il Centro Poligrafico Milano non poteva svolgere l’attivita' produttiva tenendo costantemente porte e finestre chiuse. Al riguardo il ctu ha rilevato che non sussistevano le condizioni termoigrometriche compatibili tra la chiusura delle porte e finestre e la presenza di personale all’interno del capannone.
Peraltro anche con portone aperto e le finestre dello stabilimento verso strada venivano superati i limiti tollerabili, a tutti i regimi di funzionamento della macchina con finestre dell’abitazione del Ciraldo sia aperte che chiuse.
Considerato l’arco temporale di intollerabilita' delle immissione, la loro intensita' , e soprattutto la costante durata nell’intero arco della giornata, valutate le conseguenze psichiche, in senso ampio, subite dai danneggiati, gia' evidenziate, la somma liquidata dal primo giudice appare, sotto il profilo equitativo, limitativa dell’effettivo pregiudizio subito dai danneggiati, certamente suscettibile di un risarcimento maggiore, ma non essendovi appello incidentale sul punto , non puo' essere emessa alcuna pronuncia al riguardo , dovendosi limitare la Corte alla conferma della sentenza impugnata.
Anche le spese processuali del secondo grado di giudizio vanno poste a carico del Centro Poligrafico Milano s.r.l., rimasto soccombente

PQM
definitivamente pronunciando, sull’appello proposto contro la sentenza del Tribunale di Milano n. 2305 in data 22.12.1999/28.2.2000,respinta ogni contraria domanda, eccezione e difesa ,
RESPINGE
l’appello.
CONFERMA
la sentenza impugnata
CONDANNA
Il Centro Poligrafico Milano s.r.l al rimborso, a favore degli appellati anche delle spese processuali del giudizio d’appello che liquida in € 46,48 per spese, € 466.89 per diritti, € 2.298,22 per onorario, oltre iva e cpa.

La redazione di megghy.com

 
 
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