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SENTENZE DANNO ESISTENZIALE
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Tribunale di Venezia, Sez. III Civ., 14 gennaio 2003 [Incidenti stradali]

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Trib. Venezia, Sez. III Civ., 14 gennaio 2003 [Giud. Roberto Simone]

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 6/7 dicembre 1999 Maria Maraffi conveniva dinanzi ai Tribunale di Venezia Marcello Maraffi e l’Aurora Assicurazioni s.p.a. per essere risarcita dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa di un sinistro stradale verificatosi per fatto e colpa esclusivi del Maraffi. Esponeva l’attrice che il 28-4-1998, verso le 11,30, mentre in localita' San Giuliano a Venezia viaggiava bordo della BMW tg. VE640682, condotta e di proprieta' del Maraffi, assicurato presso l’Aurora Assicurazioni s.p.a., l’automezzo al momento di affrontare una rotatoria, forse per l’eccessiva velocita', sbandava e, avendo il guidatore perso il controllo, finiva nel fossato posto al centro della rotatoria; a causa del sinistro l’autovettura rimaneva distrutta al punto da dover essere demolita, mentre le persone trasportate (non solo l’esponente, ma anche Rita Ghezzo) riportavano gravi lesioni personali; in relazione a quanto accaduto il Maraffi era stato sanzionato per la violazione dell’art. 141, commi 1 e 11, C.d.S. e il Ministero dei Trasporti aveva disposto la revisione della patente; le gravissime lesioni riportate avevano reso necessario il ricovero prima presso l’Ospedale Civile di Mestre e dopo in quello di Venezia, dove rimaneva ricoverata fino al 3-8-1998, per poi essere trasferita presso l’Ospedale San Camillo del Lido di Venezia, dove sia pure con discontinuita' permaneva fino al 6-2-1999; sottoposta ad accertamento specialistico era accertata un’invalidita' permanente del 80% con esclusione di qualsiasi prospettiva di miglioramento, oltre una inabilita' temporanea assoluta della durata di dieci mesi, con correlativa necessita' di assistenza continuativa.
Tanto esposto, l’attrice chiedeva la condanna in solido dei convenuti al pagamento della somma di Lire 1.292.879.410 a titolo di danno biologico (permanente e temporaneo), morale, esistenziale e patrimoniale per spese di assistenza sostenute e sostenende, mediche e per l’adattamento della propria abitazione per far fronte alla sua condizione. In via preliminare, l’attrice chiedeva l’attribuzione di una provvisionale pari a 4/5 dei danni subiti.
Si costituivano i convenuti e resistevano alle domande proposte, contestando sia l’an sia il quantum debeatur. Assumevano i convenuti che la riferita dinamica del sinistro e la localizzazione delle lesioni riportate permettevano di far ritenere che l’attrice non avesse in uso la prescritta cintura di sicurezza. Condotta, quest’ultima, apprezzabile sul piano del concorso causale.
In ogni caso contestavano i convenuti la quantificazione dei danni avanzata dall’attrice, sia in relazione alle ripercussioni sulla validita' psicofisica e al danno morale, sia in ordine alle spese per assistenza.
Con ordinanza del 26-4-2000 era disposta in favore della Maraffi una provvisionale di Lire 60.000.000 a carico della societa' d’assicurazioni convenuta.
A seguito di istruttoria documentale e orale, espletata C.T.U. medico legale, la causa, sulle conclusioni epigrafate, era trattenuta in decisione all’udienza del 21-6-2002, previa concessione dei termini per il deposito degli atti difensivi ex art. 190 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1) In ordine alla responsabilita' del Maraffi, sulla base della dinamica del sinistro, non puo' sorgere alcun dubbio. La descrizione della dinamica, non contestata da parte dei convenuti, se non in punto di asserita condotta colposa dell’attrice per il mancato uso delle cinture di sicurezza, e' stata vieppiu' suffragata dal rapporto dell’incidente redatto dalla Polizia Municipale di Venezia. In questo si legge che il 28-4-1998 verso le 11.30, in presenza di buona visibilita', ma con manto asfaltato bagnato da una precipitazione in corso, l’autovettura del convenuto percorreva via San Giuliano, proveniente da via Vespucci e con direzione Venezia. Il conducente giunto all’altezza della curva sinistrorsa esistente in fronte l’accesso di via Forte Marghera, per cause rimaste ignote, perdeva il controllo dell’autovettura, che, dopo una rotazione di 180 gradi in senso antiorario sul fondo stradale, terminava la marcia nel fossato a sinistra, ma con la parte frontale rivolta verso il senso di provenienza. Sulla base di quanto riscontrato, gli operatori della P.M. contestavano al Maraffi la violazione dell’art. 141, commi 1 e 11, C.d.S.
Tanto premesso, mette conto rilevare che, ponendo fine ad un orientamento discriminatorio, ancorche' basato su una indimostrata possibilita' di previsione del pericolo e di controllo del rischio, non scevra da una improbabile maggiore possibilita' di dimostrazione della colpa del conducente, la Cassazione ormai da qualche tempo ritiene applicabile l’art. 2054 c.c., quale norma espressiva di principi di carattere generale nella materia della circolazione dei veicoli, anche nei confronti del terzo trasportato indipendentemente dal titolo (se gratuito o di mera cortesia), il quale potra' invocare il criterio di imputazione previsto nei confronti del conducente del veicolo su cui viaggiava al momento del sinistro e, conseguentemente, avvalersi della regola di responsabilita' prevista nei confronti del proprietario (cfr. Cass. 26-10-1998, n. 10629; 21-1-2000, n. 681; 21-3-2001, n. 4022). Orientamento, quest’ultimo, cui il giudicante ritiene di aderire, non solo perche' frutto di un’attenta lettura socioeconomica del fenomeno della circolazione dei veicoli, ma soprattutto per l’implausibilita' del precedente orientamento, la' dove assumeva in capo al trasportato a titolo di cortesia una supposta capacita' di previsione del pericolo e di controllo del rischio. In realta', volendo intendere le norme in tema di responsabilita' civile (anche) come strumento di prevenzione degli incidenti, non si vede quali precauzioni unilaterali avrebbe potuto adottare il terzo trasportato, non potendo questo influire sullo stato di efficienza dell’automezzo ne' sul rispetto delle norme del C.d.S. da parte del conducente, salvo ipotizzare in capo allo stesso un obbligo di collaborazione nel segnalare eventuali situazioni di rischio. A ben vedere la possibilita' di previsione del pericolo e di controllo del rischio da parte del trasportato e' assolutamente identica tanto rispetto al mezzo su cui viaggia, quanto rispetto ad ogni altro mezzo circolante senza guida di rotaie, risolvendosi di fatto in un’alternativa secca: accettare, o no, di essere trasportato. Alternativa, quest’ultima, che rispetto allo scopo delle norme in tema di responsabilita' civile non e' in grado di incidere punto sulla capacita' di prevenzione degli incidenti mediante investimenti in precauzioni, ne' sulla possibilita' di internalizzare le esternalita' provocate dal proprio agire, poiche' il trasportato, a meno che non cooperi nella causazione del sinistro, e' un mero spettatore sul proscenio della circolazione di veicoli. Problema affatto diverso, su cui ci si soffermera' fra poco, e' quello relativo al concorso colposo prospettato dai convenuti per effetto del mancato uso delle cinture di sicurezza.
Trovando applicazione l’art. 2054, comma 1, c.c., ai fini dell’affermazione della responsabilita' del conducente non grava sull’attore l’onere della prova della colpa del danneggiante, dovendo quest’ultimo, secondo un modello di responsabilita' incentrato ora sulla pericolosita' intrinseca dell’attivita' ora sulla possibilita' di controllo del rischio, dare la dimostrazione di aver fatto quanto possibile per evitare il danno. Sennonche', di una siffatta allegazione non v’e' traccia alcuna, salvo poi puntare, come gia' detto, su una concorrente condotta colposa dell’attrice per l’asserito mancato uso della cintura di sicurezza.
Al riguardo, l’istruttoria orale ha permesso di contraddire siffatta circostanza, come emerso dalle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio e poi da quelle fornite dalla teste Ghezzo, che al momento sinistro viaggiava in fianco al conducente e anteriormente rispetto all’attrice. Ad ogni buon conto, il consulente d’ufficio, pur riferendo che una risposta esauriente in punto di compatibilita' delle lesioni riportate con l’uso della cintura potrebbe essere data solo in presenza di una consulenza cinematica, ha precisato che l’apparecchio, pur potendo evitare le lesioni al torace non avrebbe impedito “il traumatismo cranico e la conseguente concussione encefalica e la successiva emorragia (solo la presenza di un airbag avrebbe preservato il capo dal violento movimento di flesso estensione e quindi di concussione seguito all’arresto improvviso del mezzo e alla proiezione anteriore del passeggero)…”.
Le considerazioni critiche svolte dalla difesa dei convenuti in sede comparsa conclusionale appaiono tardive, considerato che al momento della prestazione del giuramento da parte del consulente d’ufficio, al fine di accelerare la durata del procedimento, era stato disposto che eventuali osservazioni alla relazione del consulente d’ufficio fossero allo stesso tempestivamente consegnate, onde permettergli di rispondere da subito. Sta di fatto che la difesa di parte convenuta non ha formulato osservazioni in merito alla relazione del prof. Tantalo, salvo sviluppare alcune considerazioni critiche in termini di logicita' delle risposte fornite al quesito formulato.
Osserva questo giudicante che ad ogni buon conto gli esiti del sinistro oggetto di causa non sono quelli di un tamponamento, sulla cui base la difesa di parte convenuta argomenta per sottolineare come nel caso di specie l’attrice non abbia riportato alcuna patologia ordinariamente riconducibile all’uso della cintura di sicurezza, ma si e' trattato dell’uscita di strada del mezzo, determinata dalla scivolosita' dell’asfalto unitamente alla mancata moderazione della velocita', cui ha fatto seguito una rotazione in senso antiorario di 180 gradi, per poi terminare la fase dinamica nel fossato. In altri termini, la tesi di parte convenuta circa l’impossibilita', in caso di arresto istantaneo, per il capo di andare in alto e, in caso di uso della cintura di sicurezza, di subire fratture di entrambi i lati del petto, non tiene conto del fatto che non si e' trattato punto di un tamponamento, ma di una uscita di strada a velocita' non moderata, come suffragato dalla sanzione irrogata, con conclusione della fase dinamica in un fossato. Appare pertanto verosimile, come peraltro documentato nelle fotografie allegate al rapporto e dalla natura del danneggiamento del mezzo, che l’auto e i suoi occupanti non si siano limitati a subire le conseguenze di una forte decelarazione, ma quelle derivanti dalla caduta del fossato. Cio' permette di spiegare, in termini di elevata probabilita', il trauma cranico patito dell’attrice e la conseguente irreversibile compromissione della capacita' motoria e di articolazione del linguaggio.
2) Questo giudicante, per quanto concerne il danno alla persona, non puo' che riportarsi alla relazione del consulente tecnico d’ufficio, il cui contenuto, espresso con motivazione adeguata, perche' sorretta da argomentazioni piane e convincenti, oltre che prive di incoerenze narrative, deve intendersi pienamente richiamato in questa sede (cfr. Cass. 3 marzo 1995 n. 2446).
Per quanto concerne il danno alla persona subito dall'attrice vanno presi a riferimento i valori accertati in sede di consulenza d'ufficio medico-legale. Va dunque, in primo luogo, determinato il danno biologico, inteso, secondo i noti e consolidati orientamenti giurisprudenziali della Suprema Corte, come ostacolo alle attivita' realizzatrici della persona umana che si verifica, quale effetto autonomo e prioritario rispetto alle perdite economiche o ai mancati guadagni, in conseguenza di menomazioni dell'integrita' psico-fisica.
In considerazione di quanto sopra, si ritiene equo e conforme a giustizia determinare in Euro 289.215,2 ai valori attuali l'entita' del risarcimento spettante a titolo di danno biologico permanente, liquidando pertanto in Euro 3.615,19 il valore del singolo punto di invalidita', alla stregua dei parametri piu' volte indicati ed adottati dal Tribunale di Venezia (percentuale di invalidita' 80%, eta' - 72 anni - e natura dei postumi v. tabelle del triveneto), nonche' dell'ineludibile valutazione equitativa.
Con riguardo alla compromissione psico-fisica per il periodo di inabilita' temporanea, va inoltre liquidato, quale danno biologico temporaneo, l'importo di Euro 8.835 ai valori attuali (Euro 31 al giorno X 285 giorni di ITT).
In ragione della rilevanza penalistica del comportamento del convenuto e dell'accertamento della colpa in concreto di quest'ultimo, va altresi' liquidato il danno non patrimoniale che si indica nel caso concreto in Euro 208.635,14 in moneta attuale, pari al 70% del danno biologico complessivo (permanente e temporaneo - v. tabelle del triveneto, tenuto conto del livello medio di sofferenza accertato dal C.T.U.).
Al riguardo si reputa conforme ad equita' discostarsi dalle percentuali standardizzate nelle indicate tabelle considerata l’ampiezza (ben nove mesi e mezzo) del periodo di inabilita' temporanea assoluta. Periodo, quest’ultimo, contraddistinto, a parte brevi momenti di dimissioni, da lunghi ricoveri ospedalieri. Cio' giustifica la prospettata quantificazione in funzione della naturale intensita' delle sofferenze ricollegabili alle patite lesioni, tanto piu' che l’attrice proprio perche' sempre vigile e orientata nel tempo e nello spazio ha avuto una percezione piu' immediata e, per questo, piu' traumatizzante, della condizione venutasi a determinare.
3) Nulla puo' essere riconosciuto a titolo di danno esistenziale. Con tale categoria -- di origine dottrinaria, sul piano concettuale, ma di derivazione pretoria, quanto all’emersione di nuove situazioni soggettive meritevoli di tutela -- si e' cercato di uscire dalle secche argomentative connesse alla dilatazione ipertrorfica del danno alla salute ed al suo asserito non ancor compiuto inquadramento. Detto diversamente, nel superare, non senza denunciare l’eccessivo ricorso a categorie concettuali asseritamente piu' comuni all’argomentazione giudiziaria, la tendenza alla c.d. pansomatizzazione di ogni vicenda produttiva di conseguenze di tipo relazionale, si e' proposto di operare una nuova riclassificazione delle poste di danno meritevoli di risarcimento. Si badi, con l’espressione danno esistenziale non si e' inteso dare vita ad una nuova tipologia di danno-evento (per usare una terminologia ormai invalsa a far data dalla Corte Cost. 184/86) correlata alla lesione di un bene-interesse, ma soltanto porre accanto al danno patrimoniale ed al danno morale (ossia quelli tradizionalmente definiti come danno-conseguenza) una terza posta, ossia quella esistenziale.
Per meglio intendere il significato di danno esistenziale si e' precisato che mentre il danno morale e' fondamentalmente rivolto verso l’interno della persona, e' un sentire, il danno esistenziale per sua vocazione e' volto verso l’esterno, e' un non fare o un fare diverso, in ogni caso coinvolgente attivita' di tipo areddituale, mentre il danno patrimoniale s’incentra sull’individuazione dei “beni” (distrutti, deteriorati, non restituiti). Si fa al riguardo, l’esempio dello sconvolgimento delle abitudini di vita, all’alterazione del piano “dell’agenda”, alla sottoposizione ad esami e visite mediche periodiche, alla dipendenza da farmaci, ai condizionamento indotti dall’ambiente esterno, ivi compreso fenomeni di tipo criminale. Vicende, queste ultime, affatto diverse tanto dalla lesione dell’integrita' psico-fisica (non senza marcare la differenza tra danno biologico e danno psichico connesso alla presenza di una patologia mentale), quanto dal danno morale soggettivo, ossia le sofferenze morali, il patimento interiore, quello che comunemente e' definito come pretium doloris, altrimenti definito come lesione di un valore idiosincratico.
In questo giro di orizzonte, il danno esistenziale come evento pregiudizievole ha in se', neanche troppo velatamente, un’aspirazione alla monopolizzazione delle conseguenze di natura non patrimoniale con conseguente assorbimento del danno biologico. In altri termini, secondo l’impianto triestino (dal nome della scuola che per prima ha coniato l’espressione), accanto ad un danno esistenziale derivante dalla lesione di interessi meritevoli di tutela (di rango costituzionale) e selezionati secondo il consueto (ma sempre piu' evanescente) canone dell’ingiustizia del danno, sempre che sia ipotizzabile un nesso di causa ex art. 1223 c.c., e' affiancabile un danno esistenziale di tipo biologico per la lesione dell’integrita' psicofisica.
Costruito nei termini indicati, cioe' come effetto pregiudizievole, ma diverso dai risvolti puramente interni dell’individuo, il danno esistenziale si sottrae alla possibile censura prospettabile in relazione al principale criterio di imputazione in tema di r.c., ossia la colpa e, segnatamente, in relazione al profilo della prevedibilita' dell’evento. Infatti, quel che deve essere prevedibile ed evitabile, quindi tale da giustificare l’imputazione a titolo di colpa, sempre che si individui l’inosservanza di una regola comportamentale (legislativa, regolamentare, deontologica ecc.) e' l’evento, ossia la lesione ad un bene meritevole di tutela in base all’ordinamento. Stabilire poi quali siano le conseguenze pregiudizievoli in concreto risarcibili e' un problema diverso dall’imputazione dell’evento ed e' risolvibile mediante il ricorso agli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c. in base al criterio della causalita'.
In una diversa prospettazione, anch’essa favorevole alla categoria del danno esistenziale, ma sostanzialmente in un’ottica di ostracizzazione dell’art. 2059 c.c., si e' osservato che esso e' figlio delle sentenze della Consulta sugli artt. 2043 e 2059 c.c. Se il danno non patrimoniale e' il danno morale soggettivo (sent. 184/86) e se e' legittimo un trattamento differenziato tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale, sempre che non vi sia una lesione di una posizione soggettiva costituzionalmente tutelata (sent. 87/79), allora l’art. 2043 c.c. in correlazione con l’art. 2 cost. (e' il ragionamento di Cass. 7713/2000) puo' servire a sanzionare le lesioni di situazioni soggetti di rango costituzionale (appunto il danno esistenziale), sempre che non vi sia una lesione medicalmente accertabile. In altri termini, si fa ancora notare, la Corte si e' posta in un vicolo cieco, poiche' il meccanismo innescato dalla sentenza dell’Andro non puo' non valere anche per ogni violazione di diritti costituzionalmente garantiti. Questo, ad avviso del giudicante, dovrebbe essere il settore di applicazione di tale figura di danno.
Sennonche', l’argomentazione dell’attrice sembra far leva sulla prima accezione del danno esistenziale, inteso come pregiudizio relazione di segno negativo strettamente correlato all’azzeramento del valore uomo in funzione dell’elevatissima percentuale d’invalidita' permanente, che ha ridotto l’attrice a non potersi piu' muovere autonomamente e a dipendere, come si dira' piu' avanti, dall’assistenza di terzi anche nei piu' elementari gesti quotidiani.
In questa prospettiva, si puo' convenire con l’orientamento di chi sostiene che il danno esistenziale biologico e il danno alla salute in senso dinamico sono in realta' la stessa cosa. Non c’e' bisogno di alcun riscontro per affermare che il danno biologico tutela il valore uomo in se', nel complesso delle sue funzioni, non solo in ragione della sua attitudine a produrre reddito, ma anche nella sua proiezione familiare, sociale e culturale. Con il risarcimento del danno alla salute si tende ad attribuire una somma in funzione riparatoria-satisfattiva per la perdita delle utilita' esistenziali perdute. Non a caso da sempre il modello risarcitorio del danno alla salute, quantomeno dall’affermazione del modello pisano del punto, si compone di due elementi: un’uniformita' pecuniaria di base, cui si aggancia una valutazione individualizzata, atta ad modulare il risarcimento al danno in concreto patito dall’individuo (quindi, anche l’alterazione del proprio sistema di vita, il non poter piu' fare, o il dovere soggiacere ad un rigido calendario di visite, controlli, prescrizioni e quant’altro).
Lo stesso meccanismo tabellare in uso presso questo Tribunale, basato su un valore del punto crescente in funzione della percentuale di invalidita', ma decrescente per l’eta', risponde in pieno all’esigenza enunciata dalla Corte costituzionale di un’uniformita' pecuniaria di base non scevra da una valutazione individualizzata. Rebus sic stantibus, se il meccanismo tabellare del danno biologico lo si estende tout court al danno biologico, e' evidente che saremmo al cospetto di un’operazione meramente nominalistica. Qualora invece il danno esistenziale fosse liquidato in termini percentuali sul biologico si finirebbe per operare un’indebita duplicazione di poste risarcitorie.
4) A titolo di danno emergente, va riconosciuta sulla scorta della documentazione versata in causa, del giudizio di congruita' e pertinenza espresso dal C.T.U. e di una necessaria valutazione equitativa e forfetaria, per spese mediche, di assistenza e per modifiche gia' effettuate all’immobile attoreo, la complessiva somma di Euro 5.130,52, ai valori attuali.
Per converso, nulla puo' essere riconosciuto per la prospettata installazione del montascale, come richiesto in sede di precisazione delle conclusioni, trattandosi di una posta risarcitoria prospettata per la prima volta solo in tale sede.
In ordine alle spese per assistenza futura, considerato che, come evidenziato dallo stesso C.T.U., l’attrice e' venuta a trovarsi in una situazione di totale dipendenza da terzi per l’espletamento anche dei piu' normali incombenti quotidiani (cfr. pag. 11 della relazione del C.T.U.), appare giustificato il ricorso all’aiuto di terzi, i quali saranno chiamati ad integrare il sostegno al momento prestato dai familiari della Maraffi.
A tal proposito si stima ragionevole, in una prospettiva di tipo equitativo, ipotizzare una spesa costante mensile di Euro 1.000 al mese per dieci anni. Sull’importo cosi' ipotizzato, operata la capitalizzazione anticipata, connessa all’immediata erogazione di una somma volta a compensare un esborso futuro e che si assume costante in un arco di tempo di dieci anni, sulla base di un tasso di sconto del 2,5% si perviene all’importo finale di Euro 9.000 (Euro 12.000 – Euro 3.000 pari all’ammontare dello sconto da operare per la capitalizzazione anticipata).
Il danno fin qui liquidato e' pari a Euro 518.815,86, si' che, detratto l’ammontare gia' attualizzato della provvisionale (pari a Euro 32.929,33), si perviene a quella di Euro 485.886,53. Sulle somme spettanti a titolo di risarcimento danni, inoltre, sono dovuti gli interessi compensativi da calcolarsi secondo quanto si dira' tra breve.
Accertata la responsabilita' esclusiva di Maraffi Marcello nella causazione del sinistro oggetto di causa, quest’ultimo deve essere condannato in solido con l’Aurora Assicurazioni s.p.a. al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 485.886,53, oltre gli interessi compensativi sull’importo di Euro 509.815,86 (pari al totale del danno liquidabile, a prescindere dalla provvisionale, ma con esclusione della somma di Euro 9.000 per spese future di assistenza) dalla data del sinistro sino al 25-5-2000, e poi sul residuo di Euro 476.886,53 dal 26-5-2000 al saldo. Infine, sull’importo di Euro 9.000 gli interessi legali saranno dovuti dalla data della presente decisione.
Le spese di lite comprese quelle per c.t.p., liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Spese di C.T.U. a definitivo e solidale carico dei convenuti.
Sentenza provvisoriamente esecutiva per legge.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe riportata, respinta ogni altra domanda o eccezione, cosi' provvede:
1) accertata la responsabilita' esclusiva di Maraffi Marcello nella causazione del sinistro oggetto di causa, condanna quest’ultimo al pagamento in solido con l’Aurora Assicurazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., in favore di Maraffi Maria della somma di Euro 485.886,53, oltre gli interessi compensativi sull’importo di Euro 509.815,86 dalla data del sinistro sino al 25-5-2000 e poi sul residuo di Euro 476.886,53 dal 26-5-2000 al saldo, nonche' agli interessi legali sull’importo di Euro 9.000 dalla data della presente decisione fino al saldo;
2) condanna Maraffi Marcello e Aurora Assicurazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., alla rifusione in solido in favore dell’attrice delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 22.922,97, di cui Euro 1.239,75 per spese, Euro 5.483,22 per diritti e Euro 16.200 per onorari, oltre IVA e CPA se dovuti per legge;
3) spese di C.T.U. a definitivo e solidale carico dei convenuti;
4) sentenza provvisoriamente esecutiva per legge

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