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CONDOMINIO E LOCAZIONE
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Proprietà condominiale ed individuale: presunzioni e nuovo disegno di legge
( Articolo di Maria Militello 19.07.2004 )
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Proprietà condominiale e proprietà individuale: la distinzione sottesa dalla presunzione di condominialità ex art.1117 cc., anche alla luce del recente disegno di legge in materia di condominio.

dott. Maria Militello
Introduzione metodologica

Scopo della presente riflessione è una lettura dell’art.1117 cc., analizzando l’orientamento della giurisprudenza, che evidenzi la linea direttrice sulla quale si modula la distinzione tra beni condominiali e beni di proprietà individuale.

Si tratta di una problematica che inerisce alla natura stessa del condominio, atteso che nel condominio i beni in comunione coesistono con la proprietà individuale di un piano o porzione di esso. Emerge, in particolare, un rapporto di strumentalità dei beni condominali rispetto alla proprietà individuale; ed è in questa logica che va letta la presunzione di condominialità ex art.1117 cc.


L’art.1117cc. e il “titolo” contrario

L’art.1117 cc. enuclea, in modo non esaustivo, i beni che si presumono condominiali: si tratta di una presunzione iuris tantum, e come tale ammette la prova contraria. Ciascun condomino può fornire la prova contraria esibendo il titolo, dal quale risulti, in modo inequivocabile, la proprietà individuale. Titolo contrario, idoneo a superare la presunzione ex art.1117 cc., non è l’atto particolare di vendita, ma è il titolo originario di costituzione del condominio, o un successivo regolamento approvato dall’unanimità dei condomini. La presunzione di condominialità può essere superata, altresì, nella misura in cui ciascun condomino fornisca la prova dell’usucapione del bene condominiale. Per provare il compimento dell’usucapione, il condomino, oltre al decorso del tempo, deve provare l’uso esclusivo del bene ed il cd. animus possidendi, concretantesi nell’esercizio, sul bene condominiale, di un diritto corrispondente al diritto di proprietà.


Ipotesi in cui non opera la presunzione ex art.1117 cc.

Come evidenziato, la prova del titolo contrario deve essere fornita rispetto a quei beni che sono in rapporto di strumentalità rispetto ai singoli piani o porzioni di piano. Per converso, nelle ipotesi in cui si tratta di beni che, per le loro caratteristiche, sono destinate, materialmente e funzionalmente, al servizio di una sola unità abitativa, non opera la presunzione di condominialità ex art.1117 cc.

L’art.1117cc. n.1, nell’enucleare i beni che si presumono condominiali, recita “… e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune”; si evince che, nelle ipotesi in cui non sussista tale rapporto di accessorietà, ma vi è una destinazione particolare, il bene è “naturalmente” di proprietà individuale e, pertanto, non occorre, a livello probatorio, provare il titolo contrario, perché non opera la presunzione ex art.1117cc. . Sul tema sono opportunamente intervenute le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 07-07-93 n.7449), non per dirimere un contrasto giurisprudenziale, ma in funzione correttiva dell’orientamento espresso dalle sezioni semplici. E così nella motivazione della sentenza si legge “… una cosa non può proprio rientrare nel novero di quelle comuni se serva per le sue caratteristiche strutturali soltanto all’uso e al godimento di una parte dell’immobile oggetto di un autonomo diritto di proprietà”. E ancora “ … la destinazione particolare esclude già all’origine che il bene rientri nella categoria delle cose comuni, e che ad esso possa quindi riferirsi la norma dell’art.1117cc. Come esempio chiarificatore può considerarsi l’ipotesi di una scala che serve per accedere a un solo appartamento dell’edificio condominiale. Non può dubitarsi che essa sia di proprietà esclusiva del titolare di questa unità abitativa, ma non perché la sua destinazione particolare superi la presunzione legale di comunione, bensì in quanto in tale caso la scala per le sue caratteristiche strutturali non rientra proprio nell’ambito delle cose comuni di cui all’art.1117cc.” (Cass., Sez.Un., 07-07-93 n.7449 in Arch. loc. 1993, pag.710). E la naturale destinazione del bene costituisce il parametro in base al quale distinguere la proprietà esclusiva dalle parti comuni, nelle ipotesi in cui tale destinazione non sia chiaramente desumibile dai titoli (F: Petrolati, V. Vitalone, Il condominio, problemi e soluzioni giurisprudenziali)


Il disegno di legge in materia di condominio

Il disegno di legge di riforma del condominio (ddl. n. 1708 ed altri), all’esame della Commissione Giustizia del Senato (in Immobili & Proprietà n.5/04 pag. 251, Riforma del condominio: ultime novità), inserendosi nel tessuto codicistico, modifica gli artt. 1117 cc. e ss. ed introduce nuove norme, ampliando anche gli adempimenti a carico dell’amministratore. Nella presente riflessione interessa la proposta di modifica dell’art.1117 cc., che desta perplessità per i riflessi giudiziari che può determinare. In base alla proposta di modifica, sono condominiali i beni enucleati nell’art. 1117 cc., se il contrario non risulta dal titolo, ed il titolo deve precisarne, a pena di nullità, la diversa destinazione d’uso. Conseguentemente, non potrà considerarsi idoneo, a superare la presunzione di condominialità, il titolo dal quale risulti implicitamente, sebbene in modo inequivocabile, la proprietà individuale, perché il titolo deve indicarne la diversa destinazione d’uso. Pertanto, per sottrarre un bene, che naturalmente presenta un rapporto di accessorietà rispetto alle singole unità abitative, alla destinazione condominiale, occorrerà una previsione puntuale della diversa destinazione, quasi a giustificarne la sottrazione alla naturale destinazione.

Sembra di capire che alla sanzione della nullità dovrà conseguire la natura condominiale del bene, atteggiandosi la sanzione come nullità relativa, che inficia la sola clausola di destinazione del bene. Resterà da vedere quando la indicazione della diversa destinazione del bene ridondi in una mera clausola di stile, ed incorra, pertanto, nella sanzione della nullità, aumentando, così, il non esiguo contenzioso in materia condominiale.
______________________
SENATO DELLA REPUBBLICA

———– XIV LEGISLATURA ———–
N. 1708
DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori BUCCIERO, GRECO, IOANNUCCI, IERVOLINO, SERVELLO, BOBBIO Luigi, GIRFATTI, DANZI, TREMATERRA, TATÒ, SUDANO, BRIGNONE, SEMERARO, MARANO, MEDURI, BALBONI, SALERNO, MUGNAI, PELLICINI, DE CORATO, PONTONE e COLLINO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 SETTEMBRE 2002

Modifica agli articoli 1117, 1120, 1124, 1129, 1130, 1137 e 1138 del codice civile, agli articoli 63, 64, 66, 67, 70 e 71 delle disposizioni di attuazione del codice civile nonchè all’articolo 7 del codice di procedura civile circa la disciplina del condominio negli edifici

Onorevoli Senatori. – L’esigenza di una riforma della disciplina del condominio è da decenni invocata da più parti.

Le motivazioni di tale esigenza sono dettate dall’inadeguatezza di un sistema normativo ancorato al 1942, ove il fenomeno condominiale era legato a diverse esigenze ed a modesti agglomerati urbani. La crescita esponenziale delle tipologie di abitazioni ha ingenerato innumerevoli casi che hanno trovato una disciplina più dalle consolidate pronunce giurisprudenziali che dal dettato normativo.
Si è inoltre constatato che la figura dell’amministratore condominiale, sempre più qualificata, si è notevolmente trasformata fino a consacrarsi in una tipologia professionale organizzata anche in forma societaria. L’attuale codice civile, giustamente ancorato alla figura del mandatario, lascia alcuni spazi aperti che, a seguito di casi sempre nuovi, danno adito a molti dubbi interpretativi che non giovano alla certezza del diritto. La valorizzazione normativa di tale funzione, nel riconoscere – nei limiti del possibile – la professionalità dei migliori amministratori, restringerà lo spazio alle improvvisazioni.
Tali esigenze si dovranno coniugare con la salvaguardia degli interessi dei condomini che risentono in prima persona dell’inadeguatezza e genericità normativa, con conseguente aumento della litigiosità.
La presente proposta appare satisfattiva degli interessi di tutte le parti, andando ad incidere sui meccanismi giudiziari, oggi ancora troppo lenti ed insoddisfacenti.
Per motivi di opportunità, si è operata un’integrazione del dettato normativo laddove il vuoto creava incertezze e diversità di pensieri, mantenendo integre le parti che hanno condotto, sia in dottrina che in giurisprudenza, a consolidate interpretazioni.
Certezza, controllo e mezzi giudiziari più rapidi sono, in sintesi gli obiettivi del presente disegno di legge.
In ordine alle parti comuni (articolo 1117 del codice civile), è apparso da un lato indispensabile ed opportuno ricomprendere nell’alveo delle «fondazioni» quelle parti che, per struttura morfologica, destinazione ed utilità ne sono necessariamente racchiuse ancorchè non previste dalla codificazione del 1942; dall’altro si è ritenuto opportuno aggiornare l’antica immagine del condominio verticale, comprendendovi anche la ormai consolidata realtà del condominio cosiddetto orizzontale.
In ordine all’articolo 1120 del codice civile si è ritenuto di chiarire l’assetto originario del disposto normativo specificando che l’innovazione, nel consistere in un alterazione e/o mutamento di destinazione del bene comune, si differenzia dalla modifica, lasciando ferma la possibilità per i condomini di adottare delibere con quorum ridotti in forza di leggi speciali. Si auspica in tal modo di rendere omogeneo e quindi premiare l’intervento dell’Autorità giudiziaria, che aveva, di fatto, ristretto in tal senso l’interpretazione dell’idea di innovazione consentita o meno.
Una questione molto dibattuta riguarda la compartecipazione alle spese relative alle scale da parte dei proprietari degli immobili situati al piano terreno, ovvero dei locali che abbiano un accesso alla propria unità separato rispetto a quello condominiale. Quanto ai primi è pacifico che essi debbano partecipare alla spesa con riferimento all’articolo 1124 del codice civile sia pur con i noti criteri relativi alla particolare posizione dell’appartamento interessato. Per quanto concerne invece gli immobili sempre situati al piano terra ma con ingresso indipendente e autonomo, si registrano pareri discordi. Sul punto si è condivisa la soluzione prospettata dalla Suprema corte con sentenza n. 761 del 1979 che ha ritenuto i ridetti proprietari tenuti «a concorrere alle spese di manutenzione dell’androne delle scale in rapporto e proporzione all’utilità che anch’essi possono, in ipotesi, trarre quali condomini e ciò sia avuto riguardo all’uso, ancorchè ridotto, che possono fare dell’androne e delle scale per accedere – come è loro diritto – nei locali di portineria e al tetto o lastrico solare, sia avuto riguardo all’obbligo ed alle connesse responsabilità che anch’essi hanno quali condomini, di prevenire e rimuovere ogni possibile situazione di pericolo che possa derivare all’incolumità degli utenti dall’inefficiente manutenzione dei suddetti beni comuni». Appare pleonastico sottolineare che tale scelta di campo risolverà anche le problematiche relative alla casistica circa l’esercizio del diritto di voto o meno di tali proprietari nelle ipotesi di approvazione di lavori riguardanti la manutenzione e la ricostruzione delle scale.
In merito all’articolo 1129 del codice civile, riaffermando il concetto secondo il quale il mandato all’amministratore deve rivestire i caratteri dell’intuitus personae, si è operata la necessaria e coerente scelta tesa a favorire – nell’ipotesi di amministrazione condominiale in forma societaria – solo quelle in cui vi è la prevalenza dell’elemento personale. Al contrario il sorgere di società di capitali comporterebbe, nell’ipotesi di patologia del rapporto, l’eventualità per i condomini di non poter percorrere efficacemente le strade tese all’acclaramento di responsabilità, i cui risultati sarebbero probabilmente vanificati dal beneficio della responsabilità limitata di cui godono le ridette società. Ovviamente la forma di società di persone prescelta certo non impedirà a quest’ultima di garantire, all’interno della medesima, una maggiore organizzazione di mezzi e di investimenti ferma restando la personale responsabilità dei soci.
Nella nuova formulazione del terzo comma del medesimo articolo 1129 si è ribadito un concetto desumibile dalle norme sul mandato ma che, nella prassi, crea diverse interpretazioni posto che alcuni amministratori, dopo la revoca dell’incarico con contestuale nomina del nuovo amministratore, chiedono ed ottengono compensi maturati nel periodo occorrente al passaggio di consegne. Per quest’equivoco di base si è potuto constatare, nella prassi quotidiana, come alcuni amministratori ritardino scientemente il passaggio di consegne al fine di maturare illegittimamente compensi non dovuti.
Nel nuovo quarto comma invece, prendendo atto della difficoltà di ottenere il rendiconto dall’amministratore revocato prima della scadenza (in specie ove costui non vanti eventuali crediti derivanti da anticipazioni personali), attese le difficoltà logistiche che un’improvvisa revoca possa comportare per l’organizzazione dello stesso, si è previsto un tempo congruo per consentire all’amministratore di predisporre il rendiconto prima della scadenza naturale e con facoltà del condominio di prevedere un compenso. Ovviamente restano invariati gli obblighi di consegna immediata di tutti i documenti utili atti a consentire la gestione condominiale anche in costanza di fenomeni di urgenza o comunque straordinari. Si è consapevoli che in via teorica l’obbligo del rendiconto (anche nel caso di revoca prima del mandato) sarebbe incluso tra i doveri dell’amministratore; pertanto, e sempre in via astratta, anche nell’ipotesi di revoca di cui sopra, lo stesso sarebbe tenuto a presentare il rendiconto. Ma nella realtà le cose stanno diversamente: infatti, numerosissime sono le situazioni nelle quali il nuovo amministratore provvede a rimediare alla mancata presentazione del rendiconto da parte del vecchio amministratore. Tale conseguenza è quasi sempre accompagnata o da richieste di ulteriori compensi da parte del nuovo amministratore o da un lavoro poco approfondito di controllo di vecchi carteggi e di «contabilità» redatte con criteri misteriosi. Il buon senso fa comprendere che unico obiettivo del nuovo amministratore è di chiudere alla meglio i conti del passato per rendere esigibili i conguagli. Al contempo sono rare le ipotesi nelle quali questo lavoro è eseguito con certosina precisione, a maggior ragione ove si pensi alla gratuità di tale incarico. La facoltà dell’assemblea, prevista al quarto comma, potrà sicuramente invogliare l’amministratore revocato prima della scadenza a rendersi più attivo, rispettando gli obblighi previsti dalla legge, e di contro cristallizzare sul medesimo eventuali responsabilità di natura contabile relativa alla sua gestione. L’assemblea, ovviamente, potrà approvare o non approvare questo rendiconto, ma con la previsione di cui al quarto comma aumenteranno le possibilità di presentazione da parte dell’amministratore revocato prima della scadenza con la naturale conseguenza di colorare tali documenti di una maggiore valenza probatoria per il rilievo di ulteriori responsabilità.
Nel nuovo sesto comma si sono volute tipizzare alcune ipotesi di «gravi irregolarità» atteso che la genericità della norma ha fatto proliferare diversificate interpretazioni a riguardo.
Le ipotesi sub lettere a), b) e c) sono quelle che hanno costituito, in linea di massima, un univoco indirizzo giurisprudenziale a riguardo, ma che assurgendo a tipizzazione normativa diminuiranno lo sforzo ermeneutico della magistratura investita.
Si vuole evidenziare in particolare il punto sub lettera c), che, nella ratio della presente modifica, porterà implicitamente a variare delle consuetudini errate, fonti di non pochi problemi sia in campo civile che in campo penale.
Tralasciando la ben più grave ipotesi di una coincidenza del conto corrente personale con quello del condominio, evidentemente indicativa di piena responsabilità, giova sottolineare che molti amministratori, sia per un’apparente semplicità di gestione, sia perchè indotti a tanto dagli stessi condomini, usano conti correnti unificati ove confluiscono le quote di vari condomìni amministrati dagli stessi. Tale pratico ma irregolare metodo è severamente censurato nel dettato del nuovo sesto comma dell’articolo 1129 del codice civile, posto che la confusione di patrimoni di diverse amministrazioni condominiali potrebbe ingenerare la paralisi gestionale contemporanea di tutti i condomìni. A tal proposito si ipotizzi un eventuale pignoramento presso terzi sulle somme depositate nell’unico conto corrente, effettuato da un fornitore di un qualsiasi condominio, che avrebbe l’effetto di paralizzare la disponibilità di tutte le altre somme ivi depositate ed appartenenti ad altri condomìni, con gli immaginabili disagi nonché i danni che ne conseguirebbero.
Nel settimo comma è ridata luce al registro per la nomina e per la revoca tenuto dall’amministratore di condominio, fino ad oggi rimasto virtuale. Tale registro, di proprietà del condominio amministrato, assurge ad una scrittura obbligatoria che ha la funzione di descrivere cronologicamente la successione nel tempo dei vari amministratori, la cui importanza pratica potrà essere utilmente esperita nei rapporti con i terzi al fine di palesare i poteri di rappresentanza.
Nel medesimo comma si è imposto l’onere della comunicazione (rectius – variazione), della nomina e della revoca dell’amministratore da parte di quest’ultimo alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente. Tale comunicazione sarà annotata quale variazione di dato collegato alla posizione del singolo amministratore iscritto al registro degli amministratori condominiali (RAC).
In ordine all’articolo 1130 del codice civile si è ritenuto opportuno riaffermare due princìpi a volte disattesi:

il primo riguarda il criterio da assumere per definire in quali e quante categorie classificare le spese sostenute. Questo non è un criterio contabile, bensì un criterio giuridico-tecnico, posto che, ove nulla disponga la legge, soccorre il regolamento o una delibera assembleare specifica, con la quale è consentito approvare specifici criteri di ripartizione in ordine a spese particolari non previste e, comunque, non preregolamentate. A tal proposito si è imposto il cosiddetto registro di contabilità (la cui funzione è già in essere presso la maggioranza degli amministratori), ove saranno aggiornate cronologicamente le singole quote di spese riscosse dai condomini, nonchè ciascuna spesa sostenuta. Il registro, pertanto, conterrà una sola colonna, così detta delle entrate, dove annotare le quote di spese riscosse, e tante colonne di spesa, ciascuna per ogni voce omogenea (ad esempio: assicurazione incendio e responsabilità civile; compenso amministratore e consulenti esterni; spese amministrative varie; manutenzione ordinaria; manutenzione straordinaria; compensi personale dipendente; contributi previdenziali ed assistenziali personale dipendente; accantonamento per trattamento fine rapporto; materiali di pulizia; illuminazione e lampade; forza motrice ascensore; consumi idrici; spese individuali; fornitura di combustibili per caldaia termosifoni; elettricità per forza motrice bruciatore caldaia; manutenzione impianto di riscaldamento, eccetera);

il secondo principio è quello della chiarezza del rendiconto di gestione. Per fare ciò non occorrerà impostare rendiconti sofisticati in quanto la contabilità condominiale non è rivolta alla rilevazione di fatti aziendali complessi quali i costi e i ricavi. Un rendiconto condominiale che usasse terminologie sofisticate, pur se contabilmente corrette, ovvero termini per addetti ai lavori di contabilità, non rispetterebbe la funzione di chiarezza con riguardo ai destinatari delle rendicontazioni. Tuttavia, è noto che alla fine di ogni gestione condominiale si riscontra l’esistenza di qualche condomino moroso nel versamento delle sue quote e, quindi, di qualche spesa ancora da erogare da parte dell’amministratore; in tale ipotesi, il rendiconto della gestione potrebbe assumere la forma semplicissima di una situazione di cassa e precisamente: più avanzo liquidità esercizio precedente in cassa; più conto corrente bancario e postale; più introiti per quote condominiali; più interessi maturati su conto corrente; meno pagamenti diversi.

Nella pratica è evidente la necessità che la chiusura del conto annuale evidenzi anche l’esistenza di crediti per quote condominiali non ancora incassate e di debiti per forniture di beni e servizi da saldare. Tale necessità trova la sua ragione nel necessario collegamento nel tempo dei rendiconti annuali.

Alla situazione di cassa, pertanto, andrà affiancata una situazione patrimoniale che evidenzi, alla chiusura del conto, le disponibilità liquide, i crediti ed i debiti.
In ordine alla norma regolante le impugnazioni delle delibere condominiali (articolo 1137 del codice civile), si è innanzitutto ritenuta necessaria l’eliminazione della parola «ricorso» posto che le intenzioni del legislatore (da sempre disattese) davano per scontato un sistema processuale più celere.
Nel corso degli anni si è pacificamente ritenuto che la citazione possa costituire l’equipollente del ricorso e che, di fatto, sia anche il mezzo più idoneo a rispettare i termini di decadenza. Tuttavia una sentenza isolata della Suprema corte e dottrina minoritaria hanno da un lato esaltato un revirment dell’adozione del mezzo giudiziale del ricorso, a pena di nullità (cfr. Cassazione, sentenza n. 6205 del 1997) e dall’altro si è ipotizzata una decadenza solo per gli atti di citazione, sia pur notificati nei termini, ma iscritti a ruolo oltre i trenta giorni dalla conoscenza della delibera impugnata.
In tale panorama, una norma chiara, che evidenzi la possibilità di impugnare le delibere con atto di citazione notificato nei termini di decadenza, si è ritenuta tutt’altro che superflua.
Ancora più incisivamente, al fine di determinare un’efficace tutela cautelare, si è prevista, oltre alla già esistente fase in causam, una fase cautelare ante causam che avrà il pregio di risolvere la querelle sulla inapplicabilità del nuovo processo cautelare al cautelare tipico previsto dall’articolo 1137 del codice civile. Inoltre questa fase preventiva e d’urgenza potrà costituire un più veloce mezzo per ottenere rapidamente la sospensione della esecutività della delibera impugnata, solo in caso di un pregiudizio irreparabile.
All’articolo 1138 si prevede l’introduzione dell’obbligo della sottoscrizione del regolamento da parte di ogni votante alla assemblea.
L’analisi della prassi ha suggerito la modifica dell’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile nella parte in cui si riducono a tre i mesi superati i quali l’amministratore potrà sospendere, al condomino moroso, l’utilizzazione dei servizi comuni, rivolgendosi al magistrato solo nella ipotesi di omessa previsione nei regolamenti.
La riduzione temporale e la possibilità, anche in assenza di previsione regolamentare, di sospendere i servizi comuni – ove ciò sia possibile – permetterà agli amministratori di tutelare più efficacemente i condomini adempienti.
Nell’articolo 64 delle disposizioni di attuazione, ove si regolamenta il tipo di procedura e di provvedimento per la revoca giudiziale dell’amministratore, stanti discutibili prassi di alcuni tribunali, non è apparso superfluo statuire il contraddittorio delle parti nell’audizione in camera di consiglio.
Nell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione si sono introdotte tre modifiche che decongestioneranno il contenzioso mirando alla certezza nel tempo delle delibere assembleari.
In primo luogo, dopo aver degradato l’incompleta o mancata convocazione del condomino a vizio annullabile e quindi soggetto alla decadenza del termine d’impugnativa della delibera nei trenta giorni dalla conoscenza della medesima, si è riservata tale possibilità solo ai condomini direttamente pretermessi e non a tutti. Lo scopo di tale rilevante inversione, che tiene conto della più recente giurisprudenza (cfr. Cassazione, sentenza n. 31 del 2000; tribunale di Milano, 27 settembre 2001, n. 10343) e della sciagurata prassi che vede il solito condomino litigioso paralizzare la volontà assembleare eccependo, magari dopo anni, la non rituale convocazione, è quello di premiare i partecipanti ed al tempo stesso evitare costosi giudizi.
Del resto il buon senso dovrebbe indurci a ritenere che un vizio di incompleta convocazione non può diventare una spada di Damocle sulle decisioni del condominio e nel contempo, un credito sine die del condomino, pronto ad usarlo alla prima occasione e per altri scopi.
Il diritto alla informazione non sarà certamente lesionato da un meccanismo che dà certezze sul futuro, ma che prevede, per i reali interessati a reclamare, un termine decadenziale di trenta giorni.
In secondo luogo si è meglio regolamentata la possibilità, nell’interesse del condominio, di tenere la seconda convocazione in più date, fermo restando che l’assemblea sia stata validamente costituita, ci si perdoni il gioco di parole, alla prima riunione tenutasi in seconda convocazione.
Intuibili i vantaggi: gli amministratori potranno convocare più riunioni con un unico avviso e con molta probabilità riusciranno a discutere tutti i punti all’ordine del giorno.
In terzo luogo si è ritenuto di dover statuire anche per il condominio il principio di limitare l’uso delle deleghe e, nell’ipotesi di amministratore interno, limitare il diritto di voto su determinati argomenti, quale l’approvazione dei rendiconti, ed in ogni altra ipotesi ove sia manifestamente palese il conflitto di interessi.
Nella medesima direzione si è ritenuto di dover modificare il regime sanzionatorio dettato dall’articolo 70 delle disposizioni di attuazione, in ordine alle infrazioni al regolamento di condominio. In prima battuta si è attualizzata la somma prevista nella norma portandola da lire 100 a euro 50. Successivamente si è prevista una procedura che, nel medesimo tempo, contemperi molteplici esigenze. L’infrazione pur essendo elevata dall’amministratore dovrà essere ratificata dall’assemblea che, con la maggioranza di cui all’articolo 1136 del codice civile, potrà determinare la quantificazione fino al massimo previsto indicato nel primo comma. Tale meccanismo elimina e/o comunque riduce eventuali eccessi di zelo e/o abusi di potere da parte dell’amministratore ma nel contempo offre a quest’ultimo un valido mezzo per colpire in modo rapido e satisfattivo il condomino inadempiente. La casistica giudiziale in ordine alle infrazioni al regolamento è numerosissima; tuttavia i tempi, i costi ed i risultati ottenuti non sono sempre pregni d’effetti risolutivi.
Al contrario gli odierni meccanismi processuali frustrano, il più delle volte, l’iniziativa dei condomini costretti a subire le angherie del condomino prepotente. In tale ipotesi gli innumerevoli richiami verbali e/o formali dell’amministratore, o le dichiarazioni di disappunto dei condomini in assemblea, non sempre sortiscono gli effetti sperati nei confronti del condomino inadempiente.
Inoltre, anche nell’ipotesi d’azione giudiziaria non sempre le sentenze emesse dopo lungo tempo sono rispettate, dando luogo ad incidenti d’esecuzione o a possibili azioni in sede penale (ex articolo 650 del codice penale) i cui tempi e la cui efficacia sono sotto gli occhi di tutti.
Le ridette problematiche, pertanto, potranno rapidamente essere risolte rivitalizzando in modo idoneo i meccanismi del regime sanzionatorio. Ovviamente il condomino sanzionato potrà proporre impugnazione della delibera assembleare, al solo fine di innescare la legittimità del suo comportamento. Con tale norma si esclude pertanto la possibilità di censurare la misura della sanzione, che sarà applicabile anche al nucleo familiare del proprietario, del conduttore e del detentore dell’immobile. Nell’ultimo comma si è opportunamente richiamato l’articolo 63 delle disposizioni d’attuazione al fine di consentire l’agevole riscossione della sanzione irrogata.
Di assoluto rilievo appare la creazione di un registro degli amministratori condominiali (RAC) presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, prevista dall’articolo 71 delle disposizioni d’attuazione. L’iscrizione obbligatoria da parte di tutti gli amministratori, anche di quelli che esercitano occasionalmente tale mandato, prevede dei requisiti minimi e non è soggetta ad esami. Il facile accesso all’iscrizione, tuttavia, viene ad essere pesantemente sanzionato in caso d’inottemperanza.
Gli amministratori dovranno comunicare alla camera di commercio le variazioni dei dati relativi alle nomine e revoche degli incarichi svolti, con l’indicazione dei complessi condominiali amministrati. La pubblicità del RAC assolve numerose aspettative: in primis quella dei cittadini, che potranno effettuare un rapido controllo sull’operatività dell’amministratore; in secondo luogo gli stessi amministratori potranno qualificarsi puntando le loro scelte gestionali su determinate zone, attuando il famoso principio del cosiddetto amministratore di quartiere. Tale meccanismo potrebbe gradualmente selezionare il mercato fin troppo selvaggio e congestionato. In ultimo, la pubblicità della notizia sugli incarichi svolti, nel poter dare immediati effetti anche di natura fiscale, qualificherà sempre più le imprese maggiormente organizzate.
Al fine di decongestionare, nonchè rendere efficace l’azione degli amministratori in ordine alla tenuta d’informazioni necessarie allo svolgimento del proprio mandato, si è attuata la modifica dell’articolo 7, terzo comma, numero 2), del codice di procedura civile nella parte in cui attribuisce al giudice di pace la competenza, qualunque sia il valore, delle procedure relative all’accertamento della titolarità degli immobili per la corretta formazione del registro d’anagrafe condominiale previsto dall’articolo 1130 del codice civile.
Appaiono pertanto visibilmente tracciati quei percorsi che, nell’ammodernare l’intero sistema normativo del condominio, forniscono veloci strumenti attuativi per la miglior gestione della cosa comune. Questa riforma sarà un valido strumento per gli amministratori, i quali potranno dimostrare sul campo la propria professionalità selezionando l’attuale mercato a tutto vantaggio dei condomini.


DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.

1. All’articolo 1117 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, numero 1):
1) dopo la parola «fondazioni» sono inserite le seguenti: «ivi comprese le intercapedini ed i terrapieni»;

2) dopo la parola «scale,» sono inserite le seguenti: «il sottoscala, i pianerottoli,»;
3) dopo la parola «cortili,» sono inserite le seguenti: «i giardini,»;

b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Le disposizioni di cui al presente articolo sono applicabili anche nella ipotesi di un complesso di edifici limitrofi, con riferimento alle parti che siano destinate, per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso del godimento comune e previa verifica della necessaria contitolarità del diritto di proprietà sulle parti comuni».

Art. 2.

1. All’articolo 1120, primo comma, del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alle parole «I condomini» sono anteposte le seguenti: «Salvo che la legge non disponga diversamente,»;

b) dopo la parola «innovazioni» sono inserite le seguenti: «che, nel determinare una alterazione dell’entità sostanziale o un mutamento della destinazione originaria del bene, siano».

Art. 3.

1. All’articolo 1124, primo comma, del codice civile, dopo la parola «servono» sono inserite le seguenti: «e dei locali che costituiscono corpo di fabbrica autonomo rispetto all’edificio principale».

Art. 4.

1. All’articolo 1129 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, dopo la parola «amministratore» sono inserite le seguenti: «che non potrà rivestire la forma di persona giuridica»;

b) i commi terzo e quarto sono sostituiti dai seguenti:

«All’amministratore revocato non spetta alcun compenso per il periodo relativo alle operazioni conseguenti alla successione dell’incarico, salva l’ipotesi di revoca senza nuova nomina.

Nell’ipotesi di revoca prima della scadenza, è dovuto all’amministratore un compenso determinato dall’assemblea in funzione del tempo necessario, non inferiore a venti giorni, per le operazioni di presentazione del rendiconto e di successione dall’incarico, fermo restando l’obbligo della consegna immediata della cassa, del libro verbale e di ogni altro carteggio relativo ad operazioni di riscossione delle quote nonchè a quelle da svolgere con urgenza, al fine di evitare la paralisi condominiale e il pregiudizio degli interessi dei singoli condomini.
L’amministratore può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’articolo 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità.
Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità dell’amministratore:

a) il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la nomina dello stesso;

b) la mancata esecuzione di un provvedimento giudiziario;
c) la gestione che generi una confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore ovvero patrimonialità inerenti a rapporti relativi ad altri condomini gestiti dal medesimo.

La nomina e la cessazione per qualunque causa dell’amministratore dall’ufficio devono essere annotate in apposito registro tenuto dall’amministratore, che provvede a darne comunicazione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente».

Art. 5.

1. All’articolo 1130 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, sono aggiunti in fine i seguenti numeri:
«4-bis) eseguire tutti gli adempimenti fiscali nonchè quelli previsti dal decreto del Ministero delle finanze del 12 novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 4 dicembre 1998;

4-ter) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale formato dai nominativi dei singoli proprietari e dai dati catastali di ogni appartamento nonchè da annotazioni circa eventuali limitazioni o ampliamenti inerenti l’esercizio del diritto di proprietà. Tali comunicazioni devono essere fornite in forma scritta dai singoli condomini all’amministratore entro quindici giorni dalla variazione dei dati. L’amministratore, in caso di inerzia, incompletezza o mancanza delle relative comunicazioni da parte dei condomini, deve richiedere a questi ultimi, con lettera raccomandata, tutte le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o non esaustiva risposta, l’amministratore può citare in giudizio il condomino inadempiente innanzi al giudice di pace competente ai sensi dell’articolo 7 del codice di procedura civile al fine di far accertare e disporre giudizialmente l’acquisizione di ogni elemento idoneo alla verifica della titolarità del bene. Il giudice di pace, qualora voglia avvalersi per l’accesso presso gli uffici competenti della consulenza di un tecnico, deve porre l’anticipazione delle spese a carico esclusivo del condomino inadempiente;
4-quater) curare la tenuta del tegistro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità. Nel registro dei verbali delle assemblee condominiali, al fine di garantire la tutela degli assenti, devono essere annotati: le eventuali mancate costituzioni delle assemblee, i contenuti delle discussioni e delle delibere formate nelle assemblee, nonchè le dichiarazioni espresse dai singoli condomini. Nel registro di nomina e revoca dell’amministratore devono essere annotate, in successione tra loro, le date della nomina e della revoca di ogni amministratore succedutosi nel condominio, nonchè la descrizione del decreto in caso di provvedimento giudiziale. Nel registro di contabilità devono essere annotati in ordine cronologico i singoli movimenti; esso contiene una sola colonna per le entrate, dove annotare le quote di spese riscosse e tante colonne di spesa, ciascuna per ogni voce omogenea di spesa. Tale registro può tenersi anche in via informatica»;

b) al secondo comma, dopo la parola «gestione» sono aggiunte le seguenti: «a mezzo di un rendiconto analitico ed intelligibile, redatto secondo il principio di cassa con la indicazione anche cronologica delle voci di entrata e d’uscita con riferimento alle singole partite».

Art. 6.

1. All’articolo 1137 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino dissenziente può adire l’autorità giudiziaria con atto di citazione; l’impugnazione non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa.»;
b) al terzo comma:
1) le parole: «Il ricorso deve essere proposto» sono sostituite dalle seguenti: «L’atto di citazione deve essere notificato»;

2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al predetto termine di impugnativa si applica la sospensione feriale di cui all’articolo 1 della legge 7 dicembre 1969, n. 742»;

c) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«Nei casi di palese contrarietà alla legge o al regolamento di condominio ovvero qualora vi siano valide ragioni per temere che l’imminente esecuzione della volontà assembleare comporti un pregiudizio irreparabile del diritto vantato, l’impugnativa con richiesta di sospensione della esecutività della delibera può essere proposta con ricorso depositato nella cancelleria del giudice competente a conoscere del merito ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile.

La proposizione del ricorso cautelare ante causam sospende il termine di decadenza dell’impugnativa, che riprende il suo decorso dopo dieci giorni dalla notifica del provvedimento di rigetto del ricorso cautelare.
Negli altri casi la richiesta di sospensione della esecutività della delibera può essere chiesta unitamente all’impugnativa proposta con atto di citazione o in corso di causa».


Art. 7.

1. All’articolo 1138, terzo comma, del codice civile le parole: «e trascritto nel registro indicato dall’ultimo comma dell’articolo 1129» sono sostituite dalle seguenti: «e, controfirmato da ogni votante, deve essere allegato al relativo verbale di approvazione facendone parte integrante».


Art. 8.

1. Il terzo comma dell’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile è sostituito dal seguente:

«In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un trimestre, l’amministratore può sospendere al condomino moroso l’utilizzazione dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato, chiedendo alla autorità giudiziaria la necessaria autorizzazione ove questa non sia già prevista dal regolamento».

Art. 9.

1. All’articolo 64, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile la parola «medesimo» è sostituita dalle seguenti: «in contraddittorio con il ricorrente».

Art. 10.

1. All’articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «in prima convocazione, specificando il luogo e l’ora della riunione. La incompleta o mancata convocazione dei condomini determina l’annullabilità della delibera assembleare impugnabile, nei termini di decadenza di cui all’articolo 1137 del codice, solo dai condomini, assenti o dissenzienti, titolari del diretto interesse alla completezza della convocazione in quanto da questa pretermessi»;
b) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«L’assemblea chiamata in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima.

L’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando i condomini con un unico avviso ove sono indicate le ulteriori date di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi, senza la necessità di ulteriori convocazioni».

Art. 11.

1. All’articolo 67 delle disposizioni di attuazione del codice civile, dopo il primo comma sono inseriti i seguenti:

«Ogni partecipante all’assemblea può essere munito di non più di due deleghe.

Nelle deliberazioni che riguardano la nomina o la revoca dell’amministratore l’approvazione del rendiconto preventivo e consuntivo non possono essere rilasciate deleghe all’amministratore. Nell’ipotesi in cui l’amministratore sia anche un condomino, a quest’ultimo non spetta il diritto di voto sulle materie relative all’approvazione dei suoi rendiconti e in ogni altra ipotesi ove sia manifestamente palese il conflitto di interessi».

Art. 12.

1. All’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole «lire cento» sono sostituite dalle seguenti: «euro cinquanta»;

b) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«L’infrazione è elevata dall’amministratore che ne chiede la ratifica all’assemblea condominiale alla prima convocazione utile.

L’assemblea, previa relazione dell’amministratore, verifica la fondatezza e la gravità della infrazione elevata al condomino ed in caso di ratifica, adottata con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice, determina la sanzione fino al massimo previsto al primo comma.
Il condomino sanzionato può proporre impugnazione alla delibera, nei modi e nei termini previsti all’articolo 1137 del codice, al fine di dimostrare la legittimità del suo comportamento. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al nucleo familiare del proprietario, del conduttore e del detentore dell’immobile.
Per la riscossione della sanzione irrogata, l’amministratore può avvalersi delle procedure previste all’articolo 63 delle presenti disposizioni».

Art. 13.

1. L’articolo 71 delle disposizioni di attuazione del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 71. – Presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura è istituito il registro degli amministratori condominiali (RAC) ove sono iscritti coloro che intendono esercitare l’attività di amministrazione dei condomìni anche a carattere saltuario e provvisorio, sotto qualsiasi forma, ad eccezione delle persone giuridiche.

L’iscrizione al RAC legittima all’esercizio dell’attività.
Per ottenere l’iscrizione nel RAC gli amministratori o i singoli soci delle società di persone esercenti l’attività di amministrazione devono presentare domanda alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura rispettivamente nella provincia di residenza o in quella ove le società hanno la sede legale dimostrando di essere in possesso dei seguenti requisiti fondamentali:

1) avere il godimento dei diritti civili;

2) avere conseguito il diploma di scuola media superiore;
3) essere iscritto ad una associazione di categoria.

Nel RAC debbono essere indicati: i dati anagrafici dell’amministratore; la data d’iscrizione nel registro; le variazioni dei dati relativi alle nomine e revoche degli incarichi, con l’indicazione dei complessi condominiali amministrati.

Il RAC è pubblico ed è sottoposto a revisione ogni quinquennio».

2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle attività produttive, sono emanate le disposizioni per l’esecuzione di quanto previsto al comma 1 del presente articolo. Il regolamento può contenere la previsione delle infrazioni e le relative sanzioni amministrative da un minimo di 200 euro fino a un massimo di 1.000 euro.

Art. 14.

1. All’articolo 7, terzo comma, numero 2), del codice di procedura civile sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonchè per le procedure relative all’accertamento da parte dell’amministratore della titolarità dell’immobile ai fini del corretto inserimento e mantenimento nel registro di anagrafe condominiale di cui all’articolo 1130, primo comma, numero 4-ter), del codice civile».

La redazione di megghy.com

 

 
   
 
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