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La riforma delle pensioni e i tempi del Capitale Umano
( Articolo di Sergio Sabetta 05.08.2004 )
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La riforma delle pensioni e i tempi del Capitale Umano

Prof. Sergio Sabetta
(Consulente di direzione)


E’ in corso da molti mesi un dibattito acceso, che in alcune occasioni ha portato anche allo scontro sociale, sul tema della riforma pensionistica. Non è qui il caso di soffermarsi sugli aspetti finanziari già ampiamente sviluppati e illustrati nel corso del dibattito sui vari mezzi di comunicazione, né si contesta l’ineluttabilità di una riforma necessaria alle esauste casse dello Stato e più volte sollecitata anche in ambito internazionale. Qui si vuole solo portare a delle rapide riflessioni sulle implicazioni che una tale riforma potrebbe avere sulla produttività del capitale umano.

Attualmente la riforma Dini con la legge n. 355/95 prevede la possibilità della maturazione del diritto alla pensione anticipata a partire da 57 anni a fronte di una penalizzazione sull’ammontare del trattamento, oltre alla creazione, per ora allo stato iniziale, degli ulteriori due pilastri dati dai fondi pensione e dalla previdenza individuale. S’introduce inoltre un meccanismo graduale di passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo con prestazioni d’importo più modesto.

Secondo la proposta Maroni* dal 2008 l’età pensionabile sarà portata a 60 anni più 35 di contributi, mentre dal 2010 l’età salirà a 61 e dopo una verifica fissata per il 2013 la soglia passerà a 62 anni. Vengono inoltre introdotti incentri per chi opterà per la permanenza in servizio, anche nella forma di un lavoro part-time.

A fronte di proposte di ammorbidimento dello scalino del 2008, con un innalzamento graduale dell’età del pensionamento, mantenendo comunque la possibilità di andare in pensione di anzianità, anche se con alcune penalizzazioni, vi sono altre proposte inserite nel D.D.L. di conversione del D.L. n. 136/2004 “ Disposizioni per la funzionalità della pubblica amministrazione” di prevedere per i dipendenti della P.A., ad esclusione degli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia nonché al personale delle forze armate, delle forze di polizia e del corpo dei vigili del fuoco, di chiedere il trattenimento in sevizio fino al compimento del 70° anno di età salvo parere favorevole dell’ Amministrazione, per non parlare dei casi in cui si è inteso estendere l’età lavorativa fino al limite dei 75 anni (riforma Castelli).

Da quanto fin qui detto emerge la necessità di considerare la permanenza lavorativa non solo da un punto strettamente finanziario ma anche da quello produttivo.

E’ evidente che il capitale umano, come qualsiasi altro fattore produttivo, ha una curva di rendimento più o meno estesa e non del tutto prevedibile, essendo l’uomo di natura biologica e non meccanica con i pro e i contro che ciò comporta.

Se si osserva la Curva di Laffer, ideata ai fini fiscali ma adattabile al capitale umano, si può notare che vi è un aumento della capacità lavorativa e quindi della redditività fino a un certo numero di anni a cui segue un decremento che potrà essere più o meno rapido. Laffer ha disegnato una parabola perfetta che è stata contestata relativamente alla traiettoria, ma la discussione sulla forma non mette in dubbio l’esistenza di tale curva con un inizio che per il nostro caso è dato dall’entrata nel ciclo produttivo e la fine che può farsi coincidere teoricamente con la morte del lavoratore. (Piergiorgio Odifreddi, Due belle curve “Il matematico impertinente”, in Le Scienze – luglio 2004)

Dobbiamo concentrare la nostra attenzione sul secondo arco della curva cercando le possibili cause che possano ritardare o aumentare la velocità della stessa, oltre la normale decadenza psico-fisica che varia da ogni essere umano ma incide profondamente sulle capacità produttive e di cui sembra non tenersi soverchio conto nel dibattito in corso.

Se noi tendiamo semplicemente a bloccare le pensioni per fini finanziari senza considerare la scala dei valori di Maslow, possiamo innescare pericolose reazioni di dispersione del capitale umano, che può portare a comportamenti lesivi sulla struttura organizzativa percepita quale prigione e blocco alla crescita della propria personalità. In altre parole si innescano comportamenti aggressivi, passivi o cinici non soddisfacentemente controllabili con condotte repressive, specie in presenza di lavoro non ripetitivo ed intellettuale, viene a mancare l’elemento della cooperazione con un gioco a “somma zero” in cui il guadagno di alcuni giocatori è esattamente a danna di altri. (Costa G., Mori P.A. – Introduzione alla teoria dei giochi – Mulino 1994)

Il valore del capitale umano può quindi diminuire o per decadenza fisica o per motivi psicologici, in entrambi i casi si ha distruzione di ricchezza diretta attraverso i costi strutturali ed indiretta con l’inefficienza della struttura. Interessante al riguardo è l’esperimento di Schroder da cui è emerso chiaramente che un alto indice di impegno e coinvolgimento dei dipendenti comporta un raggiungimento di performance superiori al resto del campione (Vergnano F., Quando il capitale umano crea valore, Il Sole 24 Ore – 12/7/2004 – pag. 22), al contrario nell’ultimo rapporto Eurydice emergono chiaramente le problematiche derivanti da una scarsa motivazione professionale e dalla conseguente volontà di allontanarsi dall’ambiente lavorativo con le relative strategie messe in atto ( Tripodi A., Prof. europei in crisi d’identità, Il Sole 24 Ore – 3/7/2004 – pag. 22).

Dovremmo, quindi, nell’allungare la vita lavorativa evitare di puntare esclusivamente ad aspetti finanziari anche se urgenti a scapito della qualità del capitale umano, come di usare tali problematiche per trasformare gli uffici in parcheggi umani.


*NdR - Definitivamente approvata il 29.07.2004 e sotto riportata


__________________________

Ddl Camera 2145-B - Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza e assistenza obbligatoria

Definitivamente approvato il 29.07.2004

Articolo 1.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi contenenti norme intese a:

a) liberalizzare l’età pensionabile;

b) eliminare progressivamente il divieto di cumulo tra pensioni e redditi da lavoro;

c) sostenere e favorire lo sviluppo di forme pensionistiche complementari;

d) rivedere il principio della totalizzazione dei periodi assicurativi estendendone l’operatività anche alle ipotesi in cui si raggiungano i requisiti minimi per il diritto alla pensione in uno dei fondi presso cui sono accreditati i contributi.

2. Il Governo, nell’esercizio della delega di cui al comma 1, fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, previste dai relativi statuti, dalle norme di attuazione e dal titolo V della parte II della Costituzione, si atterrà ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) individuare le forme di tutela atte a garantire la correttezza dei dati contributivi e previdenziali concernenti il personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni;

b) liberalizzare l’età pensionabile, prevedendo il preventivo accordo del datore di lavoro per il proseguimento dell’attività lavorativa qualora il lavoratore abbia conseguito i requisiti per la pensione di vecchiaia, con l’applicazione degli incentivi di cui ai commi da 12 a 17 e fatte salve le disposizioni di legge vigenti in materia di pensionamento di vecchiaia per le lavoratrici, e facendo comunque salva la facoltà per il lavoratore, il cui trattamento pensionistico sia liquidato esclusivamente secondo il sistema contributivo, di proseguire in modo automatico la propria attività lavorativa fino all’età di sessantacinque anni;

c) ampliare progressivamente la possibilità di totale cumulabilità tra pensione di anzianità e redditi da lavoro dipendente e autonomo, in funzione dell’anzianità contributiva e dell’età;

d) adottare misure volte a consentire la progressiva anticipazione della facoltà di richiedere la liquidazione del supplemento di pensione fino a due anni dalla data di decorrenza della pensione o del precedente supplemento;

e) adottare misure finalizzate ad incrementare l’entità dei flussi di finanziamento alle forme pensionistiche complementari, collettive e individuali, con contestuale incentivazione di nuova occupazione con carattere di stabilità, prevedendo a tale fine:

1) il conferimento, salva diversa esplicita volontà espressa dal lavoratore, del trattamento di fine rapporto maturando alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, garantendo che il lavoratore stesso abbia una adeguata informazione sulla tipologia, le condizioni per il recesso anticipato, i rendimenti stimati dei fondi di previdenza complementare per i quali è ammessa l’adesione, nonché sulla facoltà di scegliere le forme pensionistiche a cui conferire il trattamento di fine rapporto, previa omogeneizzazione delle stesse in materia di trasparenza e tutela, e anche in deroga alle disposizioni legislative che già prevedono l’accantonamento del trattamento di fine rapporto e altri accantonamenti previdenziali presso gli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, per titoli diversi dalla previdenza complementare di cui al citato decreto legislativo n. 124 del 1993;

2) l’individuazione di modalità tacite di conferimento del trattamento di fine rapporto ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, tramite loro strutture pubbliche o a partecipazione pubblica all’uopo istituite, oppure in base ai contratti e accordi collettivi di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 3 e al comma 2 dell’articolo 9 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, nonché ai fondi istituiti in base alle lettere c) e c-bis) dell’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto legislativo, nel caso in cui il lavoratore non esprima la volontà di non aderire ad alcuna forma pensionistica complementare e non abbia esercitato la facoltà di scelta in favore di una delle forme medesime entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del relativo decreto legislativo, emanato ai sensi del comma 1 e del presente comma, ovvero entro sei mesi dall’assunzione;

3) la possibilità che, qualora il lavoratore abbia diritto ad un contributo del datore di lavoro da destinare alla previdenza complementare, detto contributo affluisca alla forma pensionistica prescelta dal lavoratore stesso o alla quale egli intenda trasferirsi ovvero alla quale il contributo debba essere conferito ai sensi del numero 2);

4) l’eliminazione degli ostacoli che si frappongono alla libera adesione e circolazione dei lavoratori all’interno del sistema della previdenza complementare, definendo regole comuni, in ordine in particolare alla comparabilità dei costi, alla trasparenza e portabilità, al fine di tutelare l’adesione consapevole dei soggetti destinatari; la rimozione dei vincoli posti dall’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, al fine della equiparazione tra forme pensionistiche; l’attuazione di quanto necessario al fine di favorire le adesioni in forma collettiva ai fondi pensione aperti, nonché il riconoscimento al lavoratore dipendente che si trasferisca volontariamente da una forma pensionistica all’altra del diritto al trasferimento del contributo del datore di lavoro in precedenza goduto, oltre alle quote del trattamento di fine rapporto;

5) che la contribuzione volontaria alle forme pensionistiche possa proseguire anche oltre i cinque anni dal raggiungimento del limite dell’età pensionabile;

6) il ricorso a persone particolarmente qualificate e indipendenti per il conferimento dell’incarico di responsabile dei fondi pensione nonché l’incentivazione dell’attività di eventuali organismi di sorveglianza previsti nell’ambito delle adesioni collettive ai fondi pensione aperti, anche ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124;

7) la costituzione, presso enti di previdenza obbligatoria, di forme pensionistiche alle quali destinare in via residuale le quote del trattamento di fine rapporto non altrimenti devolute;

8) l’attribuzione ai fondi pensione della contitolarità con i propri iscritti del diritto alla contribuzione, compreso il trattamento di fine rapporto cui è tenuto il datore di lavoro, e la legittimazione dei fondi stessi, rafforzando le modalità di riscossione anche coattiva, a rappresentare i propri iscritti nelle controversie aventi ad oggetto i contributi omessi nonché l’eventuale danno derivante dal mancato conseguimento dei relativi rendimenti;

9) la subordinazione del conferimento del trattamento di fine rapporto, di cui ai numeri 1) e 2), all’assenza di oneri per le imprese, attraverso l’individuazione delle necessarie compensazioni in termini di facilità di accesso al credito, in particolare per le piccole e medie imprese, di equivalente riduzione del costo del lavoro e di eliminazione del contributo relativo al finanziamento del fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto;

10) che i fondi pensione possano dotarsi di linee d’investimento tali da garantire rendimenti comparabili al tasso di rivalutazione del trattamento di fine rapporto;

11) l’assoggettamento delle prestazioni di previdenza complementare a vincoli in tema di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità analoghi a quelli previsti per la previdenza di base;

f) prevedere che i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatoria debbano essere erogati con calcolo definitivo dell’importo al massimo entro un anno dall’inizio dell’erogazione;

g) prevedere l’elevazione fino ad un punto percentuale del limite massimo di esclusione dall’imponibile contributivo delle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali o di secondo livello;

h) perfezionare l’unitarietà e l’omogeneità del sistema di vigilanza sull’intero settore della previdenza complementare, con riferimento a tutte le forme pensionistiche collettive e individuali previste dall’ordinamento, e semplificare le procedure amministrative tramite:

1) l’esercizio da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell’attività di alta vigilanza mediante l’adozione, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, di direttive generali in materia;

2) l’attribuzione alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ferme restando le competenze attualmente ad essa attribuite, del compito di impartire disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali fra tutte le forme pensionistiche collettive e individuali, ivi comprese quelle di cui all’articolo 9-ter del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e di disciplinare e di vigilare sulle modalità di offerta al pubblico di tutti i predetti strumenti previdenziali, compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio, al fine di tutelare l’adesione consapevole dei soggetti destinatari;

3) la semplificazione delle procedure di autorizzazione all’esercizio, di riconoscimento della personalità giuridica dei fondi pensione e di approvazione degli statuti e dei regolamenti dei fondi e delle convenzioni per la gestione delle risorse, prevedendo anche la possibilità di utilizzare strumenti quale il silenzio assenso e di escludere l’applicazione di procedure di approvazione preventiva per modifiche conseguenti a sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari;

i) ridefinire la disciplina fiscale della previdenza complementare introdotta dal decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, in modo da ampliare, anche con riferimento ai lavoratori dipendenti e ai soggetti titolari delle piccole e medie imprese, la deducibilità fiscale della contribuzione alle forme pensionistiche complementari, collettive e individuali, tramite la fissazione di limiti in valore assoluto ed in valore percentuale del reddito imponibile e l’applicazione di quello più favorevole all’interessato, anche con la previsione di meccanismi di rivalutazione e di salvaguardia dei livelli contributivi dei fondi preesistenti; superare il condizionamento fiscale nell’esercizio della facoltà di cui all’articolo 7, comma 6, lettera a), del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni; rivedere la tassazione dei rendimenti delle attività delle forme pensionistiche rendendone più favorevole il trattamento in ragione della finalità pensionistica; individuare il soggetto tenuto ad applicare la ritenuta sulle prestazioni pensionistiche corrisposte in forma di rendita in quello che eroga le prestazioni;

l) prevedere che tutte le forme pensionistiche complementari siano tenute ad esporre nel rendiconto annuale e, in modo sintetico, nelle comunicazioni inviate all’iscritto, se ed in quale misura siano presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali nella gestione delle risorse finanziarie derivanti dalle contribuzioni degli iscritti così come nell’esercizio dei diritti legati alla proprietà dei titoli in portafoglio;

m) realizzare misure specifiche volte all’emersione del lavoro sommerso di pensionati in linea con quelle previste dalla legge 18 ottobre 2001, n. 383, in materia di emersione dall’economia sommersa, relative ai redditi da lavoro dipendente e ai redditi di impresa e di lavoro autonomo ad essi connessi;

n) completare il processo di separazione tra assistenza e previdenza, prevedendo che gli enti previdenziali predispongano, all’interno del bilancio, poste contabili riferite alle attività rispettivamente assistenziali e previdenziali svolte dagli stessi enti, al fine di evidenziare gli eventuali squilibri finanziari e di consentire la quantificazione e la corretta imputazione degli interventi di riequilibrio a carico della finanza pubblica;

o) ridefinire la disciplina in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi, al fine di ampliare progressivamente le possibilità di sommare i periodi assicurativi previste dalla legislazione vigente, con l’obiettivo di consentire l’accesso alla totalizzazione sia al lavoratore che abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età sia al lavoratore che abbia complessivamente maturato almeno quaranta anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età anagrafica, e che abbia versato presso ogni cassa, gestione o fondo previdenziale, interessati dalla domanda di totalizzazione, almeno cinque anni di contributi. Ogni ente presso cui sono stati versati i contributi sarà tenuto pro quota al pagamento del trattamento pensionistico, secondo le proprie regole di calcolo. Tale facoltà è estesa anche ai superstiti di assicurato, ancorché deceduto prima del compimento dell’età pensionabile;

p) applicare i princìpi e i criteri direttivi di cui al comma 1 e al presente comma e le disposizioni relative agli incentivi al posticipo del pensionamento di cui ai commi da 12 a 17, con le necessarie armonizzazioni, al rapporto di lavoro con le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, previo confronto con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative dei datori e dei prestatori di lavoro, le regioni, gli enti locali e le autonomie funzionali, tenendo conto delle specificità dei singoli settori e dell’interesse pubblico connesso all’organizzazione del lavoro e all’esigenza di efficienza dell’apparato amministrativo pubblico;

q) eliminare sperequazioni tra le varie gestioni pensionistiche, ad esclusione di quelle degli enti di diritto privato di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509, e 10 febbraio 1996, n. 103, nel calcolo della pensione, al fine di ottenere, a parità di anzianità contributiva e di retribuzione pensionabile, uguali trattamenti pensionistici;

r) prevedere, in caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, forme di contribuzione figurativa per i soggetti che presentano situazioni di disabilità riconosciuta ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per i soggetti che assistono familiari conviventi che versano nella predetta situazione di disabilità;

s) agevolare l’utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori che abbiano maturato i requisiti per l’accesso al pensionamento di anzianità;

t) prevedere la possibilità, per gli iscritti alla gestione di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, di ottenere, fermo restando l’obbligo contributivo nei confronti di tale gestione, l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione presso altre forme di previdenza obbligatoria, al fine di conseguire il requisito contributivo per il diritto a pensione a carico delle predette forme;

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