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20/12/2004 Immissione di odori e tutela della salute
(Tribunale di Mantova, Sez. II – Giudice Unico Dott. Mauro Bernardi - Sentenza del giorno 5 novembre 2004. )

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Immissione di odori e tutela della salute
La salute, bene che trova tutela negli artt. 32 Cost. e 2059 c.c., va inteso come stato di benessere psicofisico la cui lesione viene determinata da ogni immissione idonea a provocare stress, esasperazione e tensione psicologica anche a rescindere dalla prova dell`esistenza di patologie.

La sentenza


Tribunale di Mantova, Sez. II – Giudice Unico Dott. Mauro Bernardi - Sentenza del giorno 5 novembre 2004.
Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 11-1-2002 gli attori assumevano a) di abitare in ***, via ** ad una distanza di circa 200 metri dallo stabilimento della Alfa s.n.c. la cui attività consisterebbe nello smaltimento di scarti di lavorazione conciaria denominati carniccio; b) che lo stoccaggio, la lavorazione e lo spandimento di tali rifiuti da parte della Alfa (classificata come industria insalubre ai sensi dell’art. 216 t.u.l.p.s.) produrrebbe odori nauseabondi nonché l’inquinamento del terreno; c) che tali attività avrebbero impedito ad essi di vivere normalmente provocando nausea, insonnia e stati ansiosi, integrando la violazione delle norme di cui agli artt. 844, 2043 e 2050 c.c., 32 Cost., 582 o 590 c.p. nonché della disciplina pubblicistica ed amministrativa applicabile alla fattispecie in questione: alla luce di ciò gli istanti chiedevano la condanna della convenuta al risarcimento dei danni ed inoltre l’emanazione dell’ordine di cessazione dell’attività lesiva.

La convenuta, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda assumendo che l’attività di lavorazione e spargimento nel terreno del carniccio avveniva nel pieno rispetto della normativa vigente, che la propagazione (peraltro occasionale) di odori non gradevoli sarebbe contenuta nella sola area di pertinenza dell’opificio e avrebbe carattere analogo a quella (del tutto normale nelle zone agricole come quella in questione) derivante dall’utilizzo di liquami zootecnici ed infine che non sussisterebbe la violazione delle norme civili e penali indicate dalla controparte.

Esperita l'istruttoria orale e disposta c.t.u., affidata al dott. ****, la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate.

Motivi

La domanda è fondata e merita accoglimento.

In primo luogo va disattesa l’eccezione di nullità della consulenza tecnica sollevata dalla difesa degli attori in relazione al fatto che il c.t.u. avrebbe effettuato dei sopralluoghi senza previa convocazione dei consulenti di parte (dovendosi peraltro rimarcare che una siffatta modalità di indagine era stata suggerita all’udienza del 11-4-2003 dallo stesso patrono attoreo) atteso che, comunque, siffatti accessi non hanno apportato elementi tali da condizionare l’attendibilità e le conclusioni delle indagini effettuate nel pieno rispetto del contraddittorio.

Precisato che solo la Verdi, per sua stessa ammissione e per come risulta dalla denuncia di successione, è proprietaria della casa di abitazione coniugale (la quale dista circa 200 metri dallo stabilimento della Alfa) avendola ereditata nel 1986 mentre il marito non è titolare di diritti domenicali sui terreni interessati alla presente controversia, occorre evidenziare che la società convenuta oltre ad esercitare l’attività di coltivazione di fondi per circa 1500 ha., ha iniziato sin dal ** l’attività di produzione (finalizzata sia al diretto utilizzo che alla vendita a terzi) di un ammendante biologico organico in forma liquida, utilizzabile in agricoltura, tramite la trasformazione del carniccio (la cui definizione è contenuta nel D.M. 5-9-1994) e cioè di scarti di lavorazione delle pelli e di macellazione avicola, cunicola, suinicola ed ittica.

Dalle testimonianze rese indistintamente dai numerosi testi escussi (anche di parte convenuta con l’unica eccezione del Rossi, dipendente della Alfa) emerge come l’attività di lavorazione del prodotto sopra menzionato (e denominato idrobios) abbia provocato nel corso del tempo la frequente dispersione nell’aria di odori particolarmente graveolenti, ristagnanti (leggasi testimonianze Omega e Gamma), avvertibili lungo un raggio di due-tre chilometri dal luogo di produzione e chiaramente distinguibili da quelli provenienti dai liquami degli allevamenti suinicoli pure presenti in zona.

Occorre poi sottolineare che la maggiore intensità del fenomeno si è avuta a partire dall’anno 2000 come risulta in particolare dalle dichiarazioni dei testi Zeta e Kappa che hanno trovato puntuale conferma negli articoli apparsi sui quotidiani locali durante il 2001 ed il 2002, nelle lettere di protesta inviate da molti cittadini alle pubbliche autorità sempre nel medesimo periodo, nelle considerazioni svolte nella relazione tecnica (v. pg. 19) avendo il dott. **** ritenuto plausibile che, prima dei miglioramenti tecnologici apportati all’impianto (posti in essere a partire dalla fine del 2001), presso l’abitazione dei Bianchi, l’intensità e la frequenza delle emissioni maleodoranti fosse più intensa e quindi più molesta e nauseante nonché nelle relazioni redatte da funzionari dell’ARPA datate 17-3-2001 e 11-5-2001 (segnalandosi in particolare che, nella prima, si dà atto della mancanza di dispositivi atti ad impedire la diffusione di odori).

Da ultimo va aggiunto che, nel corso del giugno-luglio 2003, a seguito di rilievi effettuati sui biofiltri da parte dell’ARPA (vedasi in proposito la tabella allegata alla relazione tecnica) è emerso che i valori delle unità olfattometriche sono risultati ampiamente superiori rispetto ai limiti delle 200 U.O./mc. previsti dal provvedimento di autorizzazione (cfr. D.G.R. 21283/2002) tanto da far ritenere ai tecnici preposti che “l’efficienza dei sistemi depurativi costituiti dai soli filtri biologici, preceduti da un umidificatore, non è tale da garantire il rispetto dei limiti di legge” sicché il superamento di tale dato fa ragionevolmente supporre che la diffusione delle emissioni odorose sia continuata e, a conferma di ciò, va menzionato il fatto che, a seguito della segnalazione da parte degli attori di nuove emissioni moleste nel periodo settembre-ottobre 2003, il c.t.u. ha potuto averne conferma direttamente dalla convenuta sia pure dando atto della casualità delle stesse (vedasi pg. 20 della relazione tecnica).

Né può andare sottaciuto il fatto che, per molto tempo, l’attività in questione è stata svolta in assenza delle necessarie autorizzazioni amministrative (vedasi decreti del Sindaco di ** datati 19-7-1995, 19-11-1999 e 9-11-2002 che non risulta siano stati annullati e debbono presumersi legittimi).

Occorre poi sottolineare che il dott. Kappa (medico di famiglia degli attori) ha riferito che gli istanti erano stati colpiti da sindrome ansioso-depressiva chiaramente derivata dalla frequente diffusione delle emissioni maleodoranti tanto da avere loro prescritto (come documentato in atti) farmaci ansiolitici e sonniferi laddove, in precedenza, tali pazienti non avevano lamentato alcun disturbo.

Alla luce di siffatte affermazioni, della durata, frequenza, intensità e persistenza dei miasmi provenienti dall’opificio come ricavabili dalla molteplicità degli elementi di prova sopra esposti ed in considerazione della estrema vicinanza all’opificio dell’abitazione degli attori (200 m.l.), deve ritenersi che le immissioni odorose abbiano superato la normale tollerabilità e che la società convenuta abbia conseguentemente violato il diritto degli istanti alla salute (bene che trova tutela negli artt. 32 Cost. e 2059 c.c. secondo il nuovo inquadramento effettuato dalla giurisprudenza di legittimità: cfr. Cass. 20-2-2004 n. 3399; Cass. 12-12-2003 n. 19057; Cass. 31-5-2003 n. 8827) da intendersi come stato di benessere psicofisico la cui lesione viene determinata da ogni immissione idonea a provocare stress, esasperazione e tensione psicologica anche a prescindere dalla prova dell’esistenza di patologie.

Sul punto va inoltre evidenziato, da un lato, che il rispetto delle disposizioni pubblicistiche in tema di emissioni (peraltro non certo sempre osservate come sopra evidenziato) non esclude l’applicabilità delle norme che tutelano la salute nei rapporti interprivati le quali richiedono l’accertamento, caso per caso, della tollerabilità o meno delle immissioni e della loro concreta lesività per il riposo e la quiete di ogni soggetto interessato (cfr. Cass. 3-2-1999 n. 915) e, dall’altro, che, ove risultino superati i limiti della normale tollerabilità, si è in presenza di un’attività illegittima e non sono applicabili i criteri previsti dall’art. 844 c.c. ma, venendo in considerazione unicamente l’illiceità del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell’azione generale di risarcimento danni di cui all’art. 2043 c.c. (in tal senso vedasi Cass. 7-8-2002 n. 11915; Cass. 6-12-2000 n. 15509; Cass. 29-11-1999 n. 13334; Cass. 1-2-1995 n. 1156) ovvero di cui all’art. 2059 c.c. secondo la nuova prospettazione giurisprudenziale con riguardo al bene della salute.

Tenuto conto che il superamento della normale tollerabilità si è verificato a partire dall’anno 2000, della diversa intensità delle emissioni maleodoranti nel corso del tempo (ridottesi di frequenza per effetto delle innovazioni tecnologiche adottate dalla convenuta), della natura transeunte dell’aggressione alla salute ed in difetto di più puntuali elementi di valutazione, appare equo liquidare la somma di euro 5.000,00 a favore di ciascuno degli attori, importo da ritenersi comprensivo di interessi e rivalutazione monetaria cui debbono aggiungersi gli interessi al tasso legale dalla data della sentenza sino al saldo definitivo.

Per quanto concerne invece la domanda di inibitoria dell’attività di stoccaggio, trasformazione e spargimento sul terreno dell’ammendante va rilevato che il progressivo adeguamento tecnologico degli impianti e la riduzione dei fenomeni di cui ha dato atto il c.t.u. nonché la presentazione, da parte della convenuta, di un progetto per l’ulteriore abbattimento del carico odorigeno secondo quanto risulta dalla relazione dell’ARPA datata 31-7-2003, impongono la necessità di disporre un supplemento di indagine al fine di verificare se tuttora sussistano i presupposti per ordinare la cessazione delle emissioni odorose sicché, con separata ordinanza, va disposta la convocazione delle parti e del c.t.u. avanti al Giudice Istruttore, accertamento questo che comporta l’inutilità di dare corso all’ulteriore istruttoria orale nuovamente richiesta dalla difesa degli istanti in sede di precisazione delle conclusioni.

Stante la natura parziale della sentenza nessuna statuizione va adottata in ordine alle spese di lite da liquidarsi al momento della decisione definitiva.

P.Q.M.

il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, non definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede:

condanna la società Alfa s.n.c. in persona del legale rappresentante a pagare in favore degli attori la somma di euro 10.000,00 oltre agli interessi legali dalla data della sentenza sino al saldo definitivo;

rimette alla decisione definitiva ogni statuizione sulle spese del giudizio;

dispone la convocazione avanti a sé delle parti e del c.t.u. come da separata ordinanza.

Così deciso in Mantova, lì 5-11-2004

 La redazione di megghy.com

 

 
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