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Difensore d'ufficio
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Difensore d'ufficio: stessa disciplina applicabile se imputato irreperibile o latitante
( Cassazione , sez. I penale, sentenza 04.03.2004 n° 10367 )
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Cassazione
Sezione prima penale (cc)
Sentenza 11 febbraio-4 marzo 2004, n. 10367
(Presidente Teresi – Relatore Silvestri)


Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 21 novembre 2002, il Tribunale di Milano respingeva il ricorso proposto dall’avv. Roberta Ligotti avverso il provvedimento in data 31 marzo 2001 della locale Corte di Assise, con cui era stata rigettata la richiesta di liquidazione dei compensi professionali quale difensore di ufficio di Francesco Salerno, imputato latitante, rilevando che la liquidazione era preclusa dal mancato esperimento delle procedure per il recupero del credito professionale e che non era applicabile la disposizione eccezionale riguardante il difensore di ufficio di imputato irreperibile.

La Ligotti proponeva ricorso per Cassazione chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per violazione di legge e vizi logici della motivazione, sull’assunto che, ai fini della liquidazione del compenso al difensore di ufficio, era stata erroneamente esclusa l’equiparazione tra imputato irreperibile e imputato latitante.

Considerato in diritto
1. La remunerazione del difensore di ufficio dell’imputato era regolata dagli articoli 32 e 32bis disp. att. Cpp, nel testo sostituito dagli articoli 17 e 18 della legge 60/2001, la cui disciplina è stata ora trasfusa, senza modificazioni sostanziali, negli articoli 116 e 117 del Dpr 115/02, contenente il Tu delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.

L’articolo 116, comma 1, dispone che l’onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio dell’imputato sono liquidati dal magistrato, nella misura e con le modalità previste per il patrocinio a spese dello Stato (articolo 82 del Dpr 115/02 cit.), quando il difensore dimostra di avere esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali.

Dall’inequivoca portata della disposizione traspare che il difensore di ufficio ha l’onere di attivare le azioni occorrenti per ottenere il pagamento del credito sorto in dipendenza del rapporto di prestazione d’opera professionale e che, soltanto a seguito dell’infruttuoso tentativo di conseguire l’adempimento dell’obbligazione gravante sull’imputato, diventa operativa la responsabilità sussidiaria dello Stato per il pagamento delle spese e dell’onorario.

L’assetto della disciplina trova specifica ragione giustificativa nell’intento di assicurare la concretezza ed effettività della difesa di ufficio, che, per essere tale, non può evidentemente prescindere dalla garanzia per il difensore della percezione della retribuzione per l’opera professionale prestata a favore dell’imputato. Ne segue che, non essendo pensabile una difesa di ufficio realmente efficace senza che il difensore sia remunerato, tale garanzia è data proprio dall’intervento dello Stato, il quale, in via sussidiaria, è tenuto a sostituirsi all’imputato nel pagamento dell’onorario e delle spese, quando il difensore non sia riuscito ad ottenerlo dall’obbligato principale, in stretta correlazione col precetto costituzionale che, definendo la difesa come “diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento” (articolo 24, comma 2, Costituzione), si specifica nel processo penale quale diritto-dovere di difesa dell’imputato.

2. Per una corretta soluzione della questione relativa al diritto del difensore di ufficio a percepire i compensi dallo Stato qualora l’imputato sia latitante, occorre coordinare la disposizione contenuta nell’articolo 116, comma 1, del Dpr cit. con la disposizione di cui al successivo articolo 117, che, nel prevedere l’obbligo diretto dello Stato di corrispondere l’onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio di persona irreperibile, esonera il legale dall’onere del preventivo esperimento delle procedure di recupero del credito.

Il tema relativo ai rapporti tra l’articolo 116 e l’articolo 117 del Dpr 115/02 ha fatto registrare difformità di posizioni nella giurisprudenza di questa Corte. Secondo un primo indirizzo, la normativa ex articolo 117 ha carattere eccezionale, in quanto costituisce deroga alla regola generale posta dall’articolo 116, onde la norma relativa all’imputato irreperibile non è applicabile, per via analogica, oltre il caso tassativamente previsto.

In tale prospettiva interpretativa, è stato ritenuto che l’applicabilità del principio secondo cui il difensore d’ufficio dell’indagato, dell’imputato e del condannato irreperibile è retribuito in base alle norme relative al patrocinio a spese dello Stato, presuppone sempre un previo provvedimento di irreperibilità reso dall’autorità giudiziaria nella fase delle indagini preliminari, del giudizio o, in sede di esecuzione, dopo la condanna, senza che possa avere rilevanza la condizione della mera irreperibilità di fatto, non accertata con le forme prescritte dall’articolo 159 Cpp (Cassazione, Sezione quarta, 20 dicembre 2002, Battistella, rv. 224011). Nella medesima ottica, con riguardo ad una situazione identica a quella in esame, è stato stabilito che, attesa la ontologica differenza tra latitanza ed irreperibilità, deve escludersi che al difensore d’ufficio del latitante possa applicarsi la disciplina dettata in materia di retribuzione del difensore d’ufficio dell’irreperibile dall’articolo 32bis disp. att. Cpp, oggi sostituito dall’articolo 117 del Tu sulle, spese di giustizia approvato con Dpr 115/02 (Cassazione, Sezione, prima, 3 luglio 2003, Elia, rv. 226144).

3. Il Collegio ritiene di non potere condividere tale linea interpretativa, in quanto essa non è rispondente ad una corretta analisi ricostruttiva della disciplina sulla liquidazione dell’onorario e delle spese spettanti al difensore di ufficio né coglie i reali rapporti esistenti tra gli articoli 116 e 117 del Dpr 115/02. In particolare, va sottolineato che il predetto orientamento giurisprudenziale muove dall’errata premessa che la disposizione di cui all’articolo 117 debba catalogarsi tra le norme eccezionali e derogatorie. L’errore risulta palese quando si considera che, se è vero che la regola generale dettata dall’articolo 116 subordina l’obbligo diretto dello Stato alla condizione del previo esperimento delle procedure di recupero del credito professionale, è parimenti certo che non avrebbe alcun senso pretendere l’esistenza di tale condizione quando l’imputato è irreperibile e contro di lui non possono utilmente azionarsi quelle procedure. La previsione dell’articolo 117 non rappresenta, perciò, una deroga o un’eccezione alla regola generale, ma ne costituisce uno sviluppo razionale e una lineare applicazione, onde inconfutabili ragioni di coerenza logica impongono di riconoscere che l’obbligo diretto dello Stato opera in tutti i casi nei quali il difensore di ufficio si trova nell’impossibilità di rintracciare l’imputato per esercitare le azioni di recupero. Una siffatta posizione interpretativa sta alla base di recenti pronunce di questa Corte con le quali è stato stabilito che l’onere, imposto al difensore d’ufficio ai sensi dell’articolo 32 disp. att. Cpp, di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali, per ottenere dallo Stato il compenso dovutogli in base alla normativa sul patrocinio dei non abbienti, deve ritenersi escluso ai sensi dell’articolo 32bis disp. att. non soltanto nel caso in cui l’assistenza risulti prestata a favore di un soggetto dichiarato formalmente irreperibile, ma anche nel caso in cui, pur non essendo stato emesso decreto di irreperibilità, possa ritenersi accertata l’esistenza di una situazione di irreperibilità di fatto del soggetto (Cassazione, Sezione quarta, 3 dicembre 2002, Abate Azaro, rv. 224329; Sezione prima, 3 luglio 2003, Lanni, rv. 225117).

4. Alla luce delle precedenti considerazioni è indubbio che nella disposizione di cui all’articolo 117 è sicuramente riconducibile la situazione del difensore di ufficio dell’imputato latitante, dato che, se così non fosse, risulterebbe del tutto contrario al canone della ragionevolezza richiedere che l’intervento dello Stato, nel pagamento delle spese e dell’onorario, sia subordinato al previo esperimento infruttuoso delle procedure di recupero del credito nei confronti di una persona che neppure la polizia giudiziaria è riuscita a rintracciare attraverso le ricerche eseguite, a norma dell’articolo 295 Cpp, al fine di dare esecuzione ad una misura cautelare personale.

Pertanto, deve enunciarsi il seguente principio di diritto: «la disciplina prevista a favore del difensore di ufficio dell’imputato irreperibile è applicabile anche al difensore di ufficio del latitante, per la ragione che la dichiarazione di latitanza presuppone le vane ricerche, ad opera della polizia giudiziaria, della persona colpita da misura cautelare personale, onde tale situazione, essendo senz’altro assimilabile alla condizione di irreperibilità, legittima la liquidazione del compenso a carico diretto dello Stato, senza che sia necessaria la dimostrazione di avere previamente attivato le procedure per il recupero del credito professionale».

Di conseguenza, va riconosciuto che le censure formulate dalla ricorrente sono fondate e, pertanto, deve pronunciarsi l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Milano perché provveda alla liquidazione dell’onorario e delle spese.


PQM
La Corte suprema di Cassazione, Sezione prima penale, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Milano.

La redazione di megghy.com

 

 

 
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