megghy.com
 Mondo Blu
Bookmark- StartPage- Giochi- Playstation- Freeware- Cartoline- Roccaforte del Greco- Link- @Mail- Forum- Guestbook
Poesie- Autori in erba- Aforismi- Gif animate- Collezioni- Sfondi- Musica- Mondo Bimbi- Fai da te- Spazio Ospiti- Conoscersi- Umor
SENTENZE DANNO ESISTENZIALE
HOME
Indietro

Pretura di Roma, 2 dicembre 1997 [Responsabilita' aggravata di cui art. 96 c.p.c.]

Indietro
 

Versione stampabile

Pret. Roma, 2 dicembre 1997 [Est. Lombardi]

Svolgimento del processo
Con atto di citazione, notificato il 17/5/96 ed il 28/5/96, la s.p.a. GABETTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, conveniva in giudizio DE LOLLIS Ciro e DE LOLLIS Azzurra Maria, nonché CICCHETTI Mario, per sentirli condannare, in qualità di promissari alienanti e promissario acquirente dell' immobile sito in Roma, via del casale Lumbroso, n. 190, al pagamento, a titolo di provvigione, delle somme di lire 40.460.000, a carico dei primi due, e di lire 29.750.000 a carico del secondo; oltre rivalutazione ed interessi.
A sostegno della domanda l' attrice deduceva che, a seguito dell' accettazione della proposta di acquisto, formulata dal Cicchetti, ad opera dei De Lollis, le parto della vendita immobiliare non erano addivenute alla stipula del preliminare; in particolare l' attrice asseriva che il promissario acquirente aveva rinunciato all' acquisto dell' immobile dopo il perfezionamento del contratto di vendita, rendendosi quindi responsabile del pagamento della provvigione, alla pari degli alienanti promissari.
Si costituivano in giudizio De Lollis Ciro e De Lollis Azzurra Maria, eccependo preliminarmente il difetto di legittimazione attiva, in base al presupposto che la domanda di condanna era stata formulata dalla società proponente (o mandante) e non invece dalla sede di viale Trastevere, cui era stato conferito mandato a vendere.
Inoltre i De Lollis rilevavano che la vendita immobiliare non avrebbe potuto essere conclusa per l' esistenza di un giuridico impedimento, costituito dalla provenienza dell' immobile dalla donazione effettuata in favore dei De Lollis dal loro genitore De Lollis Ottavio.
Pertanto, alla stregua di quanto stabilito dall' art. 1759 c.c, la società Gabetti doveva ritenersi colpevole di non aver informato l' acquirente di tale impedimento.
I De Lollis avanzavano domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. e di pubblicazione dell' emananda sentenza su almeno tre quotidiani a carattere nazionale, data la fama della società di mediazione e la gravità del comportamento da questa assunto.
Si costituiva in giudizio Cicchetti Mario, eccependo preliminarmente il difetto di legittimazione attiva, fondato sui medesimi presupposto richiamati dai De Lollis.
Nel merito il convenuto contestava il grave comportamento posto in essere dall' attrice, che aveva incassato l' assegno di lire 100.000.000, consegnatole dal Cicchetti fiduciariamente all' atto della sottoscrizione della proposta di acquisto, con l' impegno della Gabetti di trasmetterlo ai venditori alla stipula del preliminare di vendita.
Il Cicchetti avanzava domanda riconvenzionale volta ad ottenere la condanna dell' attrice al pagamento della somma di lire 30.000.000, pari al risarcimento del danno subìto dal convenuto per non aver potuto disporre della somma anzidetta per diversi mesi; oltre la pubblicazione della sentenza su almeno tre quotidiani a diffusione nazionale.
Inoltre il convenuto rilevava l' impossibilità di addivenire alla stipula del contratto di compravendita, in ragione dell' impedimento costituito dalla provenienza dell' immobile da donazione.
Esperito il libero interrogatorio delle parti, ai fini della conciliazione della lite, la causa, istruita esclusivamente mediante produzione di documenti (proposta di acquisto, mandati a vendere, atto di donazione, telegrammi e lettere, assegno), sulle conclusioni come precisate in epigrafe, veniva trattenuta in decisione all' udienza del 30/5/97, con termine sino al 29/7/97 per deposito conclusionale e sino al 3/10/97 per deposito repliche.
Motivi della decisione
La domanda attrice è infondata deve pertanto essere rigettata.
La domanda riconvenzionale spiegata dal Cicchetti è fondata nell' an e deve essere accolta entro i limiti quantitativi indicati in motivazione.
La domanda ex art. 96 c.p.c. è infondata.
Premessa la competenza per valore del Pretore, per l' inapplicabilità, alla fattispecie in oggetto, del cumulo delle domande (il cui presupposto è dato dalla proposizione simultanea di più domande nei confronti del medesimo convenuto, con conseguente esclusione del cumulo dell' ipotesi del litisconsorzio facoltativo di cui all' art. 103 c.p.c), occorre partitamente esaminare le diverse tesi prospettate dai convenuti a sostegno delle rispettive difese.
Sull' eccezione di difetto di legittimazione attiva (sollevata da tutti i convenuti).
L' eccezione è infondata.
A fondamento dell' eccezione, i convenuti sostengono che la legittimazione ad agire spetti alla società incaricata di reperire l' acquirente e non già alla società cd. Principale.
Premesso che ogni fatto estintivo della pretesa attrice va provato da parte di chi lo deduce, nessuno dei convenuti chiarisce la natura del rapporto corrente tra la Gabetti s.p.a. e la sede di viale Trastevere, che materialmente fu incaricata di curare la vendita dell' immobile.
Pertanto è compito del giudice procedere alla qualificazione del rapporto intercorso tra le due entità giuridiche, sulla base della documentazione acquisita e delle dichiarazioni pacifiche (non contestate) delle parti.
In primo luogo, qualora si intendesse attribuire carattere di agenzia al rapporto in questione, non sorgerebbe alcun dubbio sulla capacità di agire del proponente (Gabetti s.p.a), alla luce di quanto disposto dall' art. 1744 c.c., che vieta all' agente di riscuotere i crediti del proponente, salvo patto contrario in tal senso.
Né, d' altro canto, la questione porterebbe a diversi risultati, qualora si conferisse la natura di mandato (con o senza rappresentanza) al rapporto in esame.
Nell' ipotesi di mandato con rappresentanza, il cui presupposto è dato dalla spendita del nome del rappresentato da parte del rappresentante, è verosimile ritenere che la sede secondaria della Gabetti s.p.a. abbia operato con i terzi, esternando il potere di rappresentanza nei confronti della Gabetti s.p.a.
Del resto, basta esaminare gli stampati della proposta di acquisto e del mandato a vendere per trarre conferma dell' assunto suddetto.
Né a diversa conclusione si previene ipotizzando un mandato senza rappresentanza, in quanto detta fattispecie deve escludersi alla luce delle risultanze documentali manifestando ai terzi l' esistenza del potere di rappresentanza.
Sul perfezionamento del contratto di vendita. Sulla nozione di "affare" nella mediazione.
Fulcro della difesa della società attrice è costituito dal dedotto perfezionamento del contratto di vendita, attuatosi con la conoscenza dell' accettazione della proposta da parte del Cicchetti (6/10/95), con la conseguente nascita dell' obbligazione di pagamento della provvigione al mediatore.
La giurisprudenza di legittimità ha mantenuto nel tempo un orientamento pressoché unitario nel riconoscere al termine "affare", adoperato dal legislatore negli artt. 1754 e 1755 c.c., il significato di operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, a prescindere dal raggiungimento di siffatto risultato in un unico atto o in una sequenza complessa con pluralità di soggetti; (Cass. 13/9/63 n. 2498; Cass. 25/5/73 n. 1563; Cass. 18/5/77 n. 2030).
Ne è conseguita l' inclusione del contratto preliminare di vendita nell' ambito di tali operazioni e l' ulteriore specificazione data dal sorgere di un vincolo che dia diritto ad agire per l' adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno; (Cass. 14/6/78 n. 2944; Cass. 9/4/84 n. 2277; Cass. 16/6/92 n. 7400; Cass. 13/3/95 n. 2905).
Interessante appare una recente pronuncia del Supremo Collegio, dalla cui massima si desume che l' obbligo della provvigione deve essere riconosciuto al mediatore, in assenza della conclusione dell' affare, soltanto nel caso in cui la parte abbia concertato l' obbligo di corresponsione della provvigione per effetto della semplice acquisizione, da parte del mediatore, di un offerta omogenea a quella indicatagli; (Cass. 3/10/97 n. 9676).
Dall' esame del mandato a vendere del 5/4/95, risulta che "le spettanze del mandatario matureranno all' accettazione della proposta di acquisto".
Nella specie non è contestato che i promittenti venditori abbiano accettato la proposta di acquisto del Cicchetti e che quest' ultimo sia stato reso edotto di tale accettazione (vedi telegramma 4/10/95 e successivo del 6/10/95).
D' altro canto, nella proposta di acquisto del 6/9/95, non è fatta alcuna menzione del diritto alla provvigione, avuto riguardo al momento di maturazione di esso.
Ciò premesso, trattasi di interpretare il comportamento assunto dalle parti, interessate alla vendita, al fine di verificare se nella specie possa dirsi perfezionato il contratto e quindi realizzato l' affare, presupposto del pagamento della provvigione. E' noto che il contratto di compravendita di immobile è un contratto consensuale, che si perfezione per effetto del semplice consenso manifestato dalle parti, rimanendo differita ad un momento successivo la materiale consegna del bene.
In tema di compravendita di immobili, la legge prescrive l' uso della forma scritta a pena di nullità dell' atto.
Nella specie, l' interprete si trova di fronte ad una proposta di acquisto, completa negli elementi essenziali, quali l' individuazione del bene, il prezzo, le modalità di pagamento dello steso, la data della consegna.
Nella proposta, accettata dai promissari alienanti integralmente, viene operato espresso riferimento alla stipula di un preliminare e di un definitivo: a prescindere dalla considerazione che il perfezionamento di un contratto di vendita di immobile si attua con la conoscenza dell' accettazione della proposta di acquisto (contratto consensuale), trattasi nella specie di verificare se il comportamento delle parti consistito indubbiamente nell' incontro tra una proposta ed una accettazione, abbia rappresentato effettivamente la volontà delle stesse di vincolarsi giuridicamente.
Generalmente, in tema di vendite immobiliari, le parti addivengono inizialmente alla stipula di un preliminare, contenete gli elementi essenziali della vendita, riservando ad un momento successivo la creazione del titolo costitutivo dell' effetto della consegna del bene.
Si è detto in dottrina che lo scopo precipuo del preliminare risiede nella volontà delle parti di impegnarsi provvisoriamente in previsione di eventi futuri, tali cioè da incidere sulla definizione del rapporto, da consacrare in modo definitivo in un successivo atto.
In realtà il preliminare crea un vincolo giuridico tra le parti, in quanto la sua stipula abilita ciascuna di esse all' adempimento della prestazione promessa, consistente nell' obbligazione di stipulare.
Nella specie le parti, nella scrittura privata del 6/9/95, accettata dai venditori, hanno previsto di stipulare un preliminare ed un definitivo, indicandone la rispettiva data(25/9/95 e 31/12/95): la duplice previsione di distribuire in due successive fasi (preliminare e definitivo) la contrattazione non può condurre l' interprete a conferire valore di contratto all' incontro tra volontà ed accettazione nei termini innanzi enunciati, in quanto ciò equivarrebbe a privare di ogni significato costruttivo il contenuto delineato nella proposta del 6/9/95, mediante la quale venditore ed acquirente si impegnano provvisoriamente a stipulare.
Ulteriore conferma di tale interpretazione proviene dall' adozione di alcune espressioni letterali menzionate nella suddetta proposta: l' uso della locuzione "che complessivamente varranno quale caparra confirmatoria, al momento della conclusione del contratto", con ciò riferendosi alla dazione della somma di lire 100.000.000, eseguita contestualmente alla proposta di acquisto, lascia chiaramente intendere che le parti della vendita hanno stabilito di differire la conclusione del contratto ad un momento successivo all' incontro tra proposta ed accettazione.
Del resto qualora si fosse conferito valore di perfezionamento del contratto alla conoscenza dell' accettazione della proposta, l' aspirante acquirente non avrebbe intestato l' assegno di lire 100.000.0000 alla Gabetti, bensì avrebbe direttamente emesso l' assegno a titolo di caparra confirmatoria, al venditore.
Nel corso della motivazione verrà chiarito il significato da attribuire alla dazione della suddetta somma.
In sintesi, può concludersi che, con la scrittura del 6/9/95, accettata dai venditori, le parti del futuro contratto di vendita hanno manifestato l' impegno provvisorio alla stipulazione, riservando la creazione definitiva del vincolo giuridico ad un momento successivo da articolarsi in due fasi: la stipula del preliminare, seguita dalla stipula dell' atto definitivo di compravendita.
Per altro non va sottaciuta un' ulteriore circostanza, costituita dalla volontà delle parti ad affidare ad un notaio le incombenze connesse al versamento della somma di lire 300.000.000 (punto II, b della proposta di acquisto) nonché all' effettiva stipula del definitivo (l' uso del termine rogito non lascia spazio ad equivoci di sorta).
Merita breve disamina un ulteriore aspetto, idoneo a dimostrare che la società di mediazione intendeva subordinare la nascita dell' obbligazione di pagamento della provvigione alla stipula del preliminare.
Basti esaminare la scrittura del 6/9/95, sottoscritta dal Cicchetti ed indirizzata alla Gabetti, recante timbro a margine della Gabetti s.p.a., per verificare che quest' ultima faceva decorrere l' obbligazione di versamento della provvigione alla conclusione del preliminare di compravendita (vedi proposta del 6/9/95 nel fascicolo del Cicchetti).
Sulla riduzione per lesione di legittima.
L' eccezione sollevata da entrambi i convenuti trae fondamento dalla dedotta inefficacia di un' alienazione avente ad oggetto un bene immobile donato al venditore dal proprio genitore: al sostegno di detta eccezione viene rilevato che l' acquirente potrebbe in futuro trovarsi costretto - a certe condizioni - a subire la perdita del possesso dell' immobile a seguito dell' esperimento da parte di un coerede del venditore dell' azione di riduzione per lesione di legittima, di cui all' art. 563 c.c.
E' noto che l' azione di restituzione dell' immobile, intentata dal coerede leso, presuppone necessariamente l' infruttuosità dell' esperimento dell' azione di riduzione nei confronti del donatario, trovato impossidente; è noto altresì il diverso carattere posseduto dalle due azioni: l' una, di riduzione, avente una natura personale, l' altra, di restituzione, con carattere reale, conseguente all' accoglimento della prima e al passaggio in giudicato della sentenza di riduzione, per effetto della quale cadono i diritti dei terzi, salva l' ipotesi di cui all' art. 2652 n. 8 c.c. (che prevede la prevalenza della trascrizione dell' atto di acquisto eseguita anteriormente alla trascrizione della domanda di riduzione).
Il preventivo obbligo per il coerede di escutere il patrimonio del donatario rispetto al patrimonio del terzo serve a temperare il rigore del principio stabilito dall' art 563 c.c. ed ha fatto elaborare alla giurisprudenza della legittimità la qualifica di facoltativa all' obbligazione di restituzione, con la naturale conseguenza che l' impossibilità senza colpa del debitore produce l' estinzione dell' unica prestazione oggetto dell' obbligazione.
Da ultimo la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il terzo acquirente di un bene donato non può opporsi alla stipulazione del contratto definitivo per il solo fatto dell' omissione della circostanza della donazione da parte del venditore, in quanto il rifiuto è legittimo soltanto in presenza di un pericolo effettivo e concreto, eccedente il limite accettabile da un contraente di normale diligenza,. che lo esponga ad un' azione di riduzione (Cass. 18/3/61 n. 613; Cass. 12/9/70 n. 1392; Cass. 4/5/85 n. 2792).
Si è a lungo discusso sulle possibilità riservate all' acquirente avverso il rischio della perdita del possesso del bene a seguito di accoglimento dell' azione di riduzione e di infruttuosità del patrimonio del legittimario ad integrare la quota di riserva lesa.
La dottrina in passato è stata concorde nell' escludere in favore del terzo acquirente il ricorso al rimedio dell' usucapione decennale avverso l' azione del legittimario, in base al presupposto che l' usucapione è un istituto che consente l' acquisto del bene a non domino (acquisto a titolo originario).
In conseguenza di ciò la medesima dottrina ha concluso per la sopravvivenza di un unico sistema di tutela de terzo costituito dal rimedio della prescrizione dell' azione di riduzione.
La disposizione dell' art. 2652 n. 8 c.c. ha accordato una più efficace tutela al terzo sancendo che l' efficacia reale dell' azione di riduzione nei suoi confronti viene esclusa se la domanda di riduzione viene proposta dal legittimario decorsi 10 anni dall' apertura della successione, ferma restando l' anteriorità della trascrizione dell' acquisto rispetto alla trascrizione della domanda di riduzione; in caso inverso (anteriorità trascrizione domanda di riduzione), la sentenza di accoglimento della riduzione fa stato anche nei confronti del terzo acquirente, rimanendo detta ipotesi al di fuori della fattispecie disciplinata dall' art. 563 c.c.
Di recente la dottrina si è mostrata più propensa ad ammettere l' usucapione abbreviata nel caso di cui all' art. 563 c.c., in base alla considerazione che l' inefficacia della donazione priverebbe il terzo acquirente, con effetto retroattivo, della proprietà sull' immobile conferendo al terzo la qualifica di mero possessore, quindi di acquirente a non domino.
Secondo altra parte della dottrina l' elemento della buona fede, mancante nella specie, renderebbe impossibile il richiamo al suddetto principio.
Al fine di inquadrare il problema in termini esemplificativi, senza avere la pretesa di esaurire ogni possibile risvolto, generato dall' applicazione dell' art. 563 c.c., è opportuno enunciare sinteticamente le varie ipotesi di rapporti tra domanda di riduzione e domanda di restituzione.
La trascrizione della domanda di riduzione, intervenuta dopo 10 anni dall' apertura della successione e posteriormente alla trascrizione dell' acquisto, non pregiudica il terzo.
La trascrizione della domanda di riduzione, eseguita entro il termine dei 10 anni dall' apertura della successione (dies a quo di decorrenza della prescrizione), è suscettibile di dar luogo a due distinte ipotesi; la prima prevede la situazione del terzo che possiede l' immobile da oltre 10 anni dall' apertura della successione; in tal caso si è concordi nel riconoscere al terzo il rimedio dell' usucapione abbreviata, escludendo il valore di atto interruttivo dell' usucapione alla proposizione della domanda di riduzione.
La seconda ipotesi prevede la situazione del terzo che possiede il bene immobile da un periodo inferiore ai 10 anni, avuto riguardo al momento della proposizione dell' azione di restituzione da parte del legittimario.
In questo caso, il terzo potrà subire pregiudizio dalla trascrizione della domanda di riduzione.
In sintesi il terzo riceve piena sicurezza dell' intangibilità dell' acquisto soltanto in presenza di due condizioni: il decorso di dieci anni dall' apertura della successione senza che sia stata trascritta la domanda di riduzione contro il dante causa e la trascrizione del titolo di acquisto, anche dopo i dieci anni, ma anteriormente alla trascrizione di una domanda di riduzione pur tardiva.
Nella specie, la mancanza dell' apertura della successione non toglie che il Cicchetti potesse subire un concreto pregiudizio della stipula di un atto, avente ad oggetto un immobile donato al dante causa da un proprio genitore (quindi rientrante nella massa ereditaria).
La successiva scoperta di coeredi dei convenuti De Lollis è un evento che non può in astratto escludersi in base alla considerazione che De Lollis Ottavio, separato da Milo Sandra, madre dei convenuti, non sia addivenuto a nuove nozze: è infatti in astratto possibile che egli possa concepire o abbia concepito figli, la cui paternità sia ancora non nota.
Non va sottaciuto che l' età del donante (anni 53) lascia supporre in via astratta che egli sia in grado di concepire altri figli.
La consistenza del patrimonio del donatore non toglie che siffatto pregiudizio venga meno, in quanto il diritto del legittimario potrebbe rimanere insoddisfatto a causa di una "svendita dei beni ereditari", attuata dai donatari e motivata da un improvviso bisogno di liquidità, bisogno astrattamente ipotizzabile.
Ne consegue la possibile infruttuosità dell' azione di riduzione, tempestivamente trascritta, ed il successivo esperimento dell' azione di restituzione contro il terzo acquirente, che verrebbe leso dall' impossibilità di eccepire l' usucapione abbreviata, per mancato decorso dei 10 anni.
Presupposto del caso che ci occupa è - si ribadisce - l' anteriorità della trascrizione dell' atto di acquisto rispetto alla domanda di riduzione.
Né vale obiettare al riguardo che il pregiudizio temuto verrebbe vanificato dalla pratica impossibilità di configurare un' azione di restituzione, che intervenga prima dei 10 anni dall' apertura della successione, in quanto l lungaggine del processo di riduzione ed il tempo necessario per la preventiva escussione dei beni del donatario non costituiscono fatti di certa realizzazione.
Sull' obbligo di informazione del mediatore.
L' obbligo di comunicare alle parti le circostanze note al mediatore ed influenti sulla valutazione e convenienza dell' affare è espressamente contemplato dall' art. 1759 c.c.
Il contenuti di tale disposizione si estende, oltre che alle circostanze relative alla solvibilità di una delle parti, anche alle situazioni che, se note al contraente, avrebbero inciso sul procedimento di formazione del contratto, in modo da modificare gli elementi essenziali.
Nella specie, la preventiva conoscenza, da parte dell' aspirante acquirente, della donazione avrebbe potuto influire sulla manifestazione di volontà del medesimo nel senso di indurre il Cicchetti ad offrire un presso più basso rispetto a quanto indicato nella proposta del 6/9/95, limitando in tal guisa gli effetti pregiudizievoli di un eventuale futuro spossessamento del bene a seguito di azione di restituzione.
Sulla domanda riconvenzionale del Cicchetti.
A sostegno di essa, il convenuto deduce il cd. Blocco della somma portata dall' assegno del 6/9/95, incassato dalla Gabetti, ad onta dei patto intercorsi all' atto della sottoscrizione della proposta, secondo i quali la somma di cui all' assegno avrebbe dovuto essere incassata dai venditori alla conclusione del preliminare.
Appare invero circostanza dubbia la dazione della somma di lire 100.000.000 ad opera del promissario acquirente nelle mani del mediatore, nonostante l' espressa clausola riportata nella proposta di acquisto, a tenore della quale tale consegna di denaro avrebbe dovuto avere il valore di caparra confirmatoria alla conclusione del contratto.
E' evidente che il riferimento alla caparra confirmatoria non può che avere riguardo al contratto di vendita e non certamente al contratto di mediazione; diversamente non si giustificherebbe l' alto importo della somma consegnata a garanzia dell' adempimento.
Ne consegue l' anomalia di una dazione di denaro eseguita in favore del mediatore per una cifra ben più elevata di quella che si sarebbe giustificata in relazione all' affare da concludere: il prezzo della compravendita è stato fissato in lire 850.000.000 e la misura della provvigione a carico del Cicchetti è stata determinata in lire 25.500.000!
Pertanto deve concludersi che l' incassi dell' assegno di lire 100.000.000 da parte del mediatore con conseguente disponibilità della detta somma dal 6/9/95 al 29/3/96 (data della restituzione della somma) abbia rappresentato per il Cicchetti un danno, costituito dagli interessi percepiti dalla Gabetti s.p.a. su lire 100.000.000 nel periodo sopra indicato.
In ordine alla misura degli interessi, il Cicchetti indica a parametro gli interessi bancari passivi del 16%, applicati al medesimo nell' ipotesi di muto richiesto alla banca, ma non è stata fornita alcuna prova sul punto.
Pertanto appare equo liquidare in favore del Cicchetti gli interessi legali su lire 100.000.000 dal 6/9/95 al 20/3/96: essi ammontano a lire 5.397.260 (lire 10.000.000:365x197 giorni), oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo.
Non sono dovute ulteriori somme a titoli di spese legali stragiudiziali, attenendo queste al rapporto tra difensore e cliente, non in rilievo nel processo.
Sulla richiesta di pubblicazione della sentenza.
La ratio dell' istituto della pubblicazione non si esaurisce nella previsione di una tutela meramente individuale, volta a risarcire il danno, ma si estende al riconoscimento di una tutela restitutoria finalizzata a modificare la situazione di fatto creatasi a seguito della violazione di diritti, con conseguente soddisfazione di un interesse collettivo alla circolazione di veritiere rappresentazioni della realtà.
Viene quindi in evidenza l' aspetto preventivo dell' istituto della pubblicazione della sentenza, diretto ad evitare che in futuro si realizzino danni.
Nella specie la pubblicazione per estratto della presente sentenza assolve ad un fine eminentemente preventivo, in quanto tende ad evitare che i soggetti, interessati alla vendita e all' acquisto di beni immobili, possano essere tratti in inganno da comportamenti equivoci dei mediatori.
Sulla domanda ex art. 96 c.p.c.
Al riguardo si sono sviluppate due diverse tendenze: l' una rigorosa, tesa a riconoscere la responsabilità aggravata della parte soccombente in presenza del duplice requisito dell' an debeatur e del quantum debeatur, fatto salvo il procedimento di liquidazione in via equitativa nel caso di impossibilità di dimostrazione della prova dell' ammontare del danno: da qui la necessità di provare l' esistenza di un pregiudizio concreto, direttamente dipendente dal processo.
A detta teoria si contrappone altra tendenza cd. sanzionatoria, avente come presupposto per la risarcibilità la semplice sopportazione di un processo, unitamente alle spese legali, a prescindere dunque dalla prova di un danno effettivo.
Secondo tale orientamento acquista rilievo non già il danno come conseguenza bensì il danno come evento, ravvisandosi in detto ragionamento un profilo assai prossimo al concetto di danno biologico, con l' unica differenza costituita da un ulteriore allargamento dell' evento suscettibile di per sé di creare un danno.
Si comprende la definizione data da questo orientamento indubbiamente innovativo al danno da responsabilità aggravata nei termini di danno alla vita di relazione: detto danno, notoriamente compreso nel danno biologico, non rappresenterebbe più un "cerchio concentrico della categoria del danno biologico, bensì una categoria a sé, più ampia, racchiudente ogni ipotesi di violazione del valore uomo", indicato dalla dottrina come danno esistenziale.
Pur condividendo lo spirito innovatore di quest' ultima tendenza, si ritiene che nella specie non ricorda l' ipotesi del danno "esistenziale", in quanto i ridotti tempi di svolgimento del presente processo non consentono di ravvisare una significativa lesione del valore uomo nei termini sopra enunciati (data prima udienza di comparizione: 26/9/96; data della precisazione delle conclusioni: 30/5/97, con termini ordinari per deposito conclusionali e repliche; data deposito sentenza: 2/12/97: in sintesi la durata complessiva del processo è stata di circa 14 mesi).
All' esito del giudizio la domanda attrice va rigettata.
La domanda riconvenzionale spiegata da Cicchetti Mario va accolta nei limiti di lire 5.397.260, oltre interessi legali su detta somma dalla pubblicazione della sentenza al saldo.
La domanda ex art. 96 c.p.c. va rigettata.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in favore di Cicchetti Mario (vittorioso in relazione alla domanda attrice e alla domanda riconvenzionale) ed in favore di De Lollis Ciro e De Lollis Azzurra Maria (vittorioso in relazione alla domanda attrice).
Si ritiene di compensare tra Gabetti s.p.a. e De Lollis le spese relative alla domanda ex art. 96 c.p.c.
Si dispone - a cura e spese della s.p.a Gabetti - la pubblicazione della presente sentenza per estratto (dispositivo e motivazione nei tratti compresi tra parentesi quadra) sul quotidiano "Corriere della Sera" per 7 giorni.
La presente sentenza è immediatamente esecutiva per legge.
P.Q.M.
IL Pretore, sez. 4a civile, definitivamente pronunziando nella causa promossa da Gabetti s.p.a. nei confronti di Cicchetti Mario, De Lollis Ciro e De Lollis Azzurra Maria, nel contraddittorio delle parti, così provvede:
a) RIGETTA LA DOMANDA ATTRICE
b) in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata da Cicchetti Mario, CONDANNA la s.p.a. GABETTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di Cicchetti Mario, della somma di lire 5.397.260, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo;
c) rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c., spiegata dai De Lollis;
d) dispone la PUBBLICAZIONE della presente sentenza per estratto (dispositivo e parto della motivazione tra parentesi) per 7 giorni sul quotidiano CORRIERE DELLA SERA;
e) condanna la s.p.a. GABETTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, al rimborso, in favore di Cicchetti Mario e di De Lollis Ciro e De Lollis Azzurra Maria, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessive lire 2.500.000, di cui lire 1.360.000 per onorari, lire 900.000 per diritti, lire 240.000 per esborsi (in favore del Cicchetti) ed in complessive lire 2.240.000, in difetto di notula (in favore dei De Lollis);
f) dichiara compensate tra l' attrice e i convenuti De Lollis le spese relative alla domanda ex art. 96 c.p.c.;
g) dichiara la presente sentenza immediatamente esecutiva per legge.

    La redazione di megghy.com

 
 
Google
  Web www.megghy.com   
Indietro HOME
Privacy ©-2004-2015 megghy.com-Tutti i diritti sono riservati