REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COCO Giovanni Silvio – PresidenteDott. TUCCIO
Giuseppe – ConsigliereDott. MARINI Lionello –
ConsigliereDott. CHILIBERTI Alfonso - Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA 30-03-2005 n. 12275
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con separati atti Francesco A., Giacomo C. e Benedetto Z.
hanno proposto a mezzo dei rispettivi difensori ricorso avverso
la sentenza in data 13.12.2002 della Corte d'appello di Catania,
che ha confermato la sentenza 10.7.2001 del Tribunale di Siracusa,
sezione distaccata di Lentini, con la quale ciascuno è
stato condannato con le attenuanti generiche alla pena di
un anno di reclusione per il reato di cui agli artt. 40 cpv.
e 589 c.p., commesso il 4.10.1995.
Gli imputati, costituenti l'equipe chirurgica che effettuò
l'intervento operatorio su Bordarmi Eugenio il 2.10.1995,
sono statiritenuti responsabili del detto reato per aver omesso
di effettuare su di un soggetto con fratture costali multiple
e doppie l'intervento di stabilizzazione di dette fratture
o di applicargli un tubo oro- tracheale allo scopo di ovviare
all'insufficienza respiratoria, per averlo fatto rientrare
al reparto dopo l'intervento anzichè sottoporlo a terapia
intensiva, e per aver sottovalutato elementi significativi
che rendevano prevedibile un'insufficienza respiratoria, quali
l'incremento progressivo della pressione arteriosa e della
frequenza cardiaca, provocando così la morte del paziente
per insufficienza respiratoria acuta. La corte di merito non
dava rilievo ad una discrasia tra cartella clinica e cartellino
anestesiologico, che non parlavano d'intervento di osteosintesi,
e registro di sala operatoria, che ne attestava l'esecuzione,
sul rilievo che era senz'altro da escludersi che vi fosse
stata un'osteosintesi completa, relativa a tutte le 24 fratture
costali, mache non poteva escludersi che l'intervento avesse
interessato le costole prossime alla ferita chirurgica, sì
che ben poteva esservi stata un'osteosintesi parziale. Rilevava
invece come la ventilazione forzata cui si era fatto ricorso
durante l'intervento operatorio era stata interrotta dopo
l'esecuzione di questo e nulla era stato fatto per consentire
la respirazione del paziente, e ravvisava la responsabilità
di tutti detti medici, che avevano partecipato o assistito
all'intervento e che erano o dovevano essere a conoscenza
delle condizioni del ricoverato, e quindi avevano l'obbligo
giuridico, sulla scorta dei D.P.R. 761/79 e 128/69 (che comporta
che primari, aiuti ed assistenti assumono tutti e per intero,
salve le eccezioni che non sono qui ravvisabili, la responsabilità
del caso concreto) di impedire l'evento indicando, promovendo,
imponendo odoperando direttamente i necessari presidi, accertamenti
ed interventi.
All'udienza del 17.3.2004 si celebrava il giudizio di Cassazione
a carico dell'A. e del C., e veniva straciata per difetto
di notifica la posizione dello Z., il giudizio nei cui confronti
si è celebrato in data odierna.
Osserva questa Corte che il reato è prescritto: il
termine di prescrizione, infatti, per effetto delle attenuanti
generiche e compresa l'interruzione, è di anni sette
e mesi sei, per cui - pur tenendosi conto della sospensione
per mesi 11 e gg. 25 - esso si è interamente consumato.
Lamenta il ricorrente vizi che non sono idonei a far apparire
evidente che il fatto non sussiste, che l'imputato non l'ha
commesso, che il fatto non è preveduto dalla legge
come reato, si che non è consentito un proscioglimento
ai sensi dell'art. 129, co. 2^, c.p.p.La stessa esclusione
del reato di falso ideologico, dimostrata dalla sentenza 7.2.2003
esibita, non dimostra che vi è stata un'osteosintesi
completa, e prevalentemente i motivi si fondano su risultanze
processuali che non emergono dal testo della sentenza impugnata,
nè si può dubitare del fatto che, se l'intervento
operatorio in senso stretto può ritenersi concluso
con l'uscita del paziente dalla camera operatoria, sul sanitario
grava comunque un obbligo di sorveglianza sulla salute del
soggetto operato anche nella fase post-operatoria; tale obbligo,
rientrante tra quelli di garanzia, discende non solo da norme,
scritte e non, ma anche dal contratto d'opera professionale,
di tal che la violazione dell'obbligo comporta responsabilità
civile e penale per un evento casualmente connesso ad un comportamento
omissivo ex art. 40, co. 2 c.p. (cfr. Cass. 3492/02).
L'impugnata sentenza va dunque annullata senza rinvio per
essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato
estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2005.
Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2005.
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