Stato & Mercato, Economia & Libertà
Articolo di Giovanni FalconeNon tutti i mali vengono per nuocere
Con l’intervento del Governo e dei tanti Paesi europei, si è cercato di garantire il funzionamento e la stabilità del sistema bancario e finanziario attraverso la partecipazione pubblica al capitale delle singole banche.
Mentre il Regno Unito ha nazionalizzato le più grandi banche sostituendosi nella gestione, i restanti Paesi europei e l’Italia in particolare ha solo predisposto un paracadute alla crisi di liquidità del sistema, acquistando azioni privilegiate e senza diritto di voto, lasciando la intera amministrazione ai soggetti privati .
Non si è trattato di un ritorno al “socialismo reale” di memoria sovietica, ma semplicemente una temporanea presenza pubblica volta a fronteggiare una emergenza, determinata proprio per effetto di un’assenza Istituzionale durata troppo a lungo. Si è trattato di un’assenza arbitrale, di regolatore “super partes” di fronte ad un mercato impazzito, capace di fissare delle regole, ma soprattutto di farle rispettare.
E’ stata una manovra che ha anche voluto rassicurare il comune risparmiatore nel solco del dettato Costituzionale dell’articolo 47, laddove ancora una volta ha fatto centro la lungimiranza del nostri Padri Costituenti: “LA REPUBBLICA INCORAGGIA E TUTELA IL RISPARMIO IN TUTTE LE SUE FORME; DISCIPLINA, COORDINA E CONTROLLA L’ESERCIZIO DEL CREDITO.”
Si è trattato quindi di un provvedimento necessario per superare una congiuntura internazionale di enormi proporzioni, nata sulle ceneri dei mutui subprime e che aiuterà il sistema a tornare con i piedi per terra.
Rivedremo, spero a breve, una finanza dal volto umano, comprensibile e più vicina alla realtà e corrispondente in primo luogo alle esigenze dell’impresa, intesa quale unica entità in grado di produrre ricchezza e benessere; una finanza vicina ai bisogni della gente e capace di allontanare, spero in modo definitivo, quella cultura del debito o del fare passi più lunghi della stessa gamba.
Questa crisi, dovrebbe averci fatto comprendere che il livello di benessere o la capacità di spesa di ognuno deve essere proporzionato al lavoro svolto ed alla ricchezza prodotta e non basata su investimenti a rischio – spesso truffaldini – impostata su utili solo virtuali.
La legge del mercato ha fatto giustizia, cancellando il culto di quella ingegneria finanziaria fatta di prodotti altamente speculativi, spesso costruiti su crediti inesigibili perché originati da mutui mai onorati e privi di garanzie, oppure sulla scommessa di mutamenti economici irrealizzabili.
Per molte banche, tali mutui, sono serviti unicamente a gonfiare artificiosamente la voce “impieghi” negli attivi di bilancio, unicamente finalizzati ad elargire compensi milionari agli amministratore o al top management.
In questi giorni di crisi, qualcuno ha auspicato l’abbandono del sistema capitalistico, invocando una maggiore presenza dello Stato nell’economia, quasi una sorta di socialismo reale, quello stesso che ha accompagnato l’utopia comunista, miseramente fallito verso la fine del 19° secolo con la caduta del Muro di Berlino (anno 1989), non prima di aver prodotto la più grande catastrofe umana ed economica che il mondo intero abbia mai conosciuto.
Il sistema capitalistico, basato sulla libera economia di mercato non ha alternative .
Si tratta di un sistema bisognoso unicamente di regole, possibilmente sovranazionali, idonea a governare una economia ormai globalizzata.
E’ un sistema, quello capitalistico, a mio avviso insostituibile, perché alla base di ogni iniziativa imprenditoriale e dello stesso rischio d’impresa .
Viva il mercato, viva la libertà.
Casamassima, 16 ottobre 2008
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