Storia
Gli Helvetici:
Non tutti i pellegrini che vengono a Roma
e cercano di farsi fare una bella foto con gli Svizzeri
che montano la guardia agli ingressi del Vaticano, conoscono
la storia di questi soldati che giurarono fedeltà
al Papa.
Bisogna risalire al tempo del Rinascimento e ai motivi
che nel 1506 spinsero Papa Giulio II a far venire a Roma
gli Svizzeri: i soldati elvetici, per la loro forza d'animo,
i nobili sentimenti e la fedeltà proverbiale, erano
ritenuti invincibili. Il grande storico latino, Tacito,
molti secoli prima aveva detto: "Gli Helvetii sono
un popolo di guerrieri, famoso per il valore dei suoi
soldati." Per questo, i Cantoni svizzeri, con le
loro alleanze ora con una parte ora con l'altra, giocavano
un ruolo importante nella politica europea. Come alleati
di Giulio II, nel 1512 essi decisero, infatti, le sorti
d'Italia e ricevettero dal Papa il titolo di "difensori
della libertà della Chiesa". In quei tempi
nei quali era normale fare il mercenario, il nucleo centrale
delle Alpi ospitava un popolo di guerrieri. I primi Cantoni
svizzeri, con circa 500.000 abitanti, date le precarie
condizioni economiche di quel tempo, formavano un paese
sovrappopolato: la povertà era grande. Non restava
altro, perciò, che emigrare e l'occupazione migliore,
allora, era fare il mercenario.
I Mercenari Svizzeri:
C'erano 15.000 uomini disponibili per questo
tipo di lavoro, che era "organizzato" e sotto
il controllo della piccola Confederazione dei Cantoni,
la quale conferiva la autorizzazione per la leva di uomini
e, come contropartita, riceveva grano, sale o altri privilegi
commerciali. Gli svizzeri, in genere, concepivano la guerra
come un'emigrazione temporanea, estiva e, perciò,
partecipavano a guerre brevi e grandi, per poi tornare
a casa a passare l'inverno con il "soldo" e
il bottino: essi erano i migliori soldati del tempo. Senza
cavalleria e con poca artiglieria, questa gente aveva
inventato una tattica di movimento superiore a tutte le
altre, e per questo essa era richiesta e invitata sia
dalla Francia che dalla Spagna. Erano come delle muraglie
semoventi, irte di ferro e impenetrabili. Non si capirebbe
niente delle lotte in Italia, se non si tenesse conto
di questi soldati mercenari. Già nel 13° e
14° secolo, dopo l'indipendenza svizzera, un gran
numero di gente militava in Germania e Italia e poiché
i Cantoni non erano capaci di impedire questo tipo di
emigrazione, cercarono, perlomeno, di organizzarlo.
I Mercenari Svizzeri e la Francia:
L'alleanza con la Francia fu la più
importante e cominciò con Carlo VII nel 1453; poi
venne rinnovata nel 1474 da Luigi XI, che nei pressi di
Basilea aveva assistito alla resistenza di 1500 svizzeri
contro forze venti volte superiori. Luigi XI assoldò
dei confederati svizzeri come istruttori per l'esercito
francese. La stessa cosa fu fatta dal re di Spagna. Quando
alla fine del 1400 cominciano con Carlo VIII le guerre
d'Italia, gli svizzeri erano considerati dal Gucciardini
<<il nerbo e la speranza di un esercito >>.
Nel 1495 il re di Francia salvò la propria vita
per l'incrollabile fermezza dei suoi fanti svizzeri. Il
servizio straniero dei confederati fu meglio regolato
con l'alleanza del 1521 tra la Francia e i Cantoni, per
cui gli svizzeri si obbligavano a fornire da sei a diecimila
soldati al re e la Svizzera riceveva la protezione del
più potente principe europeo. Essi erano alleati
e ausiliari permanenti, però i Cantoni rimanevano
i veri sovrani di queste truppe e si riservavano il diritto
di richiamarle. Questi corpi armati avevano una completa
indipendenza, con i propri ordinamenti, propri giudici
e propri stendardi. I comandi erano impartiti nella loro
lingua, in tedesco, da ufficiali svizzeri e restavano
legati alle leggi dei loro Cantoni: il reggimento, insomma,
era la loro patria e tutte le consuetudini furono confermate
in tutti gli accordi degli anni seguenti.
Gli Svizzeri in Vaticano:
II 22 gennaio 1506 è la data di nascita
ufficiale della Guardia Svizzera Pontificia, perché
in questo giorno, sull'imbrunire, un gruppo di centocinquanta
svizzeri, al comando del capitano Kaspar von Silenen,
del Cantone di Uri, attraverso Porta del Popolo entrò
per la prima volta in Vaticano, dove furono benedetti
da Papa Giulio II.Il prelato Giovanni Burchard di Strasburgo,
cerimoniere pontificio e autore di una famosa cronaca
dei suoi tempi, notò l'avvenimento nel suo diario.
In verità, già prima, Sisto IV aveva concluso
nel 1479 un'alleanza con i confederati, per mezzo di un
trattato che prevedeva la possibilità di reclutare
mercenari. Aveva fatto costruire per loro degli alloggi
vicino alla chiesa di S. Pellegrino, nella attuale via
del Pellegrino. Innocenze Vili (1484-1492) in forza del
vecchio trattato rinnovato, voleva servirsi di loro contro
il duca di Milano. Anche Alessandro VI si servirà
dei soldati confederati durante l'alleanza dei Borgia
con il re di Francia. Al tempo della potente famiglia
Borgia si originarono in Italia le grandi guerre che videro
in primo piano gli svizzeri, alleati alle volte della
Francia e altre volte sostenitori della Santa Sede o del
Sacro Romano Impero di nazione germanica.Quando i mercenari
svizzeri sentirono che Carlo Vili, re di Francia, preparava
una grande spedizione contro Napoli, si precipitarono
in massa per essere arruolati. Alla fine del 1494 sono
presenti a migliaia in Roma, di passaggio con l'esercito
francese che nel febbraio successivo occuperà Napoli.
Tra i partecipanti a questa spedizione contro Napoli,
si trovava anche il cardinale Giuliano della Rovere, il
futuro Giulio II, che sotto Alessandro VI aveva lasciato
l'Italia e si era recato in Francia. Egli conosceva bene
gli svizzeri, anche perché una ventina di anni
prima aveva ricevuto come beneficio, tra gli altri, anche
il vescovado di Losanna. Alcuni mesi più tardi,
però, Carlo Vili fu costretto ad allontanarsi in
gran fretta da Napoli e riuscì a stento a forzare
il blocco e ritornare in Francia. Infatti Papa Alessandro
VI aveva collegato Milano, Venezia, Impero Germanico e
Ferdinando il Cattolico di Spagna in funzione antifrancese.
Il Sacco di Roma:
La mattina del 6 maggio 1527, dal suo quartiere
generale nel convento di S. Onofrio sul Gianicolo, il
capitano generale Borbone diede il via agli assalti. In
uno di questi, alla Porta del Torrione, mentre dava la
scalata alle mura, egli stesso fu colpito a morte. Dopo
un momento di esitazione, però, i mercenari spagnoli
sfondarono la Porta del Torrione, mentre i lanzichenecchi
invadevano Borgo S. Spirito e S. Pietro. La Guardia Svizzera,
compatta ai piedi dell'obelisco che allora si trovava
vicino al Campo Santo Teutonico, e le poche truppe romane
resistettero disperatamente. Il comandante Kaspar Röist,
ferito, sarà trucidato dagli spagnoli a casa sua
sotto gli occhi della moglie Elisabeth Klingler, e dei
189 svizzeri se ne salvarono solo quarantadue, cioè
quelli che all'ultimo momento, al comando di Hercules
Göldli, avevano accompagnato Clemente VII nel suo
rifugio di Castel SantAngelo: il resto cadde gloriosamente,
massacrato, assieme a duecento fuggiaschi, sui gradini
dell'altare maggiore di S. Pietro. La salvezza di Clemente
VII e dei suoi uomini fu resa possibile dal "Passetto",
un corridoio segreto costruito da Alessandro VI sul muro
che collegava il Vaticano e Castel SantAngelo. L'orda
selvaggia aveva premura per paura che le forze della Lega
tagliassero la via della ritirata. Attraverso Ponte Sisto,
lanzichenecchi e spagnoli si riversarono sulla città,
e per otto giorni diedero libero sfogo a ogni sopruso,
ruberia, sacrilegio e massacro; furono manomesse, perfino,
le tombe dei Papi, compresa quella di Giulio II, per rubare
quanto vi era dentro: forse dodicimila furono i morti
e il bottino sui dieci milioni di ducati. Non c'è
da meravigliarsi di tutto questo, perché l'esercito
imperiale e, in particolare, i lanzichenecchi di Frundsberg
erano animati da uno spirito di crociata antipapista.
Davanti a Castel Sant'Angelo, sotto gli occhi del Papa,
fu imbastita una parodia di processione religiosa, con
la quale si chiedeva che Clemente cedesse a Lutero vele
e remi della "Navicella" di Pietro. Allora la
soldataglia gridò: "Vivat Lutherus pontifex."
Per sfregio, il nome di Lutero fu inciso con la punta
d'una spada sull'affresco "La Disputa del Santissimo
Sacramento" nelle Stanze di Raffaello, mentre un
altro graffito inneggiava a Carlo V imperatore. Conciso
e esatto il giudizio del priore dei canonici di S. Agostino
emesso allora: "Malifuere Germani, pejores Itali,
Hispani vero pessimi" -i tedeschi furono cattivi,
peggiori gli italiani, pessimi gli spagnoli. Oltre al
danno irreparabile della distruzione di reliquie, praticamente
con il Sacco di Roma è andato perduto anche un
tesoro d'arte inestimabile, ossia la maggior parte dell'oreficeria
artigiana di chiesa. Il 5 giugno Clemente VII si doveva
arrendere e accettare pesanti condizioni: abbandono delle
fortezze di Ostia, Civitavecchia e Civita Castellana,
la cessione delle città di Modena, Parma e Piacenza
e il pagamento di quattrocentomila ducati; inoltre, per
avere liberi i prigionieri, se ne doveva pagare il riscatto.
La guarnigione papale fu sostituita con quattro compagnie
di tedeschi e spagnoli; alla soppressa Guardia Svizzera,
subentrarono duecento lanzichenecchi. Il Papa ottenne
che gli svizzeri sopravvissuti fossero inclusi nella nuova
Guardia, ma di essi solo dodici accettarono, tra cui Hans
Gutenberg di Coirà e Albert Rosin di Zurigo; gli
altri non vollero avere niente a che fare con gli odiati
lanzichenecchi.