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Unico 2008, Contribuenti Minimi, Lavoro Autonomo, Soggetti Ires, Studi di Settore

Agenzia Entrate , circolare 18.06.2008 n° 47

Agenzia delle Entrate, Circolare 18 giugno 2008, n. 47/E

Oggetto: Risposte fornite in occasione di incontri con la stampa specializzata.

INDICE 
1. PREMESSA
2. CONTRIBUENTI MINIMI
3. LAVORO AUTONOMO
3.1 Spese incrementative sostenute dal 1° gennaio 2007 – Immobili non ammortizzabili
3.2 Mezzi di trasporto – Ammortamento 2006 – Recupero Unico 2008
3.3 Rimborsi spese
3.4 Ricariche cellulari – deducibilità
4. PROCEDURE E RETTIFICHE DELLA DICHIARAZIONE
4.1 Dichiarazione integrativa e scorporo delle aree
4.2 Violazioni legate alla dichiarazione - Ravvedimento operoso e versamenti di acconto
5. SOGGETTI IRES
5.1 Trattamento dei costi auto nel caso di fringe benefit
5.2 Cessione dell’automezzo riscattato da contratto di leasing
5.3 Interessi passivi su finanziamenti per acquisto di automezzi
5.4 Trattamento degli interessi passivi
6. SOCIETA’ NON OPERATIVE
6.1 Motivi oggettivi a supporto delle istanze di disapplicazione
6.2 Scioglimento agevolato delle società di persone
6.3 Scioglimento agevolato/1
6.4 Scioglimento agevolato/2
7. UNICO 2008 – SOCIETA’ DI PERSONE E SOCIETA’ DI CAPITALI
7.1 Immobiliare di gestione
7.2 Redditi prodotti da società residente in un Paese black list
7.3 Costi black list
7.4 Società di fatto - Rideterminazione del valore delle partecipazioni
7.5 Società di persone - Modalità di dichiarazione delle somme ottenute in occasione del recesso del socio
8. CONSOLIDATO NAZIONALE E TRASPARENZA
8.1 Interruzione consolidato – attribuzione perdite
8.2 Perdite pregresse
8.3 Opzione inviata tardivamente
9. STUDI DI SETTORE
9.1. Intervallo di confidenza. Valutazione della congruità ai fini delle disposizioni di cui al comma 4-bis dell’art. 10 della L. 146/98 e della disapplicazione della disciplina sulle società di comodo
9.2. Compensi agli amministratori. La nuova sezione inserita nel quadro F del modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore per il periodo d’imposta 2007.
9.3. Valore dei beni strumentali. Indicazione, nel quadro F, in caso di minor utilizzo del bene
9.4. Analisi della normalità economica. Effetti sulla congruità per gli studi in vigore a decorrere dal periodo d’imposta 2007.
9.5. Anomalie relative al funzionamento degli indicatori di normalità economica previsti per gli studi approvati con decreto del 6 marzo 2008.

1. PREMESSA

Di seguito si riportano, raggruppate per argomento, le risposte fornite dalla scrivente in occasione del recente incontro con gli esperti della stampa specializzata, relative a quesiti concernenti l’applicazione delle disposizioni contenute nella legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), nonché risposte riferite ad ulteriori quesiti.

2. CONTRIBUENTI MINIMI

D. Un geometra ha iniziato l’attività a ottobre 2006. Sia per il 2006 che per il 2007 ha un fatturato inferiore a € 30.000 annui. Nel 2006 ha sostenuto costi per affitto locali per € 1.200 e leasing attrezzature per € 800. Nel 2007 ha sostenuto costi per affitto locali per € 7.200 annui e leasing attrezzature per € 4.800. Può essere ammesso al regime agevolato dei minimi avendo iniziato l’attività a ottobre 2006?

R. Sulla base delle indicazioni fornite non sembrano sussistere ostacoli per l’accesso al regime agevolato, in quanto il requisito previsto dalla Finanziaria 2008 è quello di non aver superato nel triennio antecedente l’ingresso nel regime dei minimi un importo di € 15.000 per acquisto di beni strumentali, tra i quali rientrano anche i costi sostenuti per affitti passivi e canoni di leasing.

Resta inteso che il regime dei minimi cesserà di avere efficacia se nel 2008 saranno effettuati acquisti di beni strumentali che sommati a quelli del 2006 e 2007 superano l’ammontare complessivo di 15.000 euro.

3. LAVORO AUTONOMO

3.1 Spese incrementative sostenute dal 1° gennaio 2007 – Immobili non ammortizzabili

D. Come si può colmare (in via interpretativa) il vuoto normativo riguardante il trattamento fiscale delle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione di natura incrementativa sostenute a partire dal 1° gennaio 2007 in riferimento ad immobili acquistati precedentemente il cui costo non è, ancora oggi, ammortizzabile (acquistati o costruiti dal 15/06/1990 al 31/12/2006)?

R. Secondo la disciplina prevista dal comma 2 dell’art. 54 del TUIR, come modificato dalla legge finanziaria per il 2007, le spese relative all’ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione degli immobili:

- se per le loro caratteristiche sono imputabili ad incremento del costo dell’immobile (c.d. spese incrementative) sono deducibili per intero seguendo i medesimi criteri di deducibilità previsti per le quote di ammortamento dell’immobile a cui si riferiscono:

- se per le loro caratteristiche non sono imputabili ad incremento dell’immobile al quali si riferiscono (c.d. spese non incrementative) sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento, nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta dall’inizio del periodo d’imposta dal registro di cui all’art. 19 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni; l’eccedenza è deducibile in quote costanti nei cinque periodi d’imposta successivi.

Quanto sopra è da ritenere che valga con riferimento agli immobili acquistati a decorrere dal 1° gennaio 2007.

Per quelli acquistati antecedentemente, resta valida la precedente disciplina di cui all’articolo 54, comma 2, ultimo periodo, del TUIR secondo cui “le spese relative all’ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione straordinaria di immobili utilizzati nell’esercizio di arti e professioni sono deducibili in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei quattro successivi”.

3.2 Mezzi di trasporto – Ammortamento 2006 – Recupero Unico 2008

D. Il DL 81/2007 consente di recuperare in Unico 2008 parte dei costi delle autovetture non dedotti nel 2006 limitatamente ai maggiori importi deducibili che derivano dall’incremento dal 25 al 30% della percentuale di deducibilità relativa ai veicoli.

Ciò detto, come si può fare per recuperare, invece, l’ulteriore quota di ammortamento del mezzo a motore relativa al 2006, che non è stata dedotta in Unico 2007 da chi ha riposto affidamento nell’interpretazione rilasciata dall’Amministrazione finanziaria nel corso della video conferenza organizzata dalla stampa specializzata il 19 maggio 2007, successivamente, superata dall’interpretazione contenuta nella circolare 12/E/2008?

In questa circolare, infatti, è stato superato il precedente orientamento secondo cui, in caso di riduzione della percentuale ammessa in deduzione, gli ammortamenti sarebbero rimasti indeducibili, qualora quelli effettuati (e dedotti)

negli anni precedenti fossero stati complessivamente eccedenti l’importo scaturente dall’applicazione della nuova (minore) percentuale al costo fiscalmente riconosciuto del veicolo.

In sostanza, chi sulla base del precedente orientamento dell’Amministrazione, non ha dedotto in Unico 2007 il 25% della quota di ammortamento, perché gli importi dedotti negli anni precedenti risultavano eccedenti quelli scaturenti dalla nuova minore percentuale, può recuperare in deduzione tali spese in Unico 2008? è forse necessario presentare una dichiarazione integrativa?

R. Il D.L. n. 81 del 2 luglio 2007, dopo aver quantificato, con riferimento al periodo d’imposta in corso al 3 ottobre 2006, la percentuale di deducibilità dei costi e delle spese riferite alle autovetture in ragione del 30 per cento, ha dato facoltà ai contribuenti, che relativamente al medesimo periodo d’imposta, avevano dedotto nei limiti del 25 per cento, di far valere in deduzione la differenza direttamente in UNICO 2008.

Quest’ultima disposizione, nella misura in cui deroga al principio generale secondo cui le rettifiche relative ad anni pregressi devono essere effettuate mediante la presentazione di dichiarazioni integrative ai sensi dell’articolo 2, comma 8-bis del DPR n. 322 del 1998, ha evidentemente carattere eccezionale e non è suscettibile di interpretazione analogica.

Eventuali, ulteriori rettifiche alla dichiarazione relativa al 2006, pertanto, dovranno necessariamente transitare per la dichiarazione integrativa, prescindendo dai motivi che hanno indotto i contribuenti ad avvalersi di minori deduzioni.

La tutela dell’affidamento può, invero, rilevare sul piano del trattamento sanzionatorio e non con riguardo anche alla quantificazione del debito d’imposta che potrebbe variare a seguito dell’imputazione del reddito a periodi d’imposta diversi.

3.3 Rimborsi spese

D. Con l’art. 36, co. 29, lett. a), n. 1), D.L. 223/2006, attraverso l’aggiunta di un nuovo periodo nel comma 5, dell’articolo 54, TUIR, il legislatore ha stabilito che le spese per alberghi e ristoranti sostenute direttamente dal committente per conto del professionista e da questi addebitate in fattura sono integralmente deducibili dal reddito di lavoro autonomo. A tal proposito, si chiede se il professionista possa dedurre integralmente anche le spese di vitto ed alloggio che egli stesso sostiene direttamente e che poi si fa rimborsare dal committente, sempreché le indichi in fattura?

R. La modifica apportata all’art. 54, comma 5 del TUIR, dall’art. 36, comma 29, lett. a), n. 1), D.L. 223 del 2006 consente al professionista la integrale deducibilità delle spese di vitto e alloggio, inerenti allo svolgimento dell’attività professionale, in presenza di precisi presupposti consistenti nel fatto che tali spese siano sostenute direttamente dal committente per conto del professionista e che da questi siano addebitate in fattura.

In ipotesi diverse da quella descritta dalla norma, si rende, invece, applicabile il criterio che stabilisce nel 2 per cento dei compensi percepiti l’ammontare di deducibilità dei costi sostenuti per tali spese. La disposizione limitativa detta, infatti, un criterio oggettivo in merito al limite di inerenza che le spese alberghiere e di ristorazione possono assumere nell’esercizio dell’attività professionale e non assume natura antielusiva. Pertanto può essere derogata solo nelle ipotesi espressamente previste in via normativa.

3.4 Ricariche cellulari – deducibilità

D. Le spese per l’acquisito di ricariche telefoniche o schede prepagate connesse all’uso dei telefoni cellulari utilizzati nello svolgimento dell’attività professionale sono deducibili nel limite dell’80% dal reddito del professionista?

R. L’art. 1, comma 402, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 – Legge finanziaria 2007 – attraverso la modifica dell’art. 54, comma 3-bis, del TUIR) ha fissato anche per i lavoratori autonomi all’80% il limite di deducibilità delle quote di ammortamento, dei canoni di locazione anche finanziaria e di noleggio nonchè delle spese di impiego e di manutenzione relative ad apparecchiature terminali per servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico di cui alla lettera gg) del comma 1 dell’art. 1 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259.

Nella risoluzione 17 maggio 2007, n. 104/E è stato evidenziato che i suddetti limiti fiscali operano sia per la telefonia fissa che per quella mobile, sempre che utilizzata nell’ambito della attività professionale o artistica, nonché per i beni (materiali ed immateriali, ivi compreso il software) utilizzati per la connessione telefonica operata nell’ambito dell’attività artistica o professionale, limitatamente a quelli indispensabili per il collegamento alle suddette linee telefoniche.

Stante il tenore della norma, devono essere ricondotte nell’ambito delle spese deducibili anche quelle sostenute per l’acquisto delle ricariche telefoniche ovvero delle schede prepagate trattandosi di costi relativi all’impiego dei servizi telefonici.

Resta inteso che, ai fini del riconoscimento della deducibilità dal reddito di lavoro autonomo, i predetti costi siano connotati dei requisiti della inerenza (all’attività professionale o artistica svolta) e della tracciabilità della spesa (che sia stata effettivamente sostenuta dal contribuente e che siano note le modalità di pagamento utilizzate)

4. PROCEDURE E RETTIFICHE DELLA DICHIARAZIONE

4.1 Dichiarazione integrativa e scorporo delle aree

D. In considerazione del fatto che le disposizioni di cui alla legge n. 244 del 2007 ripropongono le disposizioni contenute nel decreto legge n. 81 del 2007 in materia di scorporo del valore dei terreni in modo proporzionale rispetto al fabbricato si chiede di conoscere se il contribuente che intenda applicare le disposizioni in questione sia obbligato alla presentazione di una dichiarazione integrativa secondo le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 8 bis del DPR n. 322 del 1998 ovvero, anche ai fini di semplificazione, si possa consentire nella dichiarazione modello Unico 2008, una generica variazione in diminuzione che tenga conto delle disposizioni contenute nella legge n. 244 del 2007.

R. L’articolo 1, comma 81, della L. n. 244 del 2007 contiene una norma di interpretazione autentica secondo cui per ciascun immobile strumentale il fondo ammortamento esistente al 31 dicembre 2005 va proporzionalmente imputato al costo del fabbricato e del terreno e non più soltanto al fabbricato.

Mentre per le auto aziendali, l’articolo 15-bis, comma 9, del D.L. n. 81 del 2007 prevede il recupero dei maggiori importi deducibili in UNICO 2008, la norma di cui al citato comma 81 non prevede alcun meccanismo di recupero a posteriori della parte delle quote di ammortamento non dedotte in passato per effetto dell’imputazione del fondo ammortamento al solo fabbricato.

Ciò porta a ritenere che tali maggiori deduzioni possano essere recuperate mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore del contribuente secondo le modalità di cui all’articolo 2, comma 8-bis, del DPR n. 322 del 1998.

4.2 Violazioni legate alla dichiarazione - Ravvedimento operoso e versamenti di acconto

D. Si chiede di conoscere se il contribuente che procede, entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva ad integrare la dichiarazione precedente (ad esempio entro il 31 luglio 2008 presentazione di dichiarazione di ravvedimento operoso per il periodo di imposta 2006), debba anche procedere ad integrare l’originario versamento di acconto effettuato sulla base di una dichiarazione che ha formato oggetto di integrazione. Si ritiene che l’acconto per il periodo di imposta successivo non debba essere oggetto di integrazione in virtù del fatto che, laddove l’amministrazione finanziaria accertasse il periodo di imposta 2006, si limiterebbe alla complessiva definizione dell’imposta dovuta per tale periodo senza intervenire sull’ammontare degli acconti.

R. L’articolo 13 del D. Lgs. n. 471 del 1997 punisce, con le sanzioni ivi previste, l’insufficiente versamento, alle prescritte scadenze, dei pagamenti in acconto.

Pertanto, con riferimento al caso prospettato, se dalla dichiarazione integrativa emerge una maggiore imposta dovuta per l’anno 2006 e quindi dei maggiori versamenti in acconto per l’anno 2007, viene ad integrarsi anche la fattispecie dell’insufficiente versamento dell’acconto per il periodo d’imposta 2007.

Va da sè che il contribuente, al fine di evitare l’applicazione piena delle sanzioni di cui al citato articolo 13, potrà avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso, qualora ne ricorrano i presupposti.

5. SOGGETTI IRES

5.1 Trattamento dei costi auto nel caso di fringe benefit

D. Nel caso degli automezzi concessi con utilizzo ad uso promiscuo ai dipendenti, le attuali disposizioni prevedono la deducibilità dei costi in misura pari al 90 per cento del loro ammontare. Si chiede di conoscere se tale percentuale di deducibilità debba essere applicata in relazione all’intero ammontare dei costi appostati in bilancio ovvero al netto di quanto determinato come fringe benefit in capo al dipendente. In sostanza, ipotizzando costi auto per 1000 la prima soluzione porterebbe ad una deduzione complessiva di 900 mentre, nel caso di fringe benefit pari a 100, la deduzione complessiva sarebbe di 910. Seppure la prima ipotesi appare in linea con il dettato normativo, alla seconda soluzione si potrebbe giungere valorizzando la ratio dell’intervento normativo in materia di costi auto e tenendo in considerazione che l’importo da considerare come fringe benefit è comunque assoggettato a tassazione in capo al dipendente. Sempre con riferimento a tale fattispecie si ritiene che, ai fini della identificazione del costo del mezzo non rilevi la limitazione prevista dalla lettera b) della norma in questione ma non richiamata dalla lettera b-bis).

R. Prima delle modifiche apportate all’articolo 164 del TUIR dalle disposizioni del D.L. n. 223 del 2006, ai sensi del comma 1, lett. a,), n. 2, del medesimo articolo, le spese e gli altri componenti negativi di reddito relativi agli autoveicoli dati in uso promiscuo al dipendente per la maggior parte del periodo d’imposta erano deducibili per intero dal reddito d’impresa.

Considerato che l’attuale versione dell’articolo 164 riproduce la medesima disposizione di cui sopra, con l’unica variante della deducibilità limitata al 90 per cento, si ritengono tutt’ora validi i chiarimenti forniti con la circolare n. 48/E del 10 febbraio 1998.

Pertanto, tale percentuale di deducibilità va applicata all’intero ammontare dei costi riferiti ai veicoli in oggetto, pari, nell’esempio a 1000 (comprensivi fringe benefit), con deduzione complessiva di 900.

5.2 Cessione dell’automezzo riscattato da contratto di leasing

D. Le disposizioni contenute nell’articolo 164 del TUIR prevedono che, in caso di cessione di un automezzo che non ha prodotto costi fiscalmente deducibili in modo integrale, la relativa plusvalenza viene assoggettata nella medesima proporzione. Nulla dice la norma in merito alla ipotesi in cui la cessione riguardi un automezzo che, prima del riscatto, è stato utilizzato mediante un contratto di locazione finanziaria. Nonostante il mancato espresso richiamo previsto dalla norma si ritiene che, sotto l’aspetto sistematico, ai fini della determinazione della plusvalenza si debba tenere conto anche di quanto dedotto in costanza di contratto di locazione finanziaria. Si chiede conferma dell’interpretazione prospettata.

R. L’articolo 164, comma 2 del TUIR prevede, ai fini della determinazione del reddito d’impresa di taluni mezzi di trasporto a motore, che “le plusvalenze e le minusvalenze patrimoniali rilevano nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato”.

La norma si preoccupa, a ben vedere, di creare una simmetria impositiva tra la rilevanza fiscale della plusvalenza (o minusvalenza) conseguita all’atto del realizzo del cespite e la deducibilità fiscale dei costi allo stesso relativi consentita nei limiti previsti dall’articolo 164 del TUIR. In altre parole, poiché i componenti negativi sostenuti con riferimento al cespite oggetto di alienazione sono stati parzialmente sterilizzati per effetto della particolare disciplina limitativa di cui all’art. 164, comma 1, lett. b), TUIR, il legislatore fiscale ritiene congruo prevedere che il componente risultante dal realizzo (plusvalenza o minusvalenza) concorra alla formazione dell’imponibile nella medesima misura nella quale hanno in precedenza avuto rilevanza fiscale i predetti costi.

Nell’ipotesi di acquisto in proprietà di un bene rientrante nella previsione di cui all’articolo 164 e di un successivo realizzo dello stesso, quindi, la plusvalenza assume rilevanza fiscale in misura pari al rapporto tra il valore dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello imputato a conto economico.

Nella diversa ipotesi di cessione di un bene [cui si applica l’art. 164, comma 1, lett. b)] riscattato a seguito di un contratto di locazione finanziaria ceduto nello stesso periodo d’imposta del riscatto, in assenza di quote di ammortamento pregresse a cui far riferimento, si ritiene che la plusvalenza realizzata assuma rilevanza fiscale nella misura pari al rapporto tra ammontare dei canoni dedotti ed ammontare complessivo dei canoni dovuti.

Non si pone alcun problema nell’ipotesi in cui il bene sia stato ammortizzato per almeno un periodo d’imposta. In questo caso, infatti, trova applicazione il citato comma 2 dell’articolo 164 del TUIR.

A titolo esemplificativo, si consideri un’autovettura, detenuta in leasing, non utilizzata esclusivamente nell’attività propria d’impresa e le cui spese sono deducibili nella misura del 40 per cento ai sensi dell’articolo 164, comma 1, lettera b) del TUIR.

Nel periodo d’imposta n il bene è riscattato a un prezzo di riscatto pari a 100, ammortizzato civilisticamente per 20 e fiscalmente dedotto per 8 (40% di 20).

Se nel periodo d’imposta n+1 il bene è ceduto a un prezzo pari a 120 il contribuente rileva una plusvalenza civilistica pari a 40 (120 - 80). Per determinare la quota imponibile occorre, in primo luogo, rapportare l’ammortamento fiscalmente dedotto (8) a quello imputato a conto economico (20). Applicando la percentuale ottenuta (40%) al valore della plusvalenza civilistica (40) si ottiene il valore rilevante (16) per la determinazione del reddito d’impresa.

5.3 Interessi passivi su finanziamenti per acquisto di automezzi

D. La formulazione dell’articolo 164 del TUIR fa riferimento al trattamento della limitata deducibilità dei costi auto in relazione a tutti componenti negativi afferenti i predetti beni. Si chiede di conoscere se nell’ambito di applicazione della norma in questione rientrino anche gli interessi passivi relativi a finanziamenti specificati per l’acquisizione degli automezzi in questione ovvero gli stessi siano deducibili o meno con le ordinarie disposizioni in materia di interessi passivi e, dunque, secondo le disposizioni di cui agli articoli 98, 97 e 96 del TUIR per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007 e dell’articolo 96 del TUIR per il periodo di imposta in corso al 1 gennaio 2008.

R. L’articolo 96 del TUIR pone dei limiti alla deduzione degli interessi passivi da parte dei soggetti IRES, ammettendone la deducibilità sino a concorrenza di quelli attivi e limitando al 30 per cento del ROL la deducibilità di quelli eventualmente eccedenti. L’articolo 164 del TUIR dispone la limitazione della deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi a determinati mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni.

Posto che l’articolo 164 del TUIR costituisce una disciplina di carattere speciale dettata in relazione a tutti i costi (“indipendentemente dalla loro specifica natura”, come affermato nella circolare n. 48/E del 10 febbraio 1998)

sostenuti in relazione ai particolari cespiti in esso contemplati, ivi compresi gli interessi passivi, si ritiene che qualunque componente negativo sostenuto relativamente ai veicoli di cui al citato articolo 164 deve essere assoggettato esclusivamente alla disciplina di tale articolo.

Pertanto, gli interessi passivi sostenuti a servizio di finanziamenti contratti relativamente ai veicoli in questione potranno essere:

- interamente dedotti, se relativi ai mezzi di trasporto di cui al comma 1, lettera a), nn. 1) e 2), dell’articolo 164 del TUIR (i.e. veicoli,“destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa” o, rispettivamente, “adibiti ad uso pubblico”);

- dedotti nella misura del 40 per cento del loro ammontare (80 per cento qualora utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio) se riferibili ai mezzi di trasporto richiamati nel comma 1, lettera b), dell’articolo 164 del TUIR [i.e. veicoli a motore “il cui utilizzo è diverso da quello indicato alla lettera a), numero 1)”];

- dedotti nella misura del 90 per cento se sostenuti relativamente a mezzi di trasporto “dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta” [comma 1, lettera b-bis), dell’articolo 164 del TUIR].

5.4 Trattamento degli interessi passivi

D. L’articolo 110 del TUIR prevede esplicitamente che, ai fini fiscali, gli interessi passivi possano essere oggetto di capitalizzazione con esclusivo riferimento ai beni strumentali. Dalla formulazione della norma parrebbe dunque che, in relazione agli interessi versati in relazione a finanziamenti afferenti gli immobili di cui all’articolo 90 del TUIR, l’eventuale capitalizzazione operata ai fini civilistici non venga riconosciuta ai fini fiscali. Si chiede conferma di tale interpretazione anche in relazione alla valenza della norma di carattere interpretativo contenuta nella legge n. 244 del 2007 che permette comunque, a prescindere dal riconoscimento fiscale della avvenuta capitalizzazione, la deducibilità degli interessi in questione per il periodo di imposta 2007 al superamento della condizione prevista dagli articoli 98, 97 e 96 del TUIR.

R. L’articolo 96 del TUIR esclude dal proprio campo di applicazione gli interessi passivi “compresi nel costo dei beni ai sensi del comma 1, lettera b), dell’articolo 110”, rendendoli, pertanto, pienamente deducibili.

La lettera b) del 1° comma dell’articolo 110 del TUIR stabilisce, come noto, che nel costo fiscale dei “beni materiali ed immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa” si comprendono anche gli interessi passivi, qualora questi ultimi risultino “iscritti in bilancio ad aumento del costo stesso per effetto di disposizioni di legge”.

Con riguardo agli immobili strumentali, pertanto, la norma fiscale dispone la capitalizzazione degli interessi passivi nel costo dei beni strumentali se la stessa è effettuata anche in sede di stesura del bilancio civilistico.

Detta previsione è, tuttavia, limitata ai soli beni espressamente richiamati nella disposizione da ultimo menzionata, nella quale non sono contemplati i cd. immobili-patrimonio di cui all’articolo 90 del TUIR.

Di conseguenza, per tale ultima tipologia di immobili si applica la disposizione, di carattere generale, contenuta nel primo periodo della lettera b, 1° comma, dell’articolo 110 del TUIR, per cui non possono comprendersi nel relativo costo fiscale gli interessi passivi. Ne consegue che - dal momento che l’eventuale patrimonializzazione di interessi passivi operata in bilancio ad incremento del valore di iscrizione di immobili-patrimonio è, in ogni caso, priva di rilevanza fiscale - gli interessi passivi portati in bilancio ad incremento del costo degli immobili in esame rientreranno nell’ambito di applicazione della disciplina contenuta nell’articolo 96 del TUIR.

Resta inteso che qualora gli interessi passivi sostenuti riguardo agli immobili-patrimonio siano relativi a finanziamenti diversi da quelli contratti per la relativa “acquisizione” (di cui alla norma dell’articolo 1, comma 35, della L. n. 244 del 2007), gli stessi risulteranno integralmente indeducibili conformemente a quanto stabilito dall’art. 90, comma 2, del TUIR.

Da ultimo, si ricorda che il comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2007 prevede, con disposizione di carattere transitorio, “la non rilevanza ai fini dell’articolo 96 … degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione”. Di conseguenza, tali interessi risulteranno integralmente deducibili, non soggiacendo alla disciplina limitativa in questione.

6. SOCIETA’ NON OPERATIVE

6.1 Motivi oggettivi a supporto delle istanze di disapplicazione

D. Si chiede di conoscere se, in relazione alla posizione di una holding che non supera il test di operatività di cui all’articolo 30 della legge n. 724 del 1994, possa costituire motivo oggettivo di disapplicazione la circostanza che la società partecipata non proceda alla distribuzione di dividendi al semplice fine di non dover poi ricorrere a finanziamenti di terzi che potrebbero produrre interessi passivi indeducibili. Si ritiene che laddove venga dimostrato che la distribuzione delle riserve da parte della società partecipata sia elemento suscettibile di generare uno squilibrio finanziario tale da rendere necessario ricorrere a finanziamento di terzi, tale circostanza sia sufficiente per supportare la richiesta di disapplicazione della norma.

R. La semplice circostanza che la società partecipata non proceda alla distribuzione di dividendi, “al solo fine di non dover poi ricorrere a finanziamenti di terzi che potrebbero produrre interessi passivi indeducibili”, non può configurare, di per sé, una “situazione oggettiva” di disapplicazione, di cui al comma 4-bis dell’articolo 30 della legge 724 del 1994.

Come chiarito, infatti, dalla scrivente nella circolare n. 25/E del 4 maggio 2007, paragrafo 8, costituisce requisito utile ai fini dell’accoglimento dell’istanza di disapplicazione “il fatto che la società partecipata, pur disponendo di utili e riserve di utili teoricamente sufficienti - in ipotesi di integrale distribuzione – a consentire il superamento del test di operatività da parte della holding partecipante, non abbia proceduto alla relativa distribuzione in attuazione di un piano di autofinanziamento finalizzato al concreto rafforzamento della attività produttiva, sempreché venga dimostrato che l’utile sia stato (o sarà) effettivamente investito”.

Ciò premesso, si ritiene che la disapplicazione richiesta nel quesito operi solo a condizione che sia dimostrato l’effettivo investimento dell’utile non distribuito dalla società partecipata. Non può, in altri termini, costituire circostanza utile all’accoglimento dell’istanza disapplicativa, il semplice “timore” della società partecipata di vedersi esposta (qualora procedesse a distribuire utili che presumibilmente consentirebbero alla holding di superare il test) alla disciplina ordinariamente applicabile ai soggetti IRES in materia di deducibilità degli interessi passivi.

6.2 Scioglimento agevolato delle società di persone

D. Le disposizioni contenute nella legge n. 296 del 2006 e riproposte con le disposizioni di cui alla legge n. 244 del 2007 precisano come una volta determinata la base imponibile in capo alla società che ha optato per lo scioglimento agevolato, la predetta base imponibile viene assoggettata ad imposizione sostitutiva. Il comma 113 della legge n. 296 del 2006, ora riproposto dalla legge n. 244 del 2007, afferma come “Ai fini dell'applicazione dell' articolo 47, comma 7, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, riguardante la qualificazione come utili delle somme e dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di riduzione di capitale esuberante e di liquidazione, le somme o il valore normale dei beni assegnati ai soci sono diminuiti degli importi assoggettati all'imposta sostitutiva di cui al comma 112 da parte della società, al netto dell'imposta sostitutiva stessa. Detti importi non costituiscono redditi per i soci. Il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate va aumentato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva”. Si chiede di conoscere se tale disposizione sia di applicazione limitata alle società di capitali in virtù del richiamo all’articolo 47 ovvero operi anche in capo alle società di persone con la conseguenza che, una eventuale eccedenza che si genera in capo ai soci sia da assoggettare a tassazione come reddito di partecipazione. In alternativa, si può ritenere che l’applicazione da parte della società di persone dell’imposta sostitutiva esaurisca la tassazione anche con riferimento alla posizione dei soci?

R. Il comma 129 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2008 ripropone la disciplina della fuoriuscita agevolata dal regime delle società non operative precedentemente prevista all’articolo 1, commi da 111 a 117, della legge finanziaria 2007. Come chiarito nella circolare n. 25/E del 4 maggio 2007, la disciplina in esame si riflette sia sulla tassazione della società che delibera lo scioglimento, sia su quella dei soci.

In particolare il comma 113 della legge finanziaria 2007 stabilisce, ai fini della tassazione in capo ai soci, che l’applicazione dell’articolo 47, comma 7 del TUIR - che qualifica come utile da partecipazione l’eccedenza, rispetto al costo fiscale riconosciuto delle partecipazioni detenute, delle somme e del valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto, di riduzione del capitale esuberante e di liquidazione (volontaria o concorsuale) - deve avvenire diminuendo le somme o il valore normale dei beni assegnati a questi ultimi degli importi assoggettati all’imposta sostitutiva dalla società, al netto dell’imposta sostitutiva stessa.

In sostanza, quindi, il socio assegnatario consegue un reddito di capitale pari alla differenza tra:

- il valore normale o catastale dei beni assegnati, diminuito dell’importo assoggettato ad imposta sostitutiva al netto dell’imposta sostitutiva stessa e - il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (cfr. circolare n. 25/E del 4 maggio 2007).

Ciò premesso, si ritiene che il meccanismo di determinazione del reddito appena evidenziato sia applicabile anche nell’ipotesi in cui la società che delibera la messa in liquidazione sia una società di persone.

Al riguardo, occorre evidenziare che, attraverso il rinvio contenuto nell’articolo 20-bis del TUIR, il reddito conseguito dal socio delle società di persone in caso di liquidazione è determinato applicando le disposizioni dell’articolo 47, comma 7 del TUIR. Il citato articolo 20-bis, quindi, qualifica quali redditi da partecipazione, e pertanto redditi d’impresa, quelli compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci delle società di persone in caso di liquidazione, rinviando, ai soli fini della determinazione del reddito da assoggettare a tassazione, alle regole dettate dal legislatore per gli utili derivanti dalla partecipazione in società di capitale dall’articolo 47, comma 7 del TUIR (cfr. risoluzione n. 64/E del 25 febbraio 2008).

Si ritiene, quindi, che il comma 7 dell’articolo 47 del TUIR trovi applicazione, in virtù del rinvio contenuto nell’articolo 20-bis del TUIR, anche nei confronti dei soci della società di persone in scioglimento agevolato.

Questi ultimi conseguiranno, pertanto, un reddito da partecipazione pari alla differenza tra il valore normale o catastale dei beni assegnati, diminuito dell’importo assoggettato ad imposta sostitutiva al netto dell’imposta sostitutiva stessa, e il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.

Si precisa al riguardo che ai sensi del comma 113 l’importo assoggettato ad imposta sostitutiva non costituisce reddito per i soci e quindi tale importo non incrementa il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione così come previsto dall’articolo 68, comma 6 del TUIR.

6.3 Scioglimento agevolato/1

D. La società Alfa è stata messa in liquidazione agevolata in data 15 aprile 2007 in base alle disposizione previste dalla Finanziaria 2007 ed è stata cancellata dal Registro delle imprese in data 31.12.2007. Il reddito relativo al periodo di liquidazione viene dichiarato nel 2008 dopo l’entrata in vigore della Finanziaria 2008 che per incentivare gli scioglimenti agevolati ha ridotto dal 25% al 10% l’aliquota dell’imposta sostitutiva applicabile al reddito relativo al periodo di liquidazione. Per il calcolo dell’imposta sostitutiva può essere applicata la nuova aliquota del 10%?

R. No perché, come chiarito nella circolare n. 25/E del 17 marzo 2008, l’aliquota ridotta si applica solo con riferimento alle procedure di scioglimento agevolato previste dalla Finanziaria 2008 ossia a quelle con decorrenza dal 1° gennaio 2008. Nel modello RQ SEZIONE II andrà indicata l’aliquota del 25%.

6.4 Scioglimento agevolato/2

D. La società ha deliberato la liquidazione in data 10 giugno 2007 dopo la scadenza del termine stabilito per avvalersi della procedura di scioglimento agevolato prevista dalla Finanziaria 2007, ma risulta ancora in stato di liquidazione alla data di entrata in vigore della Finanziaria 2008 che ha introdotto una nuova opportunità di scioglimento agevolato.

Poiché la società risulta non operativa sia in riferimento al periodo d’imposta in corso al 4 luglio 2006 che a quello in corso al 31.12.2007, a quale procedura di scioglimento agevolato può accedere?

R. Non potrà accedere ad alcuna procedura agevolata poiché la data della delibera è successiva al termine del 31 maggio 2007 che doveva essere rispettato per poter usufruire dello scioglimento agevolato previsto dalla Finanziaria 2007 ed altresì precedente al 1 gennaio 2008 che è il termine da rispettare previsto dalla Finanziaria 2008 per usufruire del regime agevolato (cfr. circolari n. 25/E del 2007 e 21/E del 2008, che rispettivamente forniscono chiarimenti sulle procedure di scioglimento agevolato previste dalla Legge finanziaria 2007 e dalla Legge finanziaria 2008).

7. UNICO 2008 – SOCIETA’ DI PERSONE E SOCIETA’ DI CAPITALI

7.1 Immobiliare di gestione

D. Un’immobiliare di gestione ha iscritto nel c/e interessi passivi derivanti sia dal finanziamento della costruzione di un bene immobile abitativo concesso in locazione, sia dallo scoperto di conto corrente. Quali variazioni in aumento dovrà effettuare nel Quadro RF?

R. Il comma 2 dell’articolo 90 del TUIR stabilisce che per le unità immobiliari possedute in regime d’impresa che non costituiscono beni strumentali all’attività d’impresa, né beni merci (cd. “immobili-patrimonio”), “le spese e gli altri componenti negativi relativi … non sono ammessi in deduzione”.

Tuttavia, l’articolo 1, comma 35, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) contiene una norma di interpretazione autentica secondo cui “tra le spese e gli altri componenti negativi indeducibili di cui al comma 2 dell’articolo 90 del testo unico delle imposte sui redditi…non si comprendono gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l’acquisizione degli immobili indicati al comma 1 dello stesso articolo 90”.

Il sopra citato comma 35 contiene, dunque, un preciso riferimento agli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l’“acquisizione” degli immobili di cui all’articolo 90, comma 1, del TUIR (cd. immobili-patrimonio).

Al riguardo, si è dell’avviso che con il termine “acquisizione” il legislatore ha inteso riferirsi non solo agli interessi passivi sostenuti in relazione ai finanziamenti accesi per l’“acquisto” in senso stretto di detti immobili (i.e. interessi sostenuti sui mutui contratti per l’“acquisto” degli immobilipatrimonio), ma anche agli interessi passivi relativi a finanziamenti stipulati per la “costruzione” degli stessi (i.e. interessi sostenuti in dipendenza di mutui accesi per la “costruzione” degli immobili- patrimonio).

In altri termini, il comma 35 in esame deve essere interpretato nel senso che gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per la costruzione o per l’acquisto degli immobili di cui all’articolo 90, comma 1, del TUIR non rientrano tra le spese e gli altri componenti negativi per cui vale la previsione di indeducibilità assoluta di cui al comma 2 della medesima disposizione. Tali interessi passivi, pertanto, sono deducibili, per i soggetti IRES, nei limiti ed alle condizioni previste dall’articolo 96 del TUIR.

Con specifico riferimento alla fattispecie prospettata nel quesito, tale ultima disciplina risulterà, dunque, applicabile tanto agli interessi passivi sostenuti riguardo al finanziamento contratto per la costruzione dell’immobilepatrimonio, quanto a quelli generatisi in relazione allo scoperto di conto corrente purchè anche quest’ultimi riferiti alla costruzione dell’immobile patrimonio.

Resta inteso che in caso contrario, tali ultimi interessi (scoperto di c/c) saranno integralmente indeducibili ai sensi dell’articolo 90, comma 2, del TUIR.

7.2 Redditi prodotti da società residente in un Paese black list

D. La società Alfa controlla con una quota del 60% la società Beta residente in un Paese black list. Il reddito prodotto da Beta nel 2007 è pari a € 5.000 e le imposte pagate all’estero (aliquota 10%) sono risultate pari a € 500.

Come deve essere imputato per trasparenza il reddito della CFC in capo alla società residente Alfa ? Come deve essere predisposto il quadro RM?

R. Al fine di determinare le imposte dovute dal soggetto controllante residente in relazione all’ utile di una controllata black list, è necessario svolgere le seguenti operazioni.

In primo luogo, occorre rideterminare il reddito imponibile in capo al soggetto residente in base alla normativa italiana sul reddito d’impresa, con le eccezioni previste dall’articolo 167, co. 6, TUIR. Una volta rideterminato il reddito della controllata estera, è possibile individuare la quota degli utili della CFC che deve essere imputata al soggetto controllante residente, in proporzione della partecipazione detenuta (cfr. art 167 co. 1 TUIR). Nell’esempio proposto, il reddito prodotto dalla controllata estera ed assoggettato a tassazione nel suo Paese di residenza è pari a € 5.000. Ipotizzando che, in seguito all’applicazione delle regole italiane, il reddito complessivo della CFC è pari a € 6.000, l‘ammontare di tale reddito assoggettato a tassazione separata (art. 167, co. 6) in capo al soggetto residente è € 3.600 (6.000 X 60%).

Se il soggetto residente non beneficia di aliquote agevolate ai fini IRES, l’imposta lorda gravante sui redditi della CFC va calcolata applicando l’aliquota IRES del 33%, in luogo di quella del 27%, in quanto come precisato nella Circolare n. 34/E del 2006 “… in seguito alla soppressione della DIT e fatta salva l’applicazione di norme speciali che prevedano un'aliquota ridotta, la predetta aliquota è normalmente pari al 33 per cento”. L’imposta lorda, pertanto, è pari a 1.188 euro. Al riguardo si fa presente che, secondo quanto affermato nella risoluzione n. 43/E del 12 febbraio 2008, il reddito della CFC imputato per trasparenza al soggetto residente va assoggettato a tassazione separata con aliquota del 33 per cento anche nel caso in cui la società residente non beneficia di alcun reddito da assoggettare ad aliquota agevolata o consegue una perdita di esercizio.

L’imposta netta va calcolata secondo le regole stabilite dall’articolo 165 del TUIR. Supponendo che le imposte pagate all’estero sono interamente detraibili, l’imposta dovuta è pari a 888, ossia alla differenza tra l’imposta lorda (1.188) e quota di imposta estera di pertinenza di Alfa, 300 = (500X60%) (cfr art. 167 co. 6 TUIR).

Il quadro RM va compilato con riferimento a ogni CFC. Nel caso in esame, il soggetto residente indica:

- il codice fiscale del soggetto che ha dichiarato il reddito della CFC nel quadro FC, sezione IIA, che può anche coincidere con il dichiarante;

- reddito imputato al dichiarante = 3.600;

- aliquota media applicata = 33% [per le società che beneficiano di aliquote agevolate, è il risultato del rapporto tra l'imposta di cui al rigo RN8 ed il reddito risultante dalla somma degli importi dei righi da RN6 a RN7, colonna 1, e comunque non è inferiore al 27 per cento];

- imposta = 1.188

- imposte pagate all’estero = 300

- imposta dovuta = 888 7.3 Costi black list

D. Nel corso del 2007 la società Alfa ha commissionato una perizia ad un professionista residente in Liechtenstein. Il costo imputato a bilancio ammonta a € 130.000:

a) come deve comportarsi la società per poter essere certa che il costo venga riconosciuto fiscalmente?

b) quale documentazione deve predisporre per dimostrare l’effettivo interesse economico dell’azienda per la prestazione ricevuta?

c) deve essere compilato il rigo RF 33 –RF 55 variazioni in aumento e in diminuzione?

d) la mancata indicazione ne preclude la deducibilità?

R. L'art. 110, comma 10, del TUIR, nel testo vigente fino al periodo d’imposta successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di cui all’art. 168-bis del TUIR, prevede l’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra le imprese residenti e quelle domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all'Unione Europea aventi regimi fiscali privilegiati (D.M. 23 gennaio 2002).

Tale regime, ai sensi del successivo comma 12-bis del menzionato art. 110 del TUIR, si applica anche alle prestazioni di servizi rese da professionisti domiciliati in Stati o territori non appartenenti all'Unione Europea aventi regimi fiscali privilegiati.

Le succitate disposizioni possono essere disapplicate, come previsto dal comma 11 dello stesso art. 110, nel caso in cui l’impresa residente provi che:

1. le imprese o i professionisti esteri svolgono prevalentemente un'attività commerciale/professionale effettiva;

ovvero

2. che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.

Si tratta di esimenti tra loro alternative, che possono essere dimostrate dal contribuente in sede di controllo o, in via preventiva, cioè prima di porre in essere l’operazione, inoltrando all'Amministrazione finanziaria apposita istanza di interpello antielusivo ai sensi dell’art. 21 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

In caso di accoglimento dell’istanza, la società sarà sollevata dall’onere di fornire successivamente - in sede di accertamento - la prova richiesta dall’art. 110, comma 11, del TUIR, ai fini della deducibilità delle spese derivanti dall’operazione prospettata.

Resta impregiudicato, in entrambi i casi (i.e. mancata presentazione dell’interpello e accoglimento dell’istanza), l’onere del contribuente di dimostrare la concreta esecuzione dell’operazione.

Con riferimento al caso prospettato, per ottenere il riconoscimento del costo della consulenza resa dal professionista black list, il contribuente deve dimostrare, mediante idonea documentazione, che:

- con riferimento alla prima esimente (i.e. effettività dell’attività professionale), la prestazione è effettiva e connessa ad un’attività, non estemporanea, ma radicata nello Stato a fiscalità privilegiata attraverso, ad esempio, una base fissa;

- con riferimento alla seconda esimente (i.e. effettivo interesse economico dell’operazione e concreta esecuzione della stessa), i motivi economici reali a fronte della decisione di avvalersi di prestazioni professionali rese da un soggetto domiciliato nel Paese a fiscalità privilegiata. La valutazione dell’effettivo interesse dell’impresa deve avere riguardo all’apprezzabilità economico-imprenditoriale complessiva delle prestazioni, desunta – a mero titolo esemplificativo – dalla specificità o unicità della prestazione professionale in riferimento a particolari esigenze dell’impresa più che dalla entità del compenso (cfr. Circolare 19 gennaio 2007, n. 1/E).

Pertanto, nel caso di una perizia, si ritiene che la prova dovrà avere ad oggetto principalmente la dimostrazione della specificità o unicità della prestazione professionale commissionata, anche in considerazione dell’oggetto specifico della perizia. Saranno altresì ritenuti utili altri elementi quali, ad esempio, l’entità del compenso richiesto per la citata prestazione (che, in ipotesi, risulta comparativamente più basso di quello preteso da periti residenti in Italia).

Sotto il profilo dichiarativo si conferma la necessità di indicare il costo della perizia in questione nel rigo RF33 del Modello di dichiarazione dei redditi Unico 2008 (società di capitali). Lo stesso costo dovrà essere riportato anche nel rigo RF55, nel caso in cui non operi l’indeducibilità, per effetto del più volte menzionato art. 110, comma 11, del TUIR.

La mancata indicazione dello stesso non ne preclude la deducibilità, ma comporta l’irrogazione di una sanzione pari al 10% dell’importo, ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 (cfr. circolare del 16 febbraio 2007, n. 11, par. 12.6).

7.4 Società di fatto - Rideterminazione del valore delle partecipazioni

D. Il titolare di un’azienda individuale è deceduto nel corso del 2007 e gli eredi hanno proseguito l’esercizio dell’attività aziendale.La prosecuzione dell’attività ha determinato la formazione, alla data del decesso, di una società di fatto tra gli eredi.

Si chiede, al riguardo, se gli eredi possono procedere alla rideterminazione del valore delle quote di partecipazione detenute al 1° gennaio 2008 nella predetta società di fatto, ai sensi delle disposizioni contenute nell’articolo 5 della legge n. 448 del 2001, cosi come prorogato da ultimo dall’articolo 1, comma 91, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008).

R. L’articolo 5 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 prevede la rideterminazione del valore dei titoli, delle quote o dei diritti non negoziati nei mercati regolamentati agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all'articolo 67 comma 1, lettere c) e c-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

La rideterminazione, per effetto della proroga di tale disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 91, della legge finanziaria 2008, può avere ad oggetto titoli, quote o diritti posseduti alla data del 1° gennaio 2008.

Per quanto concerne le quote di partecipazione, le citate lettere c) e c-bis) dell’articolo 67, comma 1, del TUIR, fanno riferimento, tra l’altro, alle partecipazioni nelle società di cui all’articolo 5 del TUIR, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c).

Le società di fatto sono disciplinate dal comma 3, lettera b), del citato articolo 5 del TUIR che ne dispone l’equiparazione, sotto il profilo fiscale, alle società in nome collettivo o alle società semplici secondo che abbiano o meno per oggetto l’esercizio di attività commerciali.

Ne consegue che le quote di partecipazione in società di fatto possedute al 1° gennaio 2008 rientrano nel campo di applicazione della disciplina dell’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 e possono essere oggetto di rivalutazione sulla base della perizia di stima del patrimonio della società alla predetta data da redigere ed asseverare entro il 30 giugno 2008.

7.5 Società di persone - Modalità di dichiarazione delle somme ottenute in occasione del recesso del socio

D. Nel caso di recesso del socio della società di persone, laddove manchi il presupposto temporale per l’applicazione del regime di tassazione separata si chiede di conoscere se il socio debba indicare la parte redditualmente rilevante dalla somma in questione nel quadro RM esprimendo la volontà di assoggettare il reddito a tassazione ordinaria ovvero indicare il reddito in questione nel quadro RH del modello Unico persone fisiche. In tale seconda ipotesi, che si ritiene preferibile, si chiede come debba essere evidenziato e con quale percentuale di partecipazione, il codice fiscale della società che ha erogato la somma in questione.

R. L’articolo 20-bis del TUIR, introdotto dal decreto legislativo n. 247 del 19 novembre 2005 (c.d. Correttivo IRES), prevede che “ai fini della determinazione dei redditi di partecipazione compresi nelle somme attribuite o nei beni assegnati ai soci o agli eredi, di cui all’art. 17, comma 1, lett. l), del Testo Unico - cioè i redditi compresi nelle somme e valori attribuiti al socio in sede di recesso -, valgono, in quanto compatibili, le disposizioni dell'art. 47, comma 7, indipendentemente dall’applicabilità della tassazione separata ".

Sul punto la circolare n. 6 del 2006 (risposta 7.12), richiamando la relazione illustrativa al Correttivo IRES, chiarisce che la componente reddituale compresa nell’importo percepito dal socio uscente e determinata secondo le regole dettate dall’articolo 47, comma 7, del Tuir, in quanto compatibili, derivando dalla partecipazione in una società di persone, assume natura di reddito d’impresa e deve essere tassato in capo al socio uscente secondo il generale principio di competenza che sottende alla determinazione di tale reddito.

Quanto appena esposto è stato ulteriormente ribadito nella risoluzione n. 64/E del 25 febbraio 2008.

Pertanto, in linea con la predetta interpretazione, in mancanza dei requisiti per accedere alla tassazione separata (quadro RM, secondo fascicolo, modello Unico PF), il socio persona fisica non imprenditore dichiara l’ “eccedenza da recesso” nel quadro RH del modello Unico PF, fra i redditi di partecipazione in società di persone, indicando quale percentuale la quota di partecipazione al reddito della società al momento del recesso.

Il codice fiscale del soggetto che ha erogato l’indennità va riportato nella sezione prima, rigo RH1 (o seguente), colonna 1.

8. CONSOLIDATO NAZIONALE E TRASPARENZA

8.1 Interruzione consolidato – attribuzione perdite

D. Nel caso di interruzione della tassazione di gruppo, le perdite derivanti dalle rettifiche di consolidamento in diminuzione devono venir attribuite ai soggetti ai quali le stesse si riferiscono o alla consolidante?

R. Le perdite residue all’atto dell’interruzione anticipata del regime (o del mancato rinnovo dell’opzione alla scadenza del triennio) spettano, quale regola generale, al soggetto consolidante (cfr. articolo 124, comma 4, del TUIR).

Qualora i soggetti partecipanti al regime, avvalendosi della facoltà concessa dall’art. 13, comma 8, del D.M. 9 giugno 2004, abbiano optato per il criterio alternativo dell’attribuzione delle perdite residue ai soggetti “che le hanno prodotte”, la ripartizione delle stesse dovrà avvenire secondo tale criterio, che, si ricorda, deve essere espressamente indicato nella comunicazione di avvio del regime di tassazione consolidata (cfr. art. 5, comma 1, del medesimo decreto).

In altri termini, le perdite fiscali residue esistenti all’atto dell’interruzione del regime dovranno essere ripartite secondo il criterio all’epoca indicato all’atto della comunicazione di avvenuto esercizio congiunto dell’opzione, essendo indifferente al tal fine la circostanza che le perdite in questione siano (in tutto o in parte) conseguenti all’applicazione delle rettifiche di consolidamento di cui all’art. 122 del TUIR (nella formulazione anteriore alla modifiche apportate dalla legge finanziaria per il 2008).

8.2 Perdite pregresse

D. Una società Alfa detiene una partecipazione in una società di capitali che ha rinnovato l’opzione per il regime di tassazione in trasparenza ex art 115 TUIR per il triennio 2007-2009.

Avendo la società Alfa perdite pregresse riferite all’anno 2003 per un valore pari a € 40.000, si chiede se alla luce delle modifiche introdotte dal D.L. 223/2006 le stesse siano utilizzabili in compensazione con l’utile attribuito dalla società partecipata nell’anno 2007.

R. L’art. 36, comma 9, D.L. 223 del 2006 ha modificato il comma 3, art 115, TUIR, prevedendo l’impossibilità da parte dei soci della società partecipata di compensare i redditi attribuiti da quest’ultima con le perdite generatesi nei periodi ante trasparenza.

La decorrenza delle nuove modalità di compensazione è stata fissata dal comma 23, art. 2, D.L. 262/2006, che ha previsto il divieto di compensazione con riferimento ai redditi delle società partecipate relativi a periodi d’imposta che iniziano successivamente al 4 luglio 2006 e quindi nel caso di società partecipata con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare a partire dal 2007.

La disposizione è applicabile con riferimento alle perdite della partecipante ante opzione trasparenza ancora disponibili indipendentemente dal periodo di formazione delle stesse. Nel caso in esame non è quindi concessa la possibilità di utilizzo delle perdite 2003 da parte della società partecipante con utile 2007 attribuito dalla partecipata.

8.3 Opzione inviata tardivamente

D. Con riferimento al modello Unico 2008, potranno far valere i regimi di tassazione consolidata ovvero di tassazione per trasparenza quei soggetti che hanno inviato le relative comunicazioni tardivamente sulla base del comportamento concludente adottato in dichiarazione, soprattutto quando l’opzione sia stata esercitata con lievissimo ritardo rispetto alla scadenza ?

Possono in tal caso ritenersi superate le indicazioni fornite dall’agenzia delle entrate con le circolari n. 49 e n. 53 del 2004 che parrebbero non consentire in alcun caso l’adozione dei predetti regimi in caso di mancato rispetto delle scadenze in questione?

R. La risposta al quesito è negativa. In proposito giova ricordare che l’irrilevanza degli eventuali comportamenti concludenti tenuti dal contribuente in dichiarazione discende dalla circostanza che l’invio della comunicazione di avvio del regime costituisce una condizione essenziale per l’ammissione al regime (cfr. circolare 49/E del 22 novembre 2004, paragrafo 2.7 e circolare 53/E del 20 dicembre 2004, paragrafo 4.1).

9. STUDI DI SETTORE

9.1. Intervallo di confidenza. Valutazione della congruità ai fini delle disposizioni di cui al comma 4-bis dell’art. 10 della L. 146/98 e della disapplicazione della disciplina sulle società di comodo.

D1. Dopo le indicazioni della circolare 5/E/2008, appare chiaro che la situazione del contribuente che si colloca naturalmente nell’intervallo di confidenza non dovrebbe essere oggetto di analisi da parte degli uffici. Al riguardo, si chiede:

- la posizione consente comunque di beneficiare delle disposizioni di cui al comma 4-bis dell’articolo 10 della legge 146/98?

- Il contribuente che si adegua in dichiarazione al ricavo minimo oppure ad un importo compreso nell’intervallo di confidenza, dovrà comunque giustificare la propria posizione nei confronti degli uffici? In caso positivo, come può essere raccordata la presente conclusione con l’affermazione della circolare 5/E/2008, identico essendo il significato statistico da attribuire all’intervallo di confidenza?

D2. Nella circolare 5/E del 23 gennaio 2008, l’Agenzia delle Entrate, ai fini dell’attività di accertamento derivante dagli studi di settore, ha specificato che “i contribuenti che si collocano “naturalmente” all’interno del c.d.

“intervallo di confidenza”, devono, […], considerarsi generalmente in linea con le risultanze degli studi di settore, in quanto si ritiene che i valori rientranti all’interno del predetto “intervallo” hanno un’elevata probabilità statistica di costituire il ricavo/compenso fondatamente attribuibile ad un soggetto esercente un’attività avente le caratteristiche previste dallo studio di settore. Pertanto,

[…], l’attività di accertamento sulla base degli studi di settore deve essere rivolta prioritariamente nei confronti di quei contribuenti “non congrui” che,

[…] hanno dichiarato un ammontare di ricavi o compensi inferiori al ricavo o compenso minimo di riferimento …”.

Nella circolare 9/E del 14 febbraio 2008, ai fini della esclusione (disapplicazione per il 2007) dalla disciplina delle società di comodo dei soggetti risultanti congrui e coerenti, si è specificato che “vanno considerate congrue le società che, anche per effetto dell'adeguamento in dichia Scritto da Admin il 21 Giugno 2008 alle 14:07

 
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