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Non è ristrutturazione edilizia se la ricostruzione segue le tracce murarie

Consiglio di Stato , sez. V, sentenza 15.09.2006 n° 5375

 

Consiglio di Stato

Sezione V

Sentenza 15 settembre 2006, n. 5375

(Pres. Venturini, Est. Lodi)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso iscritto al NRG 3226/2005 proposto dal COMUNE DI VIBO VALENTIA, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Accorinti ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, Via della Ferratella in Laterano, n. 33;

contro

B. R. e C. M., rappresentati e difesi dall’avv. Gianfranco Spinelli ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. M. Mele in Roma, Via Crescenzio, n. 37;

e nei confronti di

S. T., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria – Sezione di Catanzaro, n. 2381 del 12 novembre 2004.

Visto il ricorso in appello;

visto l'atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale proposto dai summenzionati signori B. e C.;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

data per letta alla pubblica udienza dell’11 luglio 2006 la relazione del consigliere Pier Luigi Lodi; nessuno comparso per le parti;

ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO

Con atto notificato il 25 marzo 2005, depositato il successivo 21 aprile, il Comune di Vibo Valentia ha presentato appello avverso la sentenza del T.A.R. Calabria – Sezione di Catanzaro, n. 2381/2004, che aveva accolto in parte il ricorso proposto dai signori R. B. e M. C. per l’annullamento dei provvedimenti comunali in data 28 gennaio e 27 febbraio 2003, di definizione in senso positivo del procedimento di verifica di legittimità della denuncia di inizio di attività inoltrata dalla signora S. per la ristrutturazione di un fabbricato contiguo alla proprietà dei ricorrenti.

In particolare il Comune appellante contesta l’accoglimento, da parte del giudice di primo grado, della censura relativa alla non riconducibilità ad una ipotesi di ristrutturazione della prevista ricostruzione di un vano, ridotto a rudere, posto nel cortile dell’edificio, sostenendo che anche tale intervento poteva rientrare nell’insieme sistematico di opere oggetto della D.I.A. in questione.

Con atto notificato il 18 – 19 maggio 2005, depositato il 1° giugno successivo, i signori B. e C. hanno presentato controricorso, con appello incidentale, contestando in fatto ed in diritto le diverse statuizioni del giudice di primo grado.

Con memorie le parti hanno ulteriormente insistito nelle rispettive tesi.

La causa è passata in decisione all’udienza pubblica dell’11 luglio 2006.

DIRITTO

1. - I ricorrenti in primo grado, proprietari di un immobile sito nel Comune di Vibo Valentia, avevano impugnato i provvedimenti del medesimo Comune concernenti la verifica di legittimità, in senso positivo, della denuncia di inizio di attività, relativa alla ristrutturazione di un fabbricato confinante con quello di loro proprietà.

Con la sentenza appellata il giudice di primo grado ha accolto il ricorso per la sola parte relativa al previsto intervento di ricostruzione di un vano già esistente nel cortile retrostante al fabbricato, trattandosi di attività ritenuta non riconducibile alla nozione di ristrutturazione.

2. - L’appello principale è stato proposto dal menzionato Comune per riaffermare la legittimità anche della ricostruzione del vano in questione, ormai ridotto allo stato di rudere, sostenendosi che per configurare una ipotesi di ristrutturazione sarebbe sufficiente la preesistenza di un fabbricato demolito da ricostruire fedelmente; nel caso in esame, poi, si doveva effettuare una valutazione complessiva dell’intervento previsto, che comprendeva anche il piccolo vano in parola, da considerare come pertinenza del fabbricato principale, la volumetria del quale sarebbe comunque desumibile dalle tracce rimaste.

2.1. - Ritiene la Sezione che tali argomentazioni non siano condivisibili.

Appare anzitutto contraddittorio l’assunto della sostanziale unitarietà dell’intervento, a fronte della obiezione in ordine alla scindibilità dei singoli titoli abilitativi riguardanti i lavori progettati, formulata con memoria dalla difesa comunale in riferimento alla censura dedotta in proposito dai ricorrenti in primo grado, riproposta dai medesimi con appello incidentale.

Non sembra attendibile, d’altronde, la qualificazione come "pertinenza", ossia come " cosa destinata in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa" ai sensi dell’art. 817 c.c., del rudere di cui si tratta, del quale rimangono soltanto pochi residui e tracce, a quanto emerge dalla documentazione fotografica prodotta dalla stessa parte interessata.

In ogni caso, quindi, non potrebbe farsi rientrare in una fattispecie di ristrutturazione edilizia un intervento come quello in discorso, in cui la parte dell’opera muraria ancora esistente non consentirebbe, in realtà, la sicura individuazione dei connotati essenziali del manufatto originario e, quindi, la sua fedele ricostruzione.

Deve condividersi, pertanto, la pronuncia del giudice di primo grado in proposito, in quanto la ricostruzione degli anzidetti ruderi va considerata, a tutti gli effetti, realizzazione di una nuova costruzione, in quanto non equiparabile alla ristrutturazione edilizia, e per simile attività deve essere richiesto apposito permesso di costruzione, non essendo possibile far ricorso alla denuncia di inizio di attività, ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2004, n. 475).

In conclusione l’appello principale si palesa infondato e va respinto.

3. - La Sezione ritiene che pure il ricorso incidentale, proposto dai ricorrenti in primo grado per contestare le altre statuizioni della sentenza appellata, sia ugualmente privo di concreto fondamento.

3.1. - In primo luogo, i predetti ricorrenti insistono sul fatto che, trattandosi di un solo progetto edificatorio, l’annullamento disposto dal giudice di primo grado, con riferimento alla prevista ricostruzione del rudere di cui sopra, doveva estendersi all’intero intervento, producendosi altrimenti una vera e propria modifica progettuale da parte del detto giudice.

L’assunto va disatteso in quanto trattasi, come accennato sopra, di parti chiaramente scindibili del progetto, caratterizzate da una propria autonomia, con conseguente possibilità di eliminazione delle sole attività edificatorie che siano riconosciute illegittime, senza che ciò possa riflettersi, con effetti invalidanti, sulla legittimità della restante parte dell’intervento nel suo complesso.

3.2. - In secondo luogo non appaiono sussistenti le asserite violazioni delle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico vigente, ed in ispecie dell’art. 45 che, per la porzione di zona residenziale di ristrutturazione RR, ricompresa tra i due rami ferroviari – su cui insiste l’immobile in questione – prevede l’applicabilità del precedente art. 35, in base al quale, come sottolineato dai ricorrenti incidentali, sono ammessi interventi di ristrutturazione solo nel caso di "comprovata ed urgente necessità", non dimostrata nel caso di specie.

Al riguardo va condiviso l’assunto del primo giudice, che fa riferimento ad una apposita relazione illustrativa del tecnico comunale, acquisita in via istruttoria, rilevando che la predetta zona residenziale di ristrutturazione RR è specificamente disciplinata dall’art. 36 delle N.T.A., il quale non subordina ad alcuna condizione l’esecuzione degli interventi di ristrutturazione, mentre il richiamato art. 35 si applica solo alle zone degli insediamenti storici RS, che riguardano esclusivamente il centro storico e non interessano il luogo ove si trova l’immobile ora considerato.

3.3. - Infine, i ricorrenti prospettano un aumento di volumetria - con conseguente necessità di previo rilascio di concessione edilizia - per effetto della maggiore elevazione delle tamponature, rispetto a quelle prima esistenti, che sarebbe stata realizzata in una verandina al primo piano, prevista sulla solettina esistente del ripostiglio del piano terra, con relativa pavimentazione e parapetto in muratura.

Osserva in proposito il Collegio che pur tenendosi conto della varia documentazione, anche fotografica, versata in atti, assume determinante rilievo la circostanza che trattasi di una loggia (della limitata superficie di mq 2,80 circa) ricavata dal prolungamento del tetto di copertura ed in aderenza ad un preesistente corpo sporgente, per cui risulta applicabile la disposizione dell’art. 5 delle N.T.A. il quale esclude - ai fini del calcolo della superficie lorda - simili superfici se non superiori (come in questo caso) al 30% della superficie coperta. Se ne desume, quindi, la insussistenza dei presupposti per il calcolo di una ulteriore volumetria.

3.4. - Alla stregua di quanto sopra esposto, anche il ricorso incidentale deve essere respinto.

4. - Stante la soccombenza di entrambe le parti, sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sul ricorso e sull’appello incidentale meglio specificati in epigrafe:

- respinge l’appello principale e l’appello incidentale e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;

- dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 luglio 2006, con la partecipazione di:

Lucio Venturini - Presidente

Pier Luigi Lodi Rel. Estensore - Consigliere

Antonino Anastasi - Consigliere

Carlo Deodato - Consigliere

Salvatore Cacace - Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Pier Luigi Lodi Lucio Venturini

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 15 settembre 2006.

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