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Il fabbricante risponde per gli eventi dannosi ricollegabili alla costruzione di un'auto

Il fabbricante risponde per gli eventi dannosi ricollegabili alla costruzione di un'auto

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV PENALE

Sentenza 20 aprile - 4 maggio 2010, n. 16941

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

D.A. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe, che, confermando quella di primo grado, l'ha riconosciuta colpevole rispetto ad un infortunio sul lavoro con esiti lesivi in danno di tale V.M..

L'addebito era stata formalizzato in relazione ad assunte carenze del macchinario utilizzato dalla lavoratrice e fabbricato dalla società di cui l'imputata era amministratrice unica.

Con il ricorso si censura il mancato accoglimento da parte del giudice di appello degli argomenti prospettati in sede di impugnazione, tesi a dimostrare, da un lato, la mancata adeguata prova dell'utilizzo del macchinario incriminato da parte della lavoratrice infortunatasi (la doglianza è incentrata principalmente sulla non corretta lettura delle deposizioni rese da quest'ultima e dall'ispettore della ASL), e, dall'altro, che la responsabilità del "fabbricante" non poteva essere affermata nel caso in cui la costruzione del macchinario sia stata affidata ad un progettista, a sua volta titolare di autonoma posizione di garanzia.

Il ricorso è manifestamente infondato, a fronte di una sentenza congruamente motivata e giuridicamente corretta.

Sotto il primo profilo, quello afferente la ricostruzione dell'incidente e l'utilizzo del macchinario incriminato, è evidente che la censura si limita a trasferire in sede di legittimità argomenti già convincentemente (ed insindacabilmente) esaminati e risolti in sede di merito: non può qui procedersi a rinnovare l'apprezzamento del compendio probatorio (in particolare le dichiarazioni dell'infortunata e dell'ispettore della ASL) utilizzato in sede di merito per la ricostruzione dell'episodio, giacchè si tratta di valutazioni che non competono al giudice di legittimità, il quale deve limitarsi a verificare la logicità e la tenuta della motivazione che qui non è discutibile, laddove questa, conformemente a quella di primo grado, supporta il giudizio sulla positiva individuazione della macchina "coinvolta" nell'incidente in quella costruita dalla società dell'imputata.

Sotto l'altro profilo, indubitabile è la posizione di garanzia del costruttore della macchina, che non è esclusa di per sè da quella (in ipotesi concorrente) del progettista e dello stesso datore di lavoro che il macchinario impieghi.

Infatti, il costruttore di una macchina risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione di una macchina che risulti priva dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza (obbligo, per quanto interessa ratione temporis, su di lui incombente per il disposto del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 7).

L'unica eccezione (che qui non ricorre, e neppure è proposta con il ricorso) è quella dell'utilizzatore che risulti avere compiuto sulla macchina trasformazioni di natura ed entità tale da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento (per esempio, nel caso di una totale trasformazione strutturale della macchina) (Sezione 4^, 20 marzo 2007, Manenti).

Se ciò non si verifica, si ha, quindi, una permanenza della posizione di garanzia del costruttore che non esclude il nesso causale con l'evento, sempre che, ovviamente, quell'evento sia stato provocato dall'inosservanza delle cautele antinfortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina (ancora, Sezione 4^, 26 ottobre 2005, Mollo).

In questa prospettiva, risulta evidente (e così si è correttamente espresso il giudice) di merito l'irrilevanza, per escludere la responsabilità del costruttore, di eventuali comportamenti colposi addebitabili al soggetto onerato del progetto del macchinario (soggetto, peraltro, operante all'interno della società costruttrice: così nella sentenza di merito). E' profilo di (possibile) responsabilità concorrente che qui non interessa, non essendo stato esaminato in sede di merito e non risultando tale da elidere il nesso eziologico tra il fatto dell'imputato e l'evento dannoso.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2010.

Scritto da Admin il 5 Giugno 2010 alle 19:30
 
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