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Deve esser motivato il provvedimento di revoca di un assessore

TAR Veneto, sentenza 18.01.2006 n° 104

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

Sentenza 18 gennaio 2006, n. 104

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, con l’intervento dei magistrati

Bruno Amoroso - Presidente

Lorenzo Stevanato - Consigliere

Fulvio Rocco - Consigliere, relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 2846/2005 proposto da B. D., rappresentato e difeso dall’Avv. R. Mazzon e dall’Avv. V. Rapisardi, con elezione di domicilio in Venezia presso lo studio dell’Avv. P. V. Grimani, Piazzale Roma n. 466/G,

contro

il Comune di Xyyy (VE), in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. F. Zambelli, con elezione di domicilio in Venezia, Via Felice Cavallotti n. 22,

e nei confronti

di O. T., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’Avv. G. Pavan, con elezione di domicilio in Venezia presso la Segreteria della Sezione a’ sensi e per gli effetti dell’art. 35 del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924 n. 1054,

per l’annullamento

del provvedimento del Sindaco di Xyyy Prot. n. 48180/05 dd. 17 novembre 2005, recante la revoca del ricorrente dalla carica di Assessore Comunale; nonché di ogni altro atto presupposto e conseguente; e, ancora, per il conseguente risarcimento del danno subito.

Visto il ricorso, notificato il 15 dicembre 2005 e depositato il 20 dicembre 2005 presso la Segreteria della Sezione, con i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Xyyy e della controinteressata T. O.;

visti gli atti tutti di causa;

uditi alla camera di consiglio del 18 gennaio 2006, convocata a’ sensi dell’art.. 21 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 - relatore il Consigliere Fulvio Rocco – gli avvocati: Rapisardi per il ricorrente, Zambelli per il Comune e Girotto, in sostituzione di Pavan, per la controinteressata;

Rilevata, a’ sensi dell’art. 26 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 così come integrato dall’art. 9 della L. 21 luglio 2000 n. 205, la completezza del contraddittorio processuale e ritenuto, a scioglimento della riserva espressa al riguardo, di poter decidere la causa con sentenza in forma semplificata;

Richiamato in fatto quanto esposto nel ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi;

considerato

quanto segue.

1.Il ricorso in epigrafe - a differenza di quanto sostenuto dalle difese del Comune e della controinteressata – è ammissibile per quanto attiene all’attualità dell’interesse del B. all’impugnazione del provvedimento di revoca, posto che, se è ben vero che il ricorrente ha presentato in data 17 novembre 2005 le proprie dimissioni dalla carica di Assessore comunale e che la relativa nota risulterebbe pervenuta a destinazione, secondo quanto documentato dalla difesa del Comune, in data 18 novembre 2005 (cfr. doc. 3 di parte ricorrente) e, secondo quanto viceversa documentato dalla difesa della controinteressata, in data 21 novembre 2005 (cfr. doc. 1 di tale parte), risulta comunque assodato che con deliberazione n. 119 dd. 24 novembre 2005 il Consiglio Comunale di San Donà del Piave ha preso comunque atto dell’intervenuta revoca - da parte del Sindaco - dell’incarico di Assessore comunale, e non già delle dimissioni presentate dall’interessato, rimaste pertanto del tutto ininfluenti nella complessiva economia del procedimento conclusosi con lo scioglimento della Giunta Comunale di cui il B. era membro e con la ricostituzione di tale organo senza l’inclusione in esso del medesimo B..

2. Nondimeno, il ricorso stesso va respinto.

Il Collegio evidenzia, in tal senso, che la tesi secondo cui il provvedimento di revoca di un Assessore, adottabile dal Sindaco a’ sensi dell’art. 46, comma quattro, del T.U. approvato con D.L.vo 18 agosto 2001 n. 267, costituirebbe, ai sensi dell’art. 31 del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924 n. 1054, atto politico non sindacabile – in quanto tale – in sede di giurisdizione amministrativa (cfr. T.A.R. Liguria, Sez. I, 7 dicembre 2004 n. 1600), risulta superata dalla più recente giurisprudenza del giudice di appello.

Secondo Cons. Stato, Sez. V, 8 marzo 2005 n. 944, infatti, un corretto approccio del problema non può prescindere dalla complessiva evoluzione normativa che è intervenuta in tema di elezione del Sindaco e del Presidente della Provincia e degli ampi poteri ad essi conferiti per il governo degli Enti locali.

L’art. 282 del T.U. approvato con R.D. 4 febbraio 1915, n. 148, rimasto in vigore sino al 1990, stabiliva che ciascun componente della Giunta Comunale (Sindaco e Assessori) fosse individualmente eletto dal Consiglio, senza prevedere la revoca del relativo incarico.

La L. 8 giugno 1990, n. 142, nel testo originario prima della riforma di cui alla L. 25 marzo 1993 n. 81, confermava al Consiglio il potere di eleggere il Sindaco e gli Assessori (art. 34), peraltro approvando nel suo insieme la lista dei futuri componenti della Giunta sulla base di apposito documento programmatico.

Peraltro, il Sindaco poteva proporre al Consiglio di revocare l'incarico a singoli assessori (art. 37, comma 6).

La disciplina introdotta con la predetta L. 81 del 1993 precisa (art. 12, che premette un comma all'art. 36 della L. 142 del 1990) che il Sindaco è organo responsabile dell'amministrazione del Comune, propone gli indirizzi generali di governo da approvare da parte del consiglio ed attribuisce (art. 16, che sostituisce l'art 34 della L. 142 del 1990) esclusivamente al Sindaco medesimo, non più eletto dal Consiglio, ma investito direttamente dal corpo elettorale, la potestà di nominare e revocare uno o più assessori, prevedendo solo di darne motivata comunicazione al Consiglio.

Successivamente la L. 3 agosto 1999 n. 265 ha attribuito direttamente al Sindaco, sentita la Giunta, il compito di formulare il programma di governo, senza prevedere una formale approvazione da parte del Consiglio (art. 11, comma 10).

Presentemente, la materia è ora disciplinata dall’art. 46 del T.U. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267) che, per quanto segnatamente interessa, dispone che : ”il Sindaco e il Presidente della Provincia nominano i componenti della Giunta … Il Sindaco e il Presidente della Provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio” (art. 46).

Ciò posto, nella predetta decisione del Consiglio di Stato si afferma che al fine di interpretare correttamente quest'ultima disposizione nella parte in cui, per l’appunto, statuisce che “il Sindaco e il Presidente della Provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio”, “appare opportuno richiamare altre disposizioni del T.U. 267 del 2000 che in qualche modo evidenziano la multiforme varietà del contenuto dell'obbligo di motivazione. Talvolta è previsto che il Sindaco o il Presidente della Provincia debbano operare in conformità agli indirizzi stabiliti dal consiglio (cfr. ivi l’art. 50, comma 8, riguardante la nomina e la revoca dei rappresentanti del Comune o della Provincia presso enti, aziende ed istituzioni), in altri casi occorre una previa deliberazione della Giunta Comunale o Provinciale (art. 108: nomina e revoca del Direttore Generale); in altri ancora si precisano le specifiche cause che possono giustificare il provvedimento (art. 100: revoca del Segretario Comunale o Provinciale; art. 109: revoca degli incarichi dirigenziali). Peraltro, tutte queste disposizioni concernono direttamente la motivazione del provvedimento, in conformità a quanto disposto dall'art. 3 della L. 7 agosto 1990 n. 241 ed alla costante giurisprudenza di questo Consiglio, che da tempo ha posto in luce la distinzione tra il provvedimento e la sua comunicazione o notificazione, precisando l'irrilevanza, ai fini della validità del provvedimento stesso, della mancanza di motivazione nella comunicazione o notificazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22 gennaio 1974 n. 99; Sez. VI, 30 novembre 1976 n. 428 e 7 aprile 1978 n. 470) o della presenza di eventuali irregolarità intervenute in esse (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 luglio 1980 n. 740). Il caso in esame è senz'altro anomalo rispetto all'enunciato principio generale, in quanto si prevede una comunicazione motivata al Consiglio per la revoca dell'incarico di Assessore, senza preoccuparsi della giustificazione da rendere al diretto interessato e senza prevedere uno specifico voto di ratifica da parte del Consiglio stesso. Ma la relativa disposizione appare congruente nel contesto normativo illustrato, che tende a favorire la effettiva gestione dell'amministrazione locale da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia, senza curarsi eccessivamente dell'eventuale cessazione di singoli Assessori nello svolgimento quinquennale del mandato, purchè ciò sia sostanzialmente condiviso dal consiglio, anche implicitamente. Ciò sta a significare che la revoca dell'incarico di Assessore è posta essenzialmente nella disponibilità del Sindaco o del Presidente della Provincia e che la comunicazione motivata è tendenzialmente diretta al mantenimento di un corretto rapporto collaborativo tra Sindaco-Giunta … ed il Consiglio Comunale, il quale potrebbe eventualmente opporsi ad un atto del genere, ma con l'estremo rimedio della mozione di sfiducia motivata (cfr. art. 37 della L. 142 del 1990, come sostituito dall'art. 18 della L. 81 del 1993 ed, ora, art. 52 del T.U. 267 del 2000), che però comporta in caso di approvazione lo scioglimento del Consiglio stesso. In tale contesto normativo, va valutato l'obbligo di motivazione del provvedimento di revoca dell'incarico di un singolo Assessore che può senz'altro basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrative, rimesse in via esclusiva al Sindaco … tenendo conto sia di esigenze di carattere generale, quali ad esempio i rapporti con l'opposizione o rapporti interni alla maggioranza consiliare, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell'amministrazione locale o per l'affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell'amministrazione e singolo assessore”.

Nella specie, tale obbligo di motivazione deve ritenersi convenientemente assolto, posto che nel provvedimento di revoca adottato dal Sindaco si evidenzia, testualmente, “che nell’ottica di una diversa operatività programmatica, al fine di rendere più puntuale l’azione amministrativa, gli attuali Assessori, nella loro maggioranza (cinque su sette), hanno ritenuto di riconsegnare formalmente le proprie deleghe nelle mani” del Sindaco medesimo “con le dimissioni debitamente protocollate; che un medesimo conferimento non è intervenuto da parte dell’Assessore D. B.; che in tal modo è venuto meno non solo il rapporto fiduciario, ma la mancata riconsegna delle deleghe costituisce impedimento al conseguimento della prefissata, diversa scelta programmatica”.

La surriportata motivazione risulta all’evidenza esaustiva, e consente pure di superare la censura del ricorrente secondo cui l’asserito venir meno del rapporto fiduciario sarebbe smentito dai pregressi e pur documentati incarichi di rappresentanza che lo stesso Sindaco aveva conferito al B. anche in epoca di poco antecedente alla revoca dell’incarico assessorile disposta nei suoi confronti (cfr. doc.ti 2 e 3 di parte ricorrente): in tal senso, infatti, la crisi politica che ha comportato una diversa composizione dell’organo giuntale imponeva - ineludibilmente - per la sua soluzione proprio la restituzione delle deleghe precedentemente conferite ai singoli Assessori, e in tale contesto risulta pertanto del tutto irrilevante l’assunto del medesimo B. secondo il quale il Sindaco, dott. Francesca Zaccariotto, non avrebbe formalmente chiesto ai membri della Giunta di rimettere i propri referati.

Infatti, anche al di là dell’esistenza – o meno – di un atto scritto in tal senso da parte del Sindaco, l’esigenza della restituzione delle deleghe risulta del tutto implicita al momento in cui – come, per l’appunto, nel caso di specie – lo stesso Sindaco ha concordato con la propria maggioranza consiliare una diversa composizione della Giunta Comunale quale condizione necessaria per poter proseguire il proprio mandato; e la valenza eminentemente recessiva della posizione assunta in tal senso dal B. rispetto alla maggioranza politica che sorregge il Sindaco risulta senza dubbio comprovata dalla circostanza che il Consiglio Comunale ha, nella specie, preferito prendere atto della revoca disposta nei suoi confronti piuttosto che votare una proposta di sfiducia motivata, a’ sensi dell’art. 52 del T.U. 267 del 2000, con il conseguente scioglimento del Consiglio medesimo.

E, sempre in tale contesto, neppure può affermarsi che il B. non fosse stato edotto della possibilità di una conclusione anticipata del proprio mandato rispetto a quello del Sindaco, con conseguente violazione dell’art. 7 e ss. della 7 agosto 1990 n. 241 rilevante al fine dell’illegittimità del provvedimento sindacale di revoca.

A questo proposito, assume infatti indubbio rilievo la nota sottoscritta dallo stesso B. unitamente ad altri esponenti del proprio partito (Lega Nord), pervenuta al Sindaco in data 14 novembre 2005 (cfr. doc. 2 di parte resistente) e nella quale, in via del tutto inequivocabile, ci si riferisce - tra l’altro - al “protrarsi della crisi istituzionale interna all’amministrazione comunale di Xyyy” e ad “una propria proposta atta a risolvere la crisi politica in corso” esplicitamente fondata nella conservazione degli “attuali equilibri di maggioranza, lasciando inderogabilmente ogni assessore al suo posto e con le proprie deleghe (salvo modifiche prese di comune accordo atte a garantire una migliore governabilità)”: sintomo evidente, questo, che l’attuale ricorrente era perfettamente consapevole che la continuità del proprio mandato era in discussione.

Evidentemente, tale proposta non è stata accolta o, comunque, le dianzi cennate “modifiche” da prendersi “di comune accordo” non hanno trovato il consenso del B.: ma, comunque sia, il suo dissenso rispetto alla volontà del Sindaco – a sua volta condivisa anche dalla maggioranza consiliare – risulta ex se riconducibile al venir meno del rapporto fiduciario correttamente colto dal Sindaco e certificato, poi, anche dal Consiglio Comunale.

Né giova, al fine di una diversa conclusione, la produzione da parte della difesa del ricorrente – avvenuta all’odierna camera di consiglio – di una fotocopia informe del verbale di una riunione dell’organo direttivo locale del partito politico “Lega Nord” tenutasi in data 25 ottobre 2005, alla quale ha pure partecipato il Sindaco, dott. Francesca Zaccariotto, e nel cui contesto sarebbe stato concordato di mantenere in carica, quale Assessore, il medesimo Sig. B..

Risulta del tutto assorbente, a tale proposito, la notazione che tale riunione risale a ben 20 giorni prima della predetta data del 14 novembre 2005, e che l’utilizzazione, da parte dei convenuti, di termini del tutto atecnici – e privi, quindi, di un significato giuridico coerente con quanto disposto dal predetto art. 46 del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000 - per riferirsi agli Assessori che sarebbero stati esclusi da un rinnovo del loro mandato (cfr. ivi: “Assessore in stand-by”; sic!), non esclude che i convenuti medesimi abbiano comunque a quel momento prefigurato, anche al di là della notoriamente prolifica “creatività” del linguaggio politico (“creatività” che, in ogni caso, non può forzare le ben diverse regole cui deve attenersi, per contro, l’ermeneutica giuridica) un “passaggio” per la riconferma del B. contraddistinto dalle sue dimissioni e da una successiva sua nuova nomina ad Assessore nell’ambito della nuova compagine giuntale.

E, se così è, risulta pertanto ulteriormente comprovato – ad opera dello stesso ricorrente – quel venir meno del rapporto fiduciario con il Sindaco che è stato correttamente colto nell’impianto motivazionale del provvedimento impugnato.

Da ultimo, la dedotta mancanza nel provvedimento di revoca dell’indicazione dei termini e dell’autorità a cui eventualmente ricorrere risulta del tutto irrilevante, in quanto il B. ha comunque proposto la propria impugnativa innanzi a questo giudice ed entro i termini decadenziali previsti al riguardo (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 22 ottobre 2002 n. 5812, secondo il quale – per l’appunto – l’'omessa indicazione del termine di impugnazione e dell’autorità cui ricorrere, prescritta dall'art. 3 comma, 4 della L. 241 del 1990, costituisce mera irregolarità che, al più, e nel concorso di significative ulteriori circostanze, può dar luogo alla concessione del beneficio della rimessione in termini).

Le spese e gli onorari del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo rigetta.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 18 gennaio 2006.

Il Presidente L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione

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