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Comproprietà del fondo tra parenti e concessione edilizia

Consiglio di Stato , sez. VI, decisione 10.10.2006 n° 6017

 

Consiglio di Stato

Sezione VI

Decisione 10 ottobre 2006, n. 6017

N. 6017/06
Reg.Dec.

N. 11892 Reg.Ric.
ANNO 2001

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 11892 del 2001 proposto da R. E., rappresentato e difeso dagli avv. ti Francesco Guido Romanelli ed Umberto Grella ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, via Cosseria n.5;

contro

- il Comune di Meda, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Ignazio Bonomi ed elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avv. Alessio Petretti in Roma, via degli Scipioni n.268/A;

- R. G. e R. P., rappresentati e difesi dall’avv. Bruno Santamaria, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Gabriele Liuzzo, in Roma via Dora n. 2;

per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Milano Sezione II, n. 6938/2001 in data 23 ottobre 2001, resa inter partes;

visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti appellate;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

alla pubblica udienza del 13 giugno 2006, relatore il Consigliere Domenico Cafini, uditi per le parti, gli avv.ti Romanelli, Petretti per delega dell’avv. Bonomi e Resta per delega dell’avv. Santamaria;

ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso prodotto innanzi al TAR per la Lombardia (n.906/1997) il sig. E. R. impugnava la concessione edilizia 9.12.1996 n.18222 relativa alla costruzione di un capannone ad uso deposito con annessa palazzina residenziale rilasciata ai propri fratelli G. e P. R. dal Comune di Meda.

A sostegno del gravame, l’interessato deduceva, con un unico articolato motivo, censure di violazione di legge (art.4 L. n.10/1977;

artt.1100 e ss. c.c.; artt.279 n. e 282 c.p.c.; l. n.241/1990) e di eccesso di potere sotto vari profili.

Nel giudizio si costituivano sia il Comune intimato che i controinteressati, fratelli del ricorrente, che, con ampie controdeduzioni, eccepivano l’infondatezza del ricorso concludendo per il suo rigetto.

1.1.Con la sentenza in epigrafe specificata, il TAR adito respingeva l’impugnativa proposta, avendo ritenuto infondati o inammissibili i motivi in essa formulati.

1.2. Avverso tale sentenza è stato proposto l’odierno appello, affidato dal sig. E. R. a censure sostanzialmente analoghe a quelle già svolte nel giudizio di prime cure.

Queste comunque, in sintesi, le principali argomentazioni contenute nell’atto di appello:

a) diversamente da quanto statuito dal TAR - premesso che l’art.4 L. n.10/1977 stabilisce che la concessione edilizia può essere rilasciata al proprietario e a chiunque abbia titolo e che legittimato a richiederla è anche il comproprietario pro indiviso, il quale resta comunque vincolato al consenso degli altri comproprietari, trovando applicazione l’art.1102 c.c.- sarebbe stato necessario nel caso in esame (relativo ad una trasformazione radicale della cosa comune in cui doveva essere richiesto il “il consenso di tutti i comunisti”) che il ricorrente avesse prestato il proprio consenso; cosa che invece nel procedimento de quo sarebbe mancata e che avrebbe determinato, conseguentemente, l’obbligo, da parte dell’Amministrazione comunale, di rigettare la domanda di concessione suddetta in quanto priva dei necessari presupposti;

b) sarebbe erronea la giustificazione del Giudice di primo grado, secondo cui era applicabile nel caso in esame “un fantomatico pactum fiduciae”, per cui doveva ritenersi presente il consenso da parte dell’altro comproprietario in virtù del legame di parentela intercorso tra i richiedenti la concessione edilizia e il ricorrente (tra loro fratelli); e ciò in quanto l’appellante aveva più volte manifestato presso gli uffici comunali volontà contraria all’intervento edilizio in questione;

c) la dedotta illegittimità della concessione contestata non verrebbe meno per il fatto che essa sia stata rilasciata salvo diritto dei terzi, con possibilità di azioni risarcitorie in sede civile, sia perché il ricorrente non potrebbe essere considerato terzo (essendo comproprietario) sia perché la documentazione prodotta dai sigg. G. e P. R. non sarebbe stata idonea a provare il titolo per ottenere la richiesta concessione, a differenza di quanto ritenuto appunto dal TAR;

d) sarebbe erronea, infine, la declaratoria dei primi giudici di inammissibilità della domande relative alla sopravvenuta inefficacia della concessione edilizia in questione per effetto dell’intervenuto pignoramento dell’area e per il mancato inizio dei lavori nel termine di legge.

Nelle conclusioni l’appellante ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.

Ricostituitosi il contraddittorio nell’attuale fase di appello, il Comune di Meda ha contestato le deduzioni ex adverso svolte, insistendo per il rigetto del ricorso e conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Anche i sigg. G. e P. R., costituitisi in giudizio, hanno controdedotto, con apposita memoria, al ricorso in appello, concludendo per il suo rigetto.

Alla camera di Consiglio del 6 maggio 2003 l’istanza incidentale di sospensione è stata respinta con ordinanza n.1719/2003.

Con memorie, successivamente depositate, le parti hanno ribadito le rispettive tesi insistendo nelle già rese richieste e conclusioni.

1.3. La causa, infine - su concorde richiesta delle parti - è passata in decisione alla pubblica udienza del 13 giugno 2006.

2. L’appello è infondato.

2.1. Il ricorrente aveva impugnato in primo grado il provvedimento con il quale il Sindaco del Comune di Meda aveva rilasciato la concessione edilizia 9.12.1996 n.18222 relativa alla costruzione di un capannone ad uso deposito con annessa palazzina residenziale (per mq. 2235,60 sulla superficie di mq.5.165,24) ai fratelli G. e P. R., in relazione ad un loro progetto di edificazione, presentato il 31.7.1996, nell’ambito di un’area ricadente nelle previsioni di un piano di lottizzazione residenziale artigianale, all’interno della quale i fratelli R. erano originariamente proprietari di un lotto di mq. 8700, già oggetto (con altri beni) di un giudizio promosso dal sig. E. R. davanti al Tribunale di Monza, in conseguenza del quale era stato disposto lo scioglimento della comunione con approvazione del progetto divisionale (sentenza n.453/1992) ed assegnazione di un terzo del lotto in questione all’odierno appellante (per mq.3435) e due terzi dello stesso lotto (per mq. 5194) agli odierni controinteressati.

2.2. Le censure, prospettate in prime cure, e qui sostanzialmente riproposte, si muovono lungo una linea argomentativa che deduce la violazione falsa applicazione dell’art. 4. della legge n. 10 del 1977, rilevando la necessità della prestazione del consenso da parte del ricorrente nel procedimento volto al rilascio della concessione edilizia in questione, e contesta il corretto esercizio dell’attività amministrativa svolta dal Comune nel rilascio di detta autorizzazione sotto vari profili di eccesso di potere.

Al riguardo, giova ricordare come l'articolo 4 della legge 29.1.1977, n. 10, afferma che "la concessione è data dal sindaco al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla"; espressione questa che, nel caso in cui il diritto appartenga a più titolari, è stata intesa dalla giurisprudenza nel senso che l’istanza possa essere presentata da un comproprietario allorché la situazione di fatto consenta di supporre l’esistenza di un "pactum fiduciae" tra gli stessi comproprietari (cfr: Cons. St., Sez V, 5.6.1991 n. 883).

Ora nel caso di specie, come evidenziato dal TAR, la concessione è stata legittimamente rilasciata a due comproprietari del fondo, tenuto conto della relazione di parentela con l’altro comproprietario (fratello), presumendosi, in virtù di tale parentela, un “pactum fiduciae” intercorrente tra gli stessi e mancando comunque da parte di quest’ultimo sufficienti elementi probatori da cui desumere una contraria sua espressa determinazione di dissenso in ordine alla predetta iniziativa edificatoria Peraltro, l'iniziativa stessa risulta riferita ad uno specifico lotto (di mq.5.165, 24), già di esclusiva appartenenza ai fratelli G. e P. R., in forza della divisione disposta dal Tribunale di Monza con la sentenza n.2383/1996, poi confermata dalla Corte di Appello di Milano con la sentenza n.1403/1999, cui è seguita la decisione della Corte di Cassazione 18.7.2002 n.10437, che ha rigettato il ricorso del sig. E. R. per l’annullamento della citata sentenza della Corte di Appello, con la conseguenza che allo stato non vi sono dubbi circa l’avvenuta divisione, con le modalità sopra indicate, disposta dal Tribunale di Monza con la sentenza del 1992 avanti menzionata, sulla cui base era stata appunto richiesta e rilasciata la concessione edilizia in questione, attesa l’esecutività della sentenza stessa, produttiva di immediati effetti con riguardo alla proprietà esclusiva dei soggetti ivi contemplati.

Non vi è dubbio, quindi, che il provvedimento originariamente rilasciato dall'amministrazione comunale non era viziato sotto i profili denunciati dal ricorrente avendo i richiedenti pieno titolo ad ottenere l'autorizzazione edilizia richiesta.

2.3. Alla stregua delle considerazioni che precedono perdono di consistenza tutti i rilievi della parte appellante, ribaditi nell’odierno ricorso, che non appaiono idonei a contrastare le conclusioni dei primi giudici, basate invero su elementi di fatto e di diritto ormai inconfutabili in ordine alla appartenenza dell’area oggetto della concessione edilizia impugnata in prime cure agli odierni appellati.

Il ricorso deve essere, pertanto respinto e, per l’effetto, va confermata, seppure con motivazione in parte diversa, la statuizione di rigetto del ricorso di primo grado, contenuta nella sentenza in epigrafe specificata.

Le spese e gli onorari di giudizio possono essere compensati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Compensa le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2006, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Claudio Varrone Presidente
Carmine Volpe Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Giuseppe Minicone Consigliere
Domenico Cafini Consigliere est.

Presidente
f.to Claudio Varrone

Consigliere
f.to Domenico Cafini

Segretario
f.to Anna Maria Ricci

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il..................10/10/2006...................

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione
f.to Maria Rita Oliva

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