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Assistenza sanitaria indiretta: cessione del credito e mandato all’incasso

Tribunale Roma, sentenza 30.11.2005

Il testo della sentenza:

TRIBUNALE DI ROMA

SENTENZA 30.11.2005

 

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 20 luglio 2002, la casa di cura AA esponeva che:

aveva erogato prestazioni di assistenza sanitaria in forma indiretta, secondo l’espressa previsione dell’art. 3, II co. della legge 23 ottobre 1985 n. 595;

ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 8, co. V, VI e VII D.lgs. n. 502/92 e dell’art. 8 septies dello stesso decreto (introdotto dal D.lgs. n. 229/99), l’Azienda Sanitaria Locale BB era tenuta a corrispondere alla strutture erogatrici di tale assistenza il corrispettivo predeterminato per le prestazioni rese in favore del proprio assistito;

il corrispettivo era individuato in base ai criteri fissati dal d.m. 15 aprile 1994, attraverso le tariffe emanate dal Ministero della Sanità con proprio decreto (con D.M. 14 dicembre 1994 il Ministero aveva fissato le tariffe massime applicabili in via transitoria, a decorrere dall’1 gennaio 1995, da Regioni e Province Autonome che non avessero adottato propri provvedimenti);

successivamente, l’art. 2, XI co. della legge finanziaria 1996 aveva previsto la possibilità per le Regioni di fissare il livello massimo delle tariffe da corrispondere ai soggetti erogatori delle prestazioni in regime di assistenza indiretta “entro un intervallo di variazione compreso tra il valore delle tariffe compreso individuate dal Ministero della Sanità con propri decreti ed una riduzione di tale valore non superiore al 20%;

in questo quadro giuridico, la società attrice aveva svolto attività in regime di assistenza indiretta per molti assistiti del S.S.N., in particolare nei confronti di alcuni iscritti negli elenchi dell’Azienda Sanitaria Locale BB;

le fatture emesse per le prestazioni erogate (per un ammontare complessivo di € 172.548,24) non erano state pagate dall’Azienda, la quale aveva invocato la delibera della Giunta Regionale della Calabria n. 4394 del 23 luglio 1996 e la circolare della Regione Calabria n. 35506 del 6 novembre 1996.

Rilevando la palese illegittimità della predetta delibera e della circolare esplicativa, la AA conveniva in giudizio L’Azienda Sanitaria Locale BB affinché venisse condannata al pagamento del predetto importo di € 172.548,24, oltre interessi legali a decorrere dalle scadenze delle singole fatture.

Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione convenuta contestava la domanda proposta nei suoi confronti, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice adito, la carenza di legittimazione attiva della AA e, nel merito, l’infondatezza delle pretese creditorie per difetto dei requisiti fissati dal D.lgs. 502/1992, così come modificato dal D.lgs 229/1999 ai fini della pretesa del rimborso.

Motivi della decisione

(…) Nel merito va rilevato che la società attrice ha promosso il presente giudizio sostenendo di essere cessionaria del credito al rimborso vantato dagli assistiti, in forza di procure speciali conferite con scritture private autenticate.

In realtà gli atti in questione devono qualificarsi come meri mandati all’incasso (tale essendo il rapporto gestorio) delle somme dovute agli assistiti a titolo di rimborso, sia per capitale che per interessi ed accessori, non potendo evidentemente ricondursi al patto di irrevocabilità del mandato, conferito nell’interesse della casa di cura, effetti giuridici diversi da quelli previsti dall’art. 1723, II co c.c..

Come è noto, infatti, la cessione del credito ed il mandato revocabile all’incasso, pur potendo essere utilizzati per raggiungere le medesime finalità solutorie o di garanzia, si differenziano sostanzialmente e sono incompatibili, poiché la cessione produce l’immediato trasferimento del credito ad altro soggetto che diviene titolare della legittimazione esclusiva a pretendere la prestazione del debitore, mentre il mandato in rem propriam conferisce al mandatario solo la legittimazione a riscuotere il credito in nome e per conto del mandante, che ne conserva la titolarità esclusiva. Fin quando, peraltro, l’incasso ed il soddisfacimento del mandatario non si sia realizzato, persiste la titolarità distinta, sempre in testa al mandante, sia della situazione creditoria verso il terzo debitore, sia della situazione debitoria verso il mandatario (Cass. n. 19054 del 12.12.2003; Cass. n. 1391 del 30.1.2003; Cass. 17162 del 3.12.2002).

Per le ragioni sopraesposte, la domanda proposta dalla società attrice deve essere necessariamente respinta.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla AA nei confronti dell’azienda Sanitaria Locale BB DI….con atti di citazione notificato il 20.07.2002, ogni altra istanza, eccezione e difesa disattese, così provvede:

rigetta la domanda;

condanna la AA alla refusione delle spese di giudizio sostenute dall’Azienda Sanitaria Locale BB di …., spese che si liquidano in € 8.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, € 1.500,00 per diritti, € 6.500,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e contributi come per legge.

 

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