Storia di Lunhart


Lontano nell'umana memoria, realtà e leggenda si intrecciano fino a confondersi. È così che la storia di Sotminoa, ora chiamata Lunhart, è giunta fino ai giorni nostri.


Si narra che due secoli fa esistessero due grandi schieramenti all'interno del Villaggio: maghi e guerrieri, i cui valorosi capi gestivano il governo. Entrambi i gruppi, che nelle cronache vengono chiamati Luttuosi e Stregoni del Senza Nome, credevano nell'esistenza di un unico dio: l'Innominabile, il Senza Nome, il Supremo. Egli era Dio in cielo ed in terra. Non riconoscevano altra divinità all'infuori di lui, e l'Emerito Abate era la Sua voce in terra. Questo era il triumvirato che ai tempi controllava il Villaggio, proteggendolo dalle invasioni, curando il popolo e gestendo le risorse.

I Luttuosi erano guerrieri ben addestrati, pronti ad uccidere ma anche a morire per la loro fede ed il loro popolo. Si narra di un loro Comandante il cui nome incute ancora timore e rispetto in tutti i cittadini originari: Nerevar. Non si conosceva il suo volto, ma la sua forza e la sua abilità erano ben note anche al di fuori dei confini del Villaggio. Nel territorio isolano, i Luttuosi erano anche chiamati “fasciati” per la loro particolare maniera di rendersi anonimi: avvolgersi delle bende bianche attorno al viso. Questo li rendeva irriconoscibili a chiunque fosse esterno alla Valanga, anche grazie all'uso di soprannomi. Pochi di questi ci vengono tramandati, oppure le storie su di loro sono incomplete. Questo racconto non si soffermerà perciò su di loro.

Nello stesso periodo di Nerevar, gli Stregoni del Senza Nome, fruitori di una magia oscura al momento poco conosciuta, vantavano la guida dell'Esarca Angelus. Anche il suo nome viene tramandato con grande rispetto. Di lui conosciamo l'incrollabile fede religiosa e la sua implacabilità di giudizio. Non accettava corruzione tra i suoi sottoposti, e a malapena tollerava l'esistenza di infedeli che non amassero e adorassero completamente il Senza Nome.

Fu spesso a causa di questa intransigenza che i Sotminoiti si ritrovarono a combattere contro gli altri Villaggi. Le loro parole d'ordine in queste azioni di guerra erano “Brucia l'eretico, uccidi l'infedele, purifica l'impuro”.
L'ultima guerra lasciò però le forze dei due gruppi abbastanza decimate, e questo portò ad un periodo di relativa calma tra i monti. Sia i Luttuosi che gli Stregoni si chiusero nel Villaggio e si dedicarono al benessere della popolazione, e si dice che fu in questo periodo che prosperarono i loro commerci e il loro artigianato, grazie anche alla famiglia Onizuka. Durante questa rinascita del Villaggio si strinsero anche nuove alleanze, che si rivelarono fondamentali per il futuro e la sopravvivenza stessa del popolo.

Passati questi, che nonostante le guerre furono chiamati “Tempi d'Oro”, Sotminoa conobbe una fase di pacifica stasi, in cui nulla di rilevante avvenne. O forse non ci viene riportato.
I racconti ricominciano la lugubre notte dell'Avvento dei demoni.

Quell'anno l'inverno fu decisamente gelido, e la primavera tardava ad arrivare con il suo carico di sole e fioritura. Una delle ultime notti della stagione fredda, si sentirono fin dalla piazza del Villaggio i belati delle capre selvatiche che risiedevano sui monti, e giù a valle, dove Sotminoa confinava con la Foresta di Revaden, disperati ululavano i lupi.
Una vera e propria notte da lupi fu quella. Un portale si aprì nella notte, non visto, sulla cima della montagna più alta, e in quel momento una luce rossa iniziò ad ardere oltre le nuvole. Fu solo l'indomani che la popolazione si accorse dell'avvenimento, ma nessuno sapeva trovare spiegazioni. Un gruppo di due Luttuosi e due Stregoni si avventurarono verso la cima del Monte, alla ricerca di una risposta. Passarono settimane, e non se ne ebbe alcuna notizia. Due mesi dopo, sparì il primo cittadino dal suo stesso letto. La mattina dopo, la sua famiglia, moglie e due figli, dichiarò di non aver notato nulla durante la notte.
Dopo altre sparizioni simili, operate però solo tra i cittadini comuni, senza mai attaccare né l'Antro dei Luttuosi, né la chiesa degli Stregoni, il governo decise di proteggere tutti i cittadini all'interno di queste due strutture. E in quella notte tutti i fasciati e tutti i sacerdoti del Senza Nome rimasero svegli e vigili, in attesa del successivo sequestro. Finalmente videro che era opera di bestie solo in minima parte umane. Furono proprio loro a dare il nome di Demoni a quelle belve.
L'indomani, messaggeri partirono verso i vicini Villaggi e le Terre Libere, per rinsaldare le vecchie alleanze e chiedere aiuto. Le risposte furono in molta parte deludenti, solo piccoli gruppi male organizzati vennero concessi come aiuto.

Eppure la Valanga e gli Stregoni non restarono a guardare. Diedero battaglia ai demoni una notte che essi cercarono di attaccare il Sacro Altare in cerca di prede. La lotta fu dura e sanguinosa, e la morte gravò soprattutto sugli uomini. Il loro coraggio non cedeva, nonostante le forze iniziassero a mancare. All'alba, i demoni si ritirarono sul Monte, non senza prima rubare qualche cadavere dalla scena. L'unica cosa che ancora dava speranza ai Sotminoiti era il fatto che anche se erano esseri feroci e dalla potenza inaudita, quei demoni potevano essere uccisi. La notte successiva, le bestie tornarono, in cerca di altro cibo. Ma nel frattempo un audace condottiero, Lunhart, aveva riunito tutte le forze sotto un unico vessillo: una stella a tre punte, nera con bisettrici bianche su sfondo rosso. Fu scelto quel simbolo sia per ricordare il rosso sangue che era stato versato, sia per fare riferimento alle tre forze unite: Luttuosi, Stregoni e Mestieranti, e sia per ricordare che la loro battaglia era sostenuta dal dio Senza Nome, che nella religione era anche definito “uno e trino”. Fu con quella bandiera spiegata che la notte scesero in battaglia con torce e spade, e combatterono senza dare quartiere ai demoni. La determinazione e il coraggio degli uomini stavano per sopraffare la fame e la ferocia delle belve, finché sul campo non giunse un'imponente figura in armatura nera, che assorbiva i nascenti raggi dell'alba. I demoni smisero di combattere, arretrando ordinatamente. Anche gli uomini si fermarono ad osservare quella silenziosa ma carismatica ombra, tutti tranne Lunhart stesso. Un brivido percorse la terra quando il temerario eroe si gettò con la sua arma contro il Signore dei Demoni. Egli fermò la lama a mani nude, poi in un lampo si trasformò in un enorme drago nero.
Lunhart non si arrese, cercò di ferire l'animale con la torcia che aveva con sé. Invece Zaknar, il Signore dei Demoni, sembrava che stesse giocando con lui, allontanandolo con colpi della coda. Perse la pazienza quando la torcia gli bruciò una parte membranosa dell'ala destra, e allora fu lui a colpire: la fiammata che emerse dalla sua bocca arse vivo Lunhart, che spirò con un grido.

Gli uomini, i pochi rimasti, si arresero immediatamente. Furono poste severe condizioni come risarcimento delle morti causate al popolo demoniaco, tra cui l'imposta di due tributi umani che una volta al mese si sarebbero volontariamente recati alla Città dei Demoni in cima alla montagna per essere serviti alla mensa del Signore. A quel tempo, io ero a malapena un bambino, ed eccomi qui oggi, ormai vecchio zoppicante e quasi cieco, raccontare la storia di mio padre. Sono l'orgoglioso primogenito di Lunhart.
Al Villaggio, terminata la battaglia, fu dato il nome di mio padre per il coraggio che aveva dimostrato e per ricordarci che il suo sacrificio non sarebbe stato vano e un giorno avremmo riconquistato la nostra bella terra e liberato la Montagna da quegli orridi abomini.

In questo periodo, sia i Luttuosi che gli Stregoni sono spariti.
I Luttuosi dichiararono che volentieri si sarebbero sacrificati per proteggere la popolazione, come sempre storicamente avevano fatto, e divennero un corpo tributario: chiunque si unisse a loro sapeva che sarebbe morto nel giro di pochi mesi. Ecco perché ormai solo noi anziani, che non siamo più utili al Villaggio, ne facciamo parte.
Gli Stregoni, quei pochi che erano riusciti a scampare alle fauci demoniache durante la battaglia, oppure alla morte a causa della stanchezza per l'eccessivo uso di magia, iniziarono a dire che quei Demoni erano stati mandati dal Senza Nome per redimere i peccati dei suoi fedeli, ed iniziarono a girare nudi e ad infliggersi dolore da soli per espiare le colpe di tutti. Giudicati dei pazzi da chi aveva smesso di credere che esistesse una divinità che li osservava e proteggeva, furono lasciati a morire o mandati sulla Montagna come tributi.

Oggi è l'ultimo giorno del mese, e io sono uno dei due tributi che domani partirà alla volta della Città. Questo è il mio racconto, lasciato a voi future generazioni in memoria del coraggio che scorre nel vostro sangue Sotminoita.

Possa la Stella di Lunhart illuminare il cammino della rivincita.

Testamento di Kranth, primogenito ed unico figlio di Lunhart