L \'origine di Naemar


Si narra che il Villaggio, all'epoca chiamato Darchon, fosse in mano ad una corporazione di corsari, chiamati Dragoni. Essi nacquero con lo scopo di difendere il Villaggio e farlo prosperare. Fato volle però che al comando della ciurma si trovarono uomini inadatti, oppure troppo egoisti. Lotte intestine, frequenti cambi di potere e la voce, serpeggiante tra i Darchoniani, che fossero corrotti, portarono ad una perdita di controllo. Gli uomini più onesti e più saldi restarono per tentare di rimettere in sesto la situazione, ma erano troppo pochi. E nel frattempo, la nobiltà andava arricchendosi sfruttando i commerci che i Dragoni si lasciavano sfuggire.
Con la ricchezza, si accumulava nelle mani delle famiglie nobili anche il potere politico. Giunse così il giorno in cui i Dragoni vennero dichiarati fuorilegge e ripudiati dal Villaggio. Coloro che erano onesti, si sparsero per l'Isola, concedendo le loro qualità in servizio di altri. Tutti gli altri invece, insieme al loro capitano, fecero rotta per altri lidi, sapendo che mai più sarebbero potuti tornare in quelle terre.


Una volta ottenuto il pieno controllo del Villaggio, le famiglie nobiliari persero il comune nemico, cominciando ad osteggiarsi l'una con l'altra. Lo scopo, ovviamente, era la pura ricchezza, mascherata da parole dolci e proclami di buone intenzioni. Nello stesso periodo, giunsero notizie della caduta di Sotminoa. Nulla di più però si seppe, nessuna spiegazione, nessuna causa venne diffusa. Il popolo ne sapeva poco e niente, e le famiglie non erano interessate ad approfondire, come temendo che qualsiasi sciagura si sarebbe poi abbattuta anche su Darchon. Nel rincorrere il potere, i nobili Darchoniani non mancavano di generare faide intestine, spesso risolte con duelli d'onore, o di causare danni ai commerci dei loro avversari, generando così una perdita di denaro da parte del Villaggio.


Alcuni ne parlano come di un bel giorno, altri lo ricordano con disgrazia. Ma giunse infine il momento in cui uno su tutti conquistò il potere. Un uomo si assunse tutte le responsabilità di governo. Egli non era uno dei nobili più in vista, ma in qualche modo portò avanti il suo nome, a volte convincendo con parole melliflue, a volte allungando monete sottobanco e altre ancora, si dice, togliendo di mezzo i suoi avversari.
Soltanto due famiglie, le più antiche ed orgogliose del Villaggio, pur facendosi da parte davanti a questo “parvenue”, non rinunciarono alla loro ricerca di potere.
La prima famiglia, i De Medico, faceva risalire le sue origini addirittura alla fondazione stessa di Darchon, contrapponendosi agli Aequanor, eredi del Vecchio McFerr, leggendario Gran Benefattore di Darchon. I due attuali capofamiglia riuscirono ad entrare nelle grazie del Nobile Aventinus, tale era infatti il suo nome, e ad agire come suoi consiglieri. Nel frattempo, a volte separati e a volte collaborando, lavoravano per rovesciarne il potere, tra mille sotterfugi. Sapevano, dai suoi occhi attenti e furbi, che se fossero stati scoperti per loro sarebbe finita. Cominciarono a circolare voci sulla vera identità di quest'uomo così deciso e carismatico, così serio e silenzioso, così autoritario ed autorevole. Una personalità poco incline all'ira, ma pronto a sfruttare i più squallidi mezzi per ottenere il suo successo. Fu così che molti, sia tra i popolani sia tra i nobili, si passarono di bocca in bocca l'idea che egli fosse un demone, sceso di nascosto dalla Legione stanziata sui monti, e che aveva corrotto la giovane erede della famiglia per sposarla e prendere possesso del loro amato Villaggio. Se anche era al corrente di queste voci, il Nobile Aventinus non diede mai segno di dargli peso. Inizialmente, la sua gestione del Villaggio fu così efficace che nonostante queste voci, nessuno del popolo se ne lamentò. Darchon riprese a prosperare economicamente, nuove merci arrivavano e nuove navi partivano, e nuovi nobili nascevano sotto il segno di fiorenti commerci.


Mai però i De Medico e gli Aequanor si arresero al nuovo arrivato, e per 3 anni gli diedero silenziosa battaglia, mentre all'apparenza lo riverivano. Di nascosto, gli remavano contro, comprando il favore dei nobili, arricchendosi a sue spese, finanziando loro stessi la Milizia in modo che essa facesse capo a loro. E mai Aventinus diede cenno di aver intuito i loro segreti intenti, nonostante il colpo di stato, e dunque la sua dipartita, si stesse inesorabilmente avvicinando ad opera dei suoi più fidati consiglieri. Poi una fresca notte d'estate, che dai cittadini sarà per sempre ricordata la “Notte del Mostro”, un pescatore rientrando dal lavoro trovò sul bagnasciuga un cadavere. Da più approfondite indagini, si scoprì essere l'erede dei De Medico. L'uomo era ridotto a brandelli, pezzi di carne e vestiti mancavano completamente alla sua figura, come se un'enorme bestia marina se ne fosse cibata. La famiglia era sconvolta; la moglie, ridotta ad una maschera di lacrime, insisteva a dire che il marito non aveva lasciato la casa quella notte, che un mostro doveva averlo preso dalla sua residenza e trascinato fin lì per divorarsene.


Ufficialmente, tutti la diedero per pazza e fu affidata alla custodia dei cerusici. Eppure molti sussurrarono vedendo la reazione glaciale del Nobile Aventinus, per nulla sconvolto dall'accaduto, al punto da rifiutarsi di autorizzare una regolare indagine della Milizia. Da quel momento, con gli Aequanor che si ritrovarono da soli a combattere una battaglia molto superiore alle loro forze, poiché gli altri nobili erano troppo terrorizzati per proseguire, le cose non fecero che peggiorare.


Gli storici e i sopravvissuti si riferiscono a quell'anno come il “Potere del Terrore”. Questo fu infatti il soprannome che venne attribuito al Nobile Aventinus. Sembrava che si fosse finalmente reso conto di ciò che i De Medico e gli Aequanor avevano progettato per il suo futuro, e si adoperò dunque con qualsiasi mezzo per riappropriarsi della fedeltà e sottomissione della casta nobiliare. Non faceva alcuno sforzo per nascondere le sue minacce, e chiunque si rifiutasse di giurare fedeltà alla sua persona in quanto “Unico e Vero Regnante di Darchon” veniva appeso per i polsi nella pubblica piazza e lasciato a morire. Anche il popolo iniziò ad indignarsi, sia per il timore che tali minacce arrivassero a lui, sia per le tasse ed imposte sempre più pressanti che Aventinus faceva pagare. E nel frattempo, con la Milizia allo sbando per questi nuovi sviluppi, le navi commerciali restarono senza difese. E fu così che Pirati e demoni attaccarono, e a volte distrussero, le navi Darchoniane, annullandone i commerci ed i guadagni.


Una fitta ed ininterrotta pioggia cominciò a scendere dopo sei mesi. La situazione iniziava a farsi insostenibile. La spiaggia era disseminata di cadaveri squartati di mercanti e pescatori, solo le merci non tornavano mai indietro. Le prime navi che si rifiutarono di partire furono messe al bando dal Nobile Aventinus come navi pirata e per questo l'equipaggio fu chiuso a chiave nella stiva e bruciato vivo insieme al vascello. I pescatori iniziarono ad avere paura di allontanarsi nelle acque notturne e quindi il loro bottino si fece sempre più magre. Col tempo, la popolazione si ridusse alla fame per pagare le tasse, finché molti, tra la pioggia, la disperazione ed il terrore, si rifiutarono di uscire di casa.


La soluzione del Nobile Aventinus fu di chiedere in pagamento l'unica ricchezza a loro rimasta: la vita; si sarebbe accontentato di due persone al mese in pagamento delle tasse di tutti i cittadini. Alcuni, la prima volta, si sacrificarono. Ma giunti al decimo mese dalla Notte del Mostro, nessuno si presentò a palazzo, forse sperando di essere dimenticati. E così cominciarono le sparizioni notturne. E non solo due persone sparirono. Intanto la pioggia continuava a scendere incessante, facendo alzare il livello del mare. Era una pioggia scura, acida, e non un raggio di sole riusciva a filtrare dalle spesse e nere nubi. Durante l'undicesimo mese, quando ormai la popolazione era decimata, a causa della fame e a causa delle ingiuste morti, alcuni raccolsero le poche forze che gli restavano per partire verso l'entroterra, cercando rifugio in altri punti dell'Isola. Quando arrivarono al sentiero d'uscita del Villaggio, trovarono la porta barricata e sorvegliata da un corpo di smagriti e tremanti Miliziani. Sapendo che avrebbero condiviso lo stesso crudele destino se avessero tentato una fuga non autorizzata, senza dir nulla i popolani tornarono alle loro case. Da quel giorno, i confini del Villaggio vennero strettamente presidiati per non far uscire nessuno. Il Terrore aveva smesso da tempo di farsi vedere in strada, non abbandonava mai le sue stanze e parlava solo attraverso nuovi editti. E la pioggia incessante aveva ormai ricoperto il molo inutilizzato e iniziava a creare fiumiciattoli al posto dei vicoli.


C'è chi dice che per quanto la notte sia lunga, non può impedire al sole di sorgere. Il sole si presentò in forma di ragazzo, tonico ma non eccessivamente muscoloso. Però alto e bello, con lunghi capelli neri dai riflessi blu che gli scendevano mossi sulle spalle. Lineamenti duri ma sguardo gentile caratterizzavano il suo volto. Giunse un giorno come naufrago, quando ormai i cadaveri avevano smesso di far marcire le loro carni sulla sabbia. E quello stesso giorno, si presentò davanti al portone del palazzo del Terrore e lo sfidò per la sovranità del Villaggio. Inizialmente, il Nobile Aventinus gli rise in faccia dal suo balcone, mostrandosi per la prima volta dopo mesi. In lui nulla era cambiato, se non che una rinnovata ferocia gli si leggeva negli occhi, che avevano assunto sfumature rossicce, come di sangue. Poi dovette soccombere all'insistenza dello straniero e accettò di duellare ad armi pari con il giovanotto. Due spade lunghe vennero prese dal Deposito Armi della Milizia e il duello iniziò sotto un rinnovato sole estivo di mezzodì. I due sembravano in perfetto equilibrio, dopo un inizio in cui si erano sfiorati e studiati a vicenda. Con l'avanzare della giornata, tutta la popolazione si riunì per assistere al duello, che rimase impresso nella storia del Villaggio ma che nessuno è mai riuscito a raccontare dettagliatamente. Di una cosa sola si ha certezza: giunto il tramonto, l'ira di Aventinus era tale che egli perse il controllo, e mostrò che quanto tutti avevano osato dire all'inizio era vero: era un demone. Una sorta di serpente marino, con enormi fauci e pelle verde squamata. Molti si allontanarono, ma la tensione del duello era così alta che restarono comunque a guardare. E la loro scelta fu saggia, poiché assistettero alla definitiva dipartita del Mostro, al quale il giovane eroe tagliò la testa.


La gioia era più forte della stanchezza e della fame. Fu una nottata di festa per il Villaggio, nonostante i molteplici lutti che aveva subito. E quando il sole tornò a sorgere, il ragazzo annunciò di dover ripartire. Tutti lo pregarono di restare e diventare, come meritava, il loro giusto sovrano. Gli storici riportano questa sua risposta: “Non è mio dovere ricostruire il Villaggio. Io sarò la luce che vi guida, ma questa terra deve restare nelle vostre mani. E dopo averla vinta a quelle fauci grondanti sangue, io la restituisco a voi, sperando che ne facciate un buon uso”. E così dicendo, si tuffò in mare e se ne tornò da dove era venuto. Questa sua bizzarra partenza lo fece diventare il fulcro di nuove voci di vicolo: che egli fosse un'incarnazione del Dio dei Mari, che misericordiosamente aveva scelto di salvarli dal Terrore. In suo onore, il Villaggio fu ribattezzato Naemar, che era il nome con cui si era presentato.


Iniziò piano piano la ricostruzione, sia della cittadina sia della popolazione. Gli abitanti, vedendo che il livello del mare non accennava a scendere anche dopo la fine della pioggia, inventarono un sistema di ponti, che rese il Villaggio una sorta di laguna sul mare. Ricostruirono un nuovo molo e solo quando era ormai ora di rimettere in mare le navi e le reti da pesca si posero il problema del nuovo governo. I nobili rimasti stavano per ricominciare le loro faide, ma stavolta toccò al popolo decidere. E preferì affidarsi a qualcuno che aveva condiviso con lui la disgrazia del Terrore, invece di cedere ad esso: la Milizia. Fu così che il corpo militare si appropriò anche del potere politico senza ricorrere a spargimenti di sangue, anche grazie all'ottimo stratega che era allora Comandante: Nicolaus. Egli infatti trovò il modo di accontentare i nobili, facendoli partecipare alla gestione della cosa pubblica senza mai lasciar loro libertà di decisione. Sotto la sua guida, e grazie alla pace da lui ripristinata, il Villaggio tornò a prosperare e il popolo ottenne risarcimenti per quanto aveva subito, tornando ad ingrassare. Alla serena dipartita di Nicolaus, fu Yondaime, il suo secondo, a succedergli. Egli però non aveva lo stesso carisma, pur condividendo l'abilità strategica e militare. I nobili ripresero perciò autorità, cercando di spodestarlo. Egli, sostenuto dai suoi uomini e dal popolo stesso, resistette, finché non furono gli stessi Dei dei Mari a decidere il futuro Governatore di Naemar. La loro scelta ricadde su Xart, loro Sacro Profeta.