La ''vecchietta' che muore in un appartamento di Montesacro a Roma il 25 novembre del 1965 soffia nell'aria una sola parola 'Mamuska', mamma in russo. Dall'ultima volta che l'aveva vista sono passati 60 anni. Forse Angelica Balabanoff deve proprio a quella madre arcigna e severa tutto il suo ardore di ribelle e di rivoluzionaria. Agli inizi del secolo infatti fu l'ultimo divieto familiare a far scattare in lei la scintilla della rivolta e il coraggio di lasciare per sempre la casa paterna, confortevole e ricco nido della buona borghesia ebraica in terra russa.

Da allora Balabanoff divenne quello che volle sempre essere: una donna libera e politica. E per politica si intende la causa socialista e la difesa della causa del proletariato. La Mattina - giornalista de La Stampa - le ha dedicato un'accurata biografia nella quale il percorso politico non e' mai staccato dall'analisi della persona. Perche' Angelica e' un personaggio nel quale difficilmente la sfera umana si separa da quella politica. Basterebbe citare la frase con la quale Lenin nel 1921 l'apostrofo' nel momento in cui apprese che stava lasciando Mosca: ''Sei un'indomita' moralista''. Ma Balabanoff aveva ben compreso la deriva totalitaria che la rivoluzione bolscevica stava intraprendendo.

Fu meno fortunata con Mussolini. Vera e propria spin doctor del futuro duce del fascismo, Balabanoff lo porto' al vertice del Partito socialista italiana e alla direzione dell'Avanti, per poi pentirsene amaramente una volta capito chi aveva davanti e soprattutto la politica che stava perseguendo. Questa volta fu lei a gridargli in faccia la parola 'traditore' (e che uso' per un suo libro) mettendo fine cosi' ad un lungo sodalizio. Un rapporto nel quale si era mischiato pubblico e privato e che a lungo fece sparlare le malelingue del socialismo italiano. Per non dire della gelosia di Rachele, moglie di Mussolini e di quella Margherita Sarfatti, amante del futuro duce. La Mattina incrina la tesi che Balabanoff abbia fatto parte dell'harem di Mussolini anche se a sentire proprio lo stesso capo del fascismo la sua devozione nei confronti della donna era piu' che di semplice riconoscenza. E fu onesto su un punto: senza di lei - disse al biografo Yvon De Begnac - sarebbe rimasto ''un piccolo attivista di partito, un rivoluzionario della domenica''.

Angelica Balabanoff conobbe cosi' l'esilio a causa del fascismo di cui aveva sponsorizzato il futuro capo. La sua opposizione fu netta, cosi' come quella allo stalinismo: posizione difficile negli anni dello scontro frontale, sfociato poi nella guerra mondiale.

E che la emargino sempre di piu', specie quando la sua avventura politica la spinse nelle fila della socialdemocrazia.

Comunisti e socialisti furono implacabili: il torto dell'ex rivoluzionaria era ora quello di essersi ''innamorata'', politicamente e intellettualmente, di Giuseppe Saragat. Insieme a lui capeggia la scissione socialista nel gennaio del 1947.

Stalin e' ancora vivo e certi sgarbi sono imperdonabili.

L'accusa di tradimento tocco' adesso a lei, la vecchia signora, femminista della prima ora, amica di Rosa Luxemburg e dei maggiori esponenti del socialismo mondiale. Le si rimprovera anche il suo forte accento americano, segno di collusione con le forze del capitalismo.

Nel 1960, anni dopo e dopo il buio della solitudine politica e umana, Angelica Balabanoff rivendico' con orgoglio di non voler essere riabilitata, ma di ''essere stata la prima a scegliere la liberta''' non soltanto per se stessa, bensi' anche ''il grande incommensurabile privilegio'' di essere rimasta fedele al socialismo''. ''Mai sono stata tranquilla - e' il suo epitaffio - Ma oggi sono tranquilla. Muoio''. Con quel grido soffocata: 'Mamuska'.
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Fonte: ANSA.it