"In definitiva, la fotografia del bambino di Varsavia e' vittima della sua grande efficacia'': Rousseau - docente di Storia contemporanea a Montpellier - chiuse cosi' la sua analisi di una fotografia che da icona della Shoah e' diventata con il tempo ''supporto di menzogne al servizio dei peggiori deliri''.

Un po' di storia: la foto del bambino (l'identita' del piccolo e' ancora discussa) non e' uno scatto isolato, bensi' appartiene ad un album allegato al rapporto Stroop, intitolato 'Non esiste piu' un quartiere ebraico a Varsavia', destinato ai piu' alti dignitari delle SS Himmler e Kruger, per rendere conto della liquidazione definitiva del Ghetto di Varsavia e della repressione dell'insurrezione ebraica che avvennero tra il 19 aprile e il 16 maggio del 1943. Foto dunque che si accompagnava a molte altre a testimonianza di quegli avvenimenti e che furono scattate non furtivamente: nel processo di Norimberga vennero mostrate in dibattimento a riprova di cio' che accadde agli ebrei della capitale polacca. Da allora, e sempre piu', la foto (le braccia levate in aria del bambino ricordano quelle del Cristo sulla croce, annota l'autore) ebbe una straordinaria eco in tutto il mondo: la sua forza - spiega Rousseau - nasce dal fatto che comunica l'enormita' del crimine senza mostrarlo ma ''permettendo a chiunque la guardi di concepirlo, di immaginarlo nel suo ritmo a differenze delle cataste di corpi nudi spinti in enormi fosse comuni con i bulldozer''.

Tuttavia la foto diventata l'immagine della Shoah e'- universalizzazione dell'orrore - e' stata sempre piu' decontestualizzata: '' tutte le inquadrature che isolano il bambino dal gruppo. tutti i montaggi che fanno scomparire gli assassini degli ebrei, derealizzano anche l'avvenimento: separano il bambino dalla sua storia personale e della sua immagine di bambino terrorizzato conservano unicamente la capacita' di suscitare emozione e compassione''. Insomma, la foto con la sua ''sovraesposizione'' ha perso il valore originale, e' stata snaturata.

Tanto - sottolinea Rousseau - da non essere piu' testimonianza di quello che avvenne: ''Per essere significanti, le immagini richiedono una contestualizzazione precisa e rigorosa, e soltanto a questa condizione possono rimanere documenti storici''. Per questo - avverte - alcuni usi e abusi dell'immagine che abbiamo visto forse devono metterci in guardia''.

Per Rousseau infatti ''la decontestualizzazione in certi casi si e' spinta cosi' oltre che la fotografia non racconta piu' la storia del Ghetto di Varsavia. Alle volte non racconta piu' nemmeno la storia della Shoah''.

''L'avvenimento, una delle piu' grandi tragedia del nostro tempo, e' stato completamente inghiottito - conclude Rousseau - dalla carica emotiva della fotografia''.
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Fonte: Notizie di Un Libro al giorno - ANSA.it