Sanzioni sui ritardati pagamenti

Per applicare le sanzioni sui pagamenti in ritardo non si deve fare riferimento alla scadenza formale del calendario ma a quella sostanziale. Vale cioè il giorno di scadenza effettivo entro il quale il contribuente ha potuto eseguire il versamento.

Se la scadenza del versamento è, ad esempio, il 30 ed è sabato, il 1º è domenica, il 2 è festivo o di chiusura degli sportelli bancari, è valido il pagamento eseguito il giorno 3. In caso di sanzioni, da applicare al pagamento eseguito in ritardo, non vale il termine di scadenza formale del 30, ma quello sostanziale del giorno 3 del mese successivo.

È questo l'insegnamento della Corte di Cassazione , illustrato nella sentenza 10012-06, campione civile 71402, registro generale 17393/00, cronologico 10012, del 9 marzo 2006, e depositata in cancelleria il 28 aprile 2006.Venti anni di lite. Per esprimere questo principio ci sono voluti quasi venti anni. È infatti questo il tempo passato dal pagamento, effettuato il 5 giugno 1986, e la sentenza della suprema Corte del 2006. Venti anni persi, dal pagamento delle imposte del 1986, per passare alla notifica della cartella da parte dell'ufficio che ha applicato le sanzioni, alle sentenze delle Commissioni tributarie, di primo e di secondo grado e della Centrale, fino ad arrivare alla sentenza della Corte di Cassazione.

I fatti. Il contribuente aveva eseguito un versamento il 5 giugno 1986, anziché il 31 maggio 1986. Per il contribuente, il versamento era da considerare eseguito con due giorni di ritardo, rispetto alla scadenza formale del 31 maggio 1986, in quanto il 31 maggio era sabato, il 1º giugno domenica e il 2 lunedì, festività della Repubblica.

Pertanto, era da applicare la sanzione per i versamenti eseguiti con tre giorni di ritardo, cioè la sanzione del 3% all'epoca prevista. L'ufficio, invece, considerando, in modo errato, il versamento del 5 giugno 1986 eseguito con cinque giorni di ritardo, senza cioè tenere conto del fatto che la scadenza sostanziale del pagamento era quella del 3 giugno, e non quella di calendario del 31 maggio 1986, applicava invece le sanzioni del 40%, iscrivendo a ruolo circa 14 milioni di vecchie lire.

Le sentenze dei giudici tributari. Contro l'iscrizione a ruolo, il contribuente presentava ricorso che la Commissione tributaria di primo grado accoglieva, annullando l'illegittima iscrizione a ruolo. Ma l'ufficio, non condividendo la decisione, propose appello alla Commissione tributaria di secondo grado, che capovolse la decisione dei giudici di primo grado, riconoscendo, invece, legittimo l'operato dell'ufficio.

Il contribuente ha proposto perciò un altro ricorso alla Commissione tributaria centrale che, curiosamente, ha confermato la decisione dei giudici di secondo grado. La Commissione ha infatti ritenuto legittimo l'operato dell'ufficio che non riconosceva il fatto che la scadenza sostanziale da cui partire per considerare i giorni di ritardo era quella del 3 giugno 1986 e non quella del 31 maggio dello stesso anno.

La sentenza della Corte di Cassazione. Contro la decisione della Centrale, il contribuente ha infine fatto ricorso per Cassazione. La Corte ha bocciato le decisioni della Commissione tributaria di secondo grado e della Centrale, affermando che la scadenza ordinaria del versamento era quella del 3 giugno 1986 e non quella di calendario (31 maggio).

Per la Corte di Cassazione, infatti, «al fine dell'applicazione della soprattassa, la determinazione del ritardo del contribuente non può essere valutata che in relazione alla scadenza come prorogata, che è anche l'unica effettiva». Di conseguenza, considerato che la scadenza di sabato 31 maggio era prorogata al 3 giugno, il versamento effettuato il 5 giugno è stato eseguito solo con due e non con cinque giorni di ritardo.
Il principio dettato dalla cassazione è quello che guida i ravvedimenti per sanare, ad esempio, i tardivi o omessi versamenti entro 30 giorni dalla scadenza. Il calcolo dei 30 giorni parte dalla scadenza effettiva del pagamento e non da quella di calendario, quando quest'ultima si sposta in avanti, perché di sabato, di domenica, di giorno festivo o di chiusura degli sportelli bancari o del concessionario. Per accettare questo principio ci sono voluti però 20 anni di liti inutili.


PUNTI DI RIFERIMENTO
Legge 13/62, articolo 1
«...sono prorogati di diritto al primo giorno feriale successivo tutti i termini, anche se di prescrizione o di decadenza, cui sia soggetto qualunque adempimento, pagamento, o operazione, da effettuarsi presso... le aziende e istituti di credito... quando scadono in giorno feriale che... sia da considerarsi non lavorativo e comporti chiusura degli sportelli bancari»
Codice civile, articolo 2963, comma 3
«...se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo»
Corte di Cassazione, sentenza 11397/95
«...l'articolo 1187 Cc configura la proroga... quale norma generale in materia di adempimento delle obbligazioni, applicabile come tale»


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