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Discussione: "Io e Vincenzo"

  1. #1
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    Predefinito "Io e Vincenzo"

    Carissime amiche!

    Ho bisogno anch’io di parlare e condividere qualcosa con tutte voi.
    E’ una semplice esperienza ma molto forte emotivamente.

    Forse quasi nessuno sa che tra i tanti hobbies ho quello della scrittura e che mi prende moltissimo.

    Ho frequentato una scuola di scrittura nella mia città e pur aver vinto una selezione nazionale con un racconto relativo alla mia esperienza nella scuola di scrittura…..non avevo ancora letto qualcosa ad un pubblico che non fossero gli amici della scuola stessa.

    Ho avuto questa possibilità venerdì 25 novembre all’interno di una mostra dove avveniva l’incontro di poeti e scrittori.

    Io non mi reputo scrittrice, per carità, ma solo una persona a cui piace scrivere e se possibile regalare una emozione a chi mi legge….sperando che l’emozione avvenga!

    Confesso che avevo paura di restare senza voce e di non riuscire a leggere…..ma poi ho rifiutato il microfono e ho iniziato mentre nella sala cadeva il silenzio.

    E il silenzio è durato fino alla fine del racconto….poi un caloroso applauso…..e mi sono ripresa dalla mia immersione nella lettura. Avevo il batticuore, credetemi!!

    E’ stata una bella serata e vari e positivi i commenti!!

    Vi allego il testo per chi volesse e avesse voglia di leggerlo. Il titolo è “Io e Vincenzo” ed è un piccolo momento della mia infanzia.

    Aspetto i vostri commenti naturalmente positivi e non eventualmente……fatemi sapere cosa ne pensate!!

    Un grazie e un abbraccio a chi mi leggerà
    Patrizia


    Io e Vincenzo

    Un giorno ero in riva al mare tirando sassi all’acqua quando mi si avvicinò Vincenzo.
    Era un po’ di giorni che non scendeva a giocare e fui contenta che mi avesse cercato anche perché varie volte avevo bussato a casa sua senza trovarlo.
    Mi ero chiesta dove potesse andare visto che era estate e la scuola era finita.
    Vincenzo era il bambino che si faceva trascinare nella sabbia per creare le piste per giocare a biglie colorate.
    Sì proprio lui che si rialzava immancabilmente gonfio di sabbia e anche se aveva difficoltà a camminare non perdeva mai, pur dondolando, l’equilibrio.

    Oppure era quello che si infilava, data la sua magrezza, a raccogliere i palloni che volando si nascondevano nei posti più irraggiungibili ma niente era impossibile per quel ragazzino dalle gambe sottili, lo sguardo serio e triste e le poche parole.
    Ma Vincenzo era anche l’ultimo di cinque figli arrivato dopo tanto tempo in una famiglia già grande. Ma pur essendo il più piccolo non gli veniva risparmiato niente. La sua famiglia non era facoltosa, come tante in quel periodo, e essere in sette rendeva tutto più difficile. Era sempre ordinato nel vestire ma purtroppo le sue cose avevano visto tempi migliori per non dire dei sandali dal ricordo “modello francescano”.

    Spesso durante il periodo scolastico veniva a fare i compiti a casa mia e la cosa che mi meravigliava sempre era come si accostasse alle cose per toccarle. Un movimento leggero di mano sulle cose a percepirne i dettagli. Gli occhi attraversati da pensieri non detti e accesi di meraviglia. Molto timoroso si sedeva sempre sul bordo della sedia appoggiando un piede a terra e dell’altro appoggiava solo la punta quasi fosse pronto a scappare.

    Una cosa che lo faceva rinchiudere a riccio era la sua balbuzie. Con i ragazzini del quartiere, anche se ben voluto, era sempre chiuso e le parole poche proprio quelle indispensabili.
    Non era bravo a scuola e la sua difficoltà a parlare lo faceva sempre essere al centro dell’ilarità degli altri. Quante volte ho visto lacrimoni brillargli negli occhi e trattenuti ostinatamente mentre il labbro inferiore veniva sacrificato tra i denti stretti.

    Ma non era il solo a subire “torture”a quei tempi. La maestra dell’elementari che avevamo era una “dolce e tenera signora” con una bacchetta tra le mani che non la usava solo per picchiarla sulla cattedra per ristabilire il silenzio ma anche sulle mani dei bambini “difficili”. E tra i bambini difficili c’eravamo io e Vincenzo!

    Sì proprio così! Per Vincenzo il fatto che fosse balbuziente era motivo di punizione perché il rendimento era basso. La maestra lo bacchettava sulle mani e lo metteva faccia al muro dietro la lavagna dicendo agli altri:
    “Guai a chi non studia e non espone bene la lezione! Sarà punito a dovere come Vincenzo!”
    E lui restava lì dietro il buio della lavagna a smaltire dolore e rabbia in silenzio. L’unico movimento erano i piedi che prendevano a calci qualcosa che non ho mai capito cosa fosse.

    Per me il discorso era diverso.
    Essendo io mancina svolgevo i compiti scrivendo con la mano sinistra e con una grafia pulita, tonda e chiara. Ma in prima elementare, pur toccando i righi quasi alla perfezione, incominciai ad essere un soggetto “fastidioso” e la maestra mi costringeva a scrivere con la destra!! Era una faticaccia quasi inverosimile che mi faceva scrivere male, macchiare ed accartocciare il foglio, e anche l’impugnatura della penna per me era innaturale con la destra. Allora la maestra invece di invogliarmi mi faceva alzare nel banco e mi si avvicinava nascondendo il braccio con la bacchetta dietro di lei.

    In quel preciso momento calava un silenzio quasi di mortale attesa. Tutti sapevano e soprattutto io sapevo cosa sarebbe successo! Mi veniva chiesto di stendere il braccio sinistro in avanti con il palmo girato verso l’alto mentre dalla schiena della maestra faceva capolino la bacchetta e iniziava la sua corsa verso l’alto per poi ridiscendere sul mio palmo con colpo secco. Un dolore improvviso partiva dalla mano al cervello e mi faceva ronzare le orecchie mentre la sua voce si alzava nell’aula:
    ”Chi ti credi di essere per fare di testa tua e scrivere con la mano che vuoi? Eh? Hai capito che devi usare la mano destra come tutti gli altri?”

    Una rabbia pura ed infantile mi si gonfiava dentro forse più grande del dolore che sentivo e cercavo comunque di spiegare che non facevo niente di male e che scrivevo come tutti gli altri. In seguito imparai che era meglio zittire e allora decisi che a casa avrei fatto i compiti con la sinistra e a scuola avrei scritto con la destra…così almeno dopo aver fatto i compiti mi restava tempo per giocare. Se avessi usato la destra anche a casa avrei finito a notte fonda!

    Queste punizioni ingiuste avevano legato molto Vincenzo e me e quando tornavamo a casa ci raccontavamo la ferita più profonda che avevamo dentro: l’ingiustizia di ciò che subivamo! Infondo eravamo solo due bambini forse neanche tanto particolari.
    Vincenzo, poi, mi portava anche la cartella quando ricevevo la punizione e cercava di consolarmi.
    Mi diceva:“Non ti preocu-cu-pare quando mi farò gr-gr-ande mi co-co-com-pro un be-e-el ba-ba-st-st-one e la vado a pic-a picc-chia-re. Ma tan-n-te ma tan-n-te glie-ne do! Pe-pe-r me e pe-pe-r te!”
    E io ho sempre creduto che un giorno l’ho avrebbe fatto!

    Ma Vincenzo non sopportava solo quello purtroppo.
    Quando dopo i compiti non scendevamo per strada, ci mettevamo sul balconcino della camera che affacciava sul giardino infilando le gambe tra le ringhiere larghe lasciandole penzolare da fuori. Ci guardavamo intorno, parlavamo e guardavamo chi passava godendoci delle buonissime rotelle di liquirizia.

    Vincenzo ne era ghiotto e lo sapevo bene. Infatti quando uscivamo da scuola c’era una vecchina che vendeva caramelle in una casa a piano terra. Aveva tanti vasi di vetro coperti di tappi color acciaio pieni di caramelle di tutti i tipi, bastoncini di zucchero e liquirizie sia rotella che a bastoncini duri e morbidi.
    Poiché mia madre mi dava sempre 10 Lire per le caramelle era giornaliera la spesa che facevo e dividevo con Vincenzo che sceglieva sempre e solo liquirizia.

    Fu proprio quel giorno sul balconcino che lo vidi girarsi la liquirizia tra le mani senza mangiarla.
    Gli dissi: “Ehi! Che fai non te la mangi? Mica è veleno! E dai che ti piace!!”
    Non mi rispose e alzò gli occhi a guardare lontano e un sospiro gli gonfiò il torace.
    All’improvviso lacrime lente e perpendicolari nella caduta, scivolarono dal suo viso planando sulle gambe mentre i singhiozzi, trattenuti, la gola li trasformava in un rantolo.

    Gli appoggiai la mano sulla spalla anche se volevo abbracciarlo. Vincenzo amava così tanto gli abbracci che non aveva mai ricevuto che si irrigidiva solo ad un piccolo contatto e io me l’ero dovuto conquistare il posto della mano sulla spalla!!
    Gli dissi: “Calmati…piano..piano…E poi dimmi che succede? Ti va?”

    Vincenzo mi guardò con quei suoi occhi immensi.
    Aveva degli occhi di un verde spettacolare, grandissimi e l’iride era schizzettata di pagliuzze dorate dove il verde assumeva tonalità più o meno intense a seconda della luce o della gioia o tristezza che trasmettevano.
    Passò del tempo! Mi sembrò lunghissimo e avevo paura che Vincenzo stesse quasi evitando di respirare mentre quel faccino da bambino sembrava all’improvviso vecchio e stanco.
    Mi spaventai a guardarlo vedendolo così ma continuai a fissarlo fino a che non vidi le sue labbra incominciare a muoversi.
    Vincenzo aveva un papà bello, giovane e sfortunato. E questa triade di cose lo aveva portato a bere in maniera esagerata soprattutto quando perdeva il lavoro e restava a casa inattivo per lungo tempo. Aveva gli stessi occhi di Vincenzo e sembrava il futuro fisico di ciò che sarebbe stato il figlio.
    Era buono ma l’alcool annebbiava la sua razionalità e sfogava la sua rabbia su chi gli era più vicino e soprattutto sulla sua famiglia.
    Vincenzo farfugliando mi disse che era stato picchiato la sera prima dal padre e non sapeva il motivo si era solo trovato davanti a lui e la rabbia più grande del mondo gli era stata scaricata addosso.

    E poi si girò di spalle dicendo: “ Gu-a-Gua-rda che te-tengo qui!!”
    Grossi lividi sulla sua schiena vennero a far parte dei miei occhi spaventati e lacrimosi mentre il viso lo sentivo caldo di rabbia.
    Vincenzo chiedeva: “Per-per-chè?”
    Non sapevo cosa dire in fondo ero solo una bambina e anche spaventata, accidenti!!

    Avvicinai la mia testa all’altezza del suo orecchio e dissi:
    “Vince’…io non lo so perché i grandi sono così! Ma perché non lo dicono che sono arrabbiati così uno scappa via e non si fa trovare. Invece no!! Loro si alzano, si muovono e danno botte come se avessero diecimila mani. Non lo so Vince’…Non lo so! So soltanto che sono arrabbiata e mi dispiace di non essere grande!”
    Vincenzo non voleva tornare a casa, la paura gli passava negli occhi e il suo silenzio diventava sempre più profondo misto alla consapevolezza che non poteva scappare via.

    Il papà, me lo disse dopo una breve pausa, aveva ancora una volta perso il lavoro e quindi a casa non c’erano abbastanza soldi e molte volte la mamma riusciva a organizzare il pranzo ma non sempre la cena. E lui sempre più arrabbiato e i figli sempre più spaventati.
    Quella sera chiesi a mia madre se poteva fermarsi con noi a cena prima di andarsene ma rifiutò e questo mi colpì molto anche se non capii il perché.
    Insistemmo perché restasse ma lui ringraziava dicendo sempre no!!
    Allora mia madre, con l’intuito che solo le mamme hanno a volte, gli preparò delle cose da portarsi via con la scusa di far provare a Rosa, la mamma di Vincenzo, una ricetta che aveva sperimentato e voleva sapere com’era venuta.

    A mia madre Vincenzo non sapeva dire di no e anche se la busta era un po’ pesante l’accettò accennando un sorriso e declinando ogni aiuto.
    E allora ho capito! Vincenzo non avrebbe mai mangiato da solo sapendo che a casa i suoi fratelli e i genitori avrebbero digiunato. Si sarebbe sentito in difficoltà e avrebbe finito per dirlo e chissà cosa sarebbe poi successo.
    Rimasi sulla soglia del portone a guardarlo camminare un po’ inclinato sul lato sinistro per il peso e sperai che arrivato a casa avesse trovato tutto tranquillo.

    Quasi avesse percepito i miei pensieri si fermò appoggiando a terra delicatamente la busta e si voltò verso di me.
    Mi sorrise con le labbra e il viso luminoso e mi mandò un bacio sulla punta delle dita.
    E in quella giornata piena e disperata, il suo sorriso mi fece capire che ce l’avrebbe fatta ancora una volta.
    Mentre io invece, in quella giornata piena e disperata, ricevetti il mio primo bacio da un ragazzo e fui felicissima che mi fosse donato da lui, il mio migliore amico!

    Patrizia Auletta
    Ultima modifica di Patrizia Auletta; 29-11-2011 alle 09:27 Motivo: introdotto testo del racconto



  2. I seguenti 19 utenti ringraziano Patrizia Auletta per questa discussione:

    aledena (28-11-2011), alma (02-02-2013), Amministratore (28-11-2011), anastasia.tatalo (07-02-2013), antonellam74 (29-11-2011), bluenady (28-11-2011), corbi (29-11-2011), fatacreativa (04-12-2011), INTERISTA (06-02-2013), lizzy (29-11-2011), morgana bell (28-11-2011), orange juice (09-12-2011), paoletta3 (21-02-2013), pink (03-02-2013), splendore (09-12-2011), Stefania_72 (29-01-2013), tulipanobianco (28-11-2011)

  3. #2
    L'avatar di fiorella
    fiorella è offline Crocettina Diamante
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    bellissimo racconto patrizia,delicato ma che fa riflettere
    mi hai commossa.
    per fortuna maestre del genere non ce ne sono piu',punizioni assurde che lasciavano il segno in tutti i sensi.
    dolcissimo il tuo amico vincenzo,
    ciao,fiorella

  4. Per questo Post, l'utente fiorella e' stato ringraziato da:

    Patrizia Auletta (27-11-2011)

  5. #3
    L'avatar di Patrizia Auletta
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    Fiorella cara grazie!!
    Quanto sento che l'emozione prende è la cosa più bella che posso sentire!
    Sai con questa esperienza non ho più scritto bene e ancora oggi mi pesa tantissimo...purtroppo il mio amico non l'ho più rintracciato!!!
    Ti ringrazio molto sei stata gentilissima e molto cara
    Un bacione



  6. #4
    L'avatar di CIANA
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    patty l'ho letto in un fiato e mi sembrava perfino di vedere le scene ..come in un film
    bravissimaaaaaaa !!!!!!!!! spero ci farai partecipi di altri racconti
    baciuz ila


  7. Per questo Post, l'utente CIANA e' stato ringraziato da:

    Patrizia Auletta (27-11-2011)

  8. #5
    L'avatar di Patrizia Auletta
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    Ho trovato già due sostenitrici...grande!!
    Grazie Ilaria sono contenta per il tuo entusiasmo e che ti sia piaciuto... mi fa sentire che qualcosina potrei riuscire a farla no?
    Sei carissima come sempre
    Un abbraccio grande



  9. #6
    L'avatar di stay62
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    ho letto anch'io Patrizia, e il tuo racconto mi ha toccato il cuore... e ti rivelo un segreto: anche io ho sempre adorato scrivere.... e non sono mancina ma le mie due figlie più grandi lo sono, per fortuna non hanno dovuto subire quel che hai subito tu!!

    ciao un bacio!!
    anto

  10. Per questo Post, l'utente stay62 e' stato ringraziato da:

    Patrizia Auletta (28-11-2011)

  11. #7
    L'avatar di CIANA
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    qualcosinaaaaaaaaaaaaaaaaa????????? già cosi è molto di + sei sulla buonissima strada e ricorda
    una copia del tuo .. futuro libro .. autografato pour moi


  12. Per questo Post, l'utente CIANA e' stato ringraziato da:

    Patrizia Auletta (28-11-2011)

  13. #8
    L'avatar di ansa69
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    Patrizia io purtroppo non sono brava nelle parole
    ma sono felice per te
    ciao


  14. Per questo Post, l'utente ansa69 e' stato ringraziato da:

    Patrizia Auletta (28-11-2011)

  15. #9
    L'avatar di anna lela
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    Complimenti Patrizia,il tuo racconto è molto coinvolgente ,sei brava anche a descrivere i particolari .....pare quasi di vederli i due bambini sul balcone,continua così ,sicuramente la scrittura ti è congeniale,aspettiamo di leggere qualcos'altro!










    LA CIVILTA' DI UN POPOLO SI MISURA NEL MODO IN CUI TRATTA GLI ANIMALI




    (M. Gandhi)



  16. Per questo Post, l'utente anna lela e' stato ringraziato da:

    Patrizia Auletta (28-11-2011)

  17. #10
    L'avatar di vale_dp
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    ed ecco qui..un'altra sostenitrice!!!!! bravissima Patrizia!!!complimenti!!aspettiamo di leggere ancora

  18. Per questo Post, l'utente vale_dp e' stato ringraziato da:

    Patrizia Auletta (28-11-2011)

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